Io non c'ero (2) / Mario Ferretti e il paese che non esiste …

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Domenica 4 Aprile 2021

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Seconda puntata di “Io non c’ero”, memorie dedicate a bluff giornalistici di quando esserci, presenziare cioè all’evento sportivo, era tutto.


Gian Paolo Ormezzano


Esserci come testimone (inviato appunto speciale del giornale), onde vedere-scrivere-raccontare, e pazienza se in un italiano così e cosà. Esserci con la sensazione di contribuire comunque alla riuscita globale dell’evento. Esserci coltivando la sensazione che, senza di te che assisti, l’evento non sarebbe così grande, patirebbe una mutilazione.

 

Mario Ferretti è stato un grande, grandissimo radiocronista del ciclismo di Bartali e Coppi, trovandosi soltanto alla fine della sua vicenda italiana alle prese con l’incipiente televisione. Vicenda italiana perché ad un certo punto lui è andato, spinto da particolari situazioni di vita, sentimentali ed economiche, a Santo Domingo, dove ha aperto un ristorante e intanto ha fatto in fretta a diventare capo dello sport alla radio di Trujillo, il feroce dittatore detto “la belva dei Caraibi”.

Io ricordo ai Giochi di Città del Messico 1968 un immane “Mariooo” gridato da due Mario all’unisono, ritrovandosi commossi. Erano Mario Fossati, per me il migliore giornalista italiano di sport prima dell’avvento di Emanuela Audisio e Gianni Mura (Gianni Brera è altra cosa, particolare) e appunto Mario Ferretti lì per la radio di Santo Domingo. Fatti amici, i due, dal tanto ciclismo europeo praticato insieme, Giri d’Italia e di Francia e corse classiche.

Mario Ferretti poi è “tornato” nella mia vita alla grande nel Giro d’Italia del 1999: ero su un’auto della RAI, curavo una allegra teletrasmissione post tappa con Gianni Ippoliti e – voilà – Claudio Ferretti buonanima, figlio di Mario, talentone anche lui, costretto per tutta la vita a sentirsi recitare la celebre radiolitania coppiana del babbo, che aveva lasciato moglie e figlio in Italia, sguerniti di soldi, per andare ai Caraibi con una donna di cui dirò fra poco: “Un uomo solo è al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. La Cuneo-Pinerolo del Campionissimo, insomma, al Giro del 1949, la più grande impresa forse nella storia del ciclismo.

Mario amava la bella vita e le belle donne. Al Giro era generoso scialacquatore con tutti per i primi giorni, poi annunciava che non aveva più una lira e faceva l’ospite di un po’ tutti i colleghi, felici comunque di stare con lui, e pazienza se c’era da offrirgli vitto, alloggio, lavatura e stiratura, come diceva Totò. Mario era un “performer” leggendario. Si diceva di una Parigi-Roubaix vinta da Coppi in cui lui per ragioni sue non c’era, nel senso che era arrivato sul traguardo in ritardo per la radiocronaca del trionfo: e allora, favorito dall’assenza della tivù, basandosi sul sonoro delle grida della tanta gente nel velodromo a mano a mano che arrivavano i pedalatori staccati da Fausto, aveva raccontato le ultime gloriose pedalate del trionfo del fuoriclasse italiano, il quale magari se ne stava già sotto la doccia. Insomma, Mario c’era, Fausto no …

Ma c’è una storia più divertente, dovrebbe intitolarsi “quel paese non c’era”. Lui era innamorato di una donna che era stata bellissima e notissima attrice del cinema del regime fascista, fra l’altro amante del supergerarca Pavolini, e che, passato un po’ di tempo dalla Liberazione, era tornata in Italia a lavorare dall’estero, dove si era rifugiata per sfuggire ai partigiani. Si chiamava Doris Duranti, il cognome vero era Durante ma il ritocchino dava migliore sound. Partendo per un Giro d’Italia Mario le aveva promesso un omaggio speciale: la citazione di nome e cognome in ogni radiocronaca.

Per la bella il radiocronista si era inventato un paese, Doris, dove ogni giorno transitava la tappa, e lui alla radio enfatizzava il passaggio inventandosi un fatto accaduto lì, così: “A Doris, durante il passaggio della corsa, spettacolosa volata per un traguardo a premio”. Oppure, sempre si capisce a Doris, durante una scaramuccia, Bartali era rimasto staccato di qualche metro. Gli ascoltatori non ravvisavano certo la capacità magica di quel paese nel sistemarsi ogni giorno nel percorso di ogni tappa … A Doris Duranti-Durante la cosa piaceva, era una prova di quell’amore che avrebbe portato lei e Mario a fuggirsene in quel di Santo Domingo.