Atletica / Di Martino verso il no ai Giochi

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Mercoledì 11 Luglio 2012

Una brutta notizia rimbalza dall’ospedale San Matteo di Pavia: Antonietta Di Martino, visitata dall’ortopedico Franco Benazzo che la segue da tempo, molto difficilmente sarà presente a Londra. Le condizioni fisiche non sono tali da alimentare ottimismo. La saltatrice salernitana – dopo la medaglia d’argento ai Mondiali al coperto dello scorso marzo (quando superò due volte 1.95) – non è più scesa in pedana. In aprile, durante uno stage a Tenerife, è stata fermata dal riacutizzarsi di un infortunio (in termini tecnici, una “lesione di secondo grado alla muscolatura flessoria della coscia sinistra”), in seguito complicato dall’insorgere di un dolore nella parte posteriore del ginocchio. Un quadro clinico complesso che, malgrado mesi di cure, non lascia speranze annullando l’ultima possibilità olimpica.

Dopo un quinquennio straordinario, per continuità di risultati nella grandi manifestazioni, ma segnato anche una serie impressionante di infortuni, dai quali – almeno fino ad oggi – è sempre riemersa, sembra che Antonietta debba fermarsi. La più minuta nel Gotha del salto in alto – i 35 centimetri di differenziale tra altezza corporea (1.69) e misura superata (2.04) costituiscono un record mondiale difficilmente eguagliabile – è una agonista a tutto tondo, capace di allenarsi con una costanza che è quasi ferocia. In grado di fronteggiare con lucidità quel rapporto amore/odio che ogni saltatore in alto ha con l’asticella che si trova davanti. Dopo anni di anonimato, la Di Martino è esplosa a livello internazionale alla soglia dei trent’anni, malgrado i tanti e gravi infortuni che ne hanno ostacolato la scalata: nel 2003 viene fermata da una periostite, nel 2004 subisce una operazione per ricostruire i legamenti della caviglia sinistra, nell’estate 2007 deve fronteggiare una microfrattura da stress al quinto metatarso del piede sinistro (quello di stacco, il più esposto), nel novembre 2008 patisce il distacco del collaterale dell’alluce sinistro, nell’inverno 2010 si trova a fronteggiare una seria forma di mononucleosi (“mi aveva distrutto, non riuscivo neppure a salire le scale”), nel maggio 2011 si ripropone la contusione all’alluce già provato. Fino al nuovo infortunio capitatole il 21 aprile di quest’anno.

Avvicinata l’atletica a 12 anni con i Giochi della Gioventù, la saltatrice campana (nata a Cava de’ Tirreni il 1° giugno 1978) ha avuto una carriera lunga, spesso unico riferimento di pregio per un’atletica nazionale non sempre all’altezza. Partita con il giavellotto e l’eptathlon, si è imposta come saltatrice in alto solo nel 2001 quando, ai campionati italiani di Catania, riuscì a valicare l’1.98. Dopo alcune stagioni di stasi, nel febbraio 2007, in una riunione al coperto a Bánska Bystrica, è diventata la seconda italiana – dopo Sara Simeoni – a superare i 2 metri. Un viatico per il secondo posto ottenuto agli Euroindoor di Birmingham (“la mia prima medaglia, un ricordo magnifico”). Così, dopo aver tolto alla Simeoni il primato italiano saltando 2.02 al Memorial Nebiolo di Torino, qualche giorno più tardi riesce ad elevarsi in Coppa Europa fino a 2.03. Una misura capace di ripetere un paio di mesi più tardi ai Mondiali di Osaka, quando conquista l’argento a fronte di saltatrici che la sovrastavano di 15/20 centimetri. Una affermazione che, statura o meno, la inserisce stabilmente tra le maggiori saltatrici in alto del mondo.

Nel 2008, con il potenziale ridotto per un nuovo infortunio, ai Giochi di Pechino (l’esordio olimpico) deve contentarsi del decimo posto. Una battuta d’arresto che la spinge a interrompere il sodalizio tecnico con Davide Sessa, l’allenatore che l’ha seguita fino dagli inizi, per affidarsi al suo procuratore Massimiliano Di Matteo, che sposa nel settembre 2009. D’ora in avanti sarà il marito a seguirne gli allenamenti correggendo alcuni difetti, rendendo la rincorsa più dinamica e velocizzando la fase di scavalcamento. Correttivi che si traducono in maggiore sicurezza. Tanto che nell’inverno 2011 può incrementare il suo primato superando i 2.04 e, di lì a poco, conquistare la medaglia d’oro agli Euroindoor di Parigi-Bercy. Solo una tappa per questa grande e sorridente “donna coraggio” dello sport italiano che a settembre, ai Mondiali di Daegu, sale ancora a 2 metri, terza alle spalle della russa Chicherova e della croata Vlašic, entrambe salite a 2.03. Adesso, a 34 anni, il nuovo deprecabile stop, proprio quando a livello internazionale nessuna delle rivali appare imbattibile.

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