Duribanchi / Un paese profondamente sbagliato

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Mercoledì 23 Marzo 2021


el gobo 


E sarebbe il momento di dire basta. Basta miserie, basta disgusto, basta bassezze, basta omofobia, basta politicamente corretto, basta magistratura incapace di fare il suo lavoro.

Andrea Bosco

Giovedì 25 marzo inizieranno le celebrazioni per i 1600 anni della fondazione di Venezia. Secondo la leggenda, diventata storia (così almeno racconta Marin Sanudo, ma Sanudo era un cronista, ergo da prendere con le molle) la prima pietra fu posta nel 421 per la chiesa di San Giacomo a Rialto che i veneziani chiamano San Giacometo. La città ancora non c’era: iniziarono da quel luogo di preghiera.


È una piccola suggestiva chiesa, San Giacometo: un tempo racchiusa dai banchi della Erberia e di fronte ad una cariatide fino a pochi decenni or sono “sepolta” dalle cassette di mele, arance, carciofi ed asparagi. Oggi recintata è una attrazione turistica: i veneziani la chiamano “el gobo de Rialto”.


Opera di Pietro da Salò, “el gobo” in realtà non presenta gibbosità. È solo un uomo curvo che sostiene una scala. Lì, dopo avere attraversato mezza città, venivano condotti i ladri. Che per antica consuetudine, prima di ricevere l’adeguata pena, dovevano baciare in atto di sottomissione “el gobo”. Ma nel 1545, uno zelante avogador, decise che la cosa fosse per l’autorità della Serenissima irricevibile. E quindi la colonna tronca fu dotata di una croce sormontata dal Leon. Vale a dire, lo Stato.

“EL GOBO” – A Venezia non ci sono monumenti a dogi nelle piazze della città. Unica eccezione il doge Francesco Foscari ritratto a Palazzo Ducale alla Porta della Carta: inginocchiato davanti all’incombente Leone Alato. Quella visibile oggi è una replica del XIX secolo (alla faccia dei francesi che i numeri romani dai loro musei hanno abolito): l’originale fu distrutto dalla soldataglia di Napoleone nel 1797. Vuole la leggenda che truppe di Napoleone si “grattassero” anche i diamanti incastonati nei bulbi degli occhi dei quattro cavalli posti sulla facciata della Basilica di San Marco. Ma appare inverosimile che la Serenissima lasciasse alle intemperie (e alle voglie dei ladri) otto preziose pietre, ciascuna della dimensione di una prugna.

“El gobo” dopo l’arrivo in città di Pietro Aretino, divenne una sorta di Pasquino della Laguna. Scritti contro i costumi, lo stato ed il clero erano all’ordine del giorno. Il campo San Giacometo è piccolo ma imperdibile. Uno dei dipinti più celebri del Canaletto, lo ritrae nei dettagli.

Perché iniziare da Venezia? Perché anche basta. Basta miserie, basta disgusto, basta bassezze, basta omofobia, basta politicamente corretto, basta magistratura incapace di fare il suo lavoro. Hai stuprato una donna? Sei incensurato? Il tuo avvocato si è accordato con il PM? Vieni condannato (si fa per dire) a qualche mese e con lo sconto di pena non fai un solo giorno di galera. È successo a Milano. E allora a che pro, scrivere, denunciare, indignarsi? Il paese è profondamente sbagliato. Non ha logica, nè senso della misura. Non ha decenza. Nicola Morra: 5 Stelle, antimafia. Si è presentato (con scorta) in un ospedale e ha preso male parole il personale colpevole di non aver ancora vaccinato due suoi ottuagenari parenti. Morra dall’emblematico cognome. Sasso? Forbice? Pugno, stavolta. Caro Morra: mancano i vaccini, mancano i medici, mancano gli infermieri. E quelli che ci sono magari risultano no vax. I suoi parenti non sono stati vaccinati? Abbia la decenza di rivolgersi all’ex presidente del Consiglio.

FANGALA – Il governo in carica ha ereditato il guano nel quale si sta dibattendo il Paese e dal quale solo un drago potrà togliere gli italiani. Con fatica in Lombardia dove l’Aria è fetida: sistema informatico in tilt. Due volte di fila a Cremona. Moratti Letizia, indignata. Fontana silente: chi ha scelto Aria? Sui social è comparso anche questo: “Arridatece Formigoni”. Pensa come siamo messi. Se la voglia popolare invoca il ritorno del Celeste.

E poi c’è il Guitto. Che ha sfornato un decalogo di regia televisiva per poter ottenere una intervista da un Penta-Stellato. Inquadrature, domande, interruzioni. Roba che neppure Goebbels. Nessuno, a parte Enrico Mentana, tra i pupari dei talk televisivi ha avuto los uevos di dirgli: “fangala”. E come diceva Manfredi (buon compleanno Nino) a Sordi in quel film “Riusciranno i nostri eroi eccetera, eccetera” in un simil “negrese” che oggi farebbe svenire i cacciatori di politicamente corretto: “A rianda rumpa coliota”. Come spiegava Don Lisander? “Se uno coraggio non ce l’ha, mica se lo può dare”. Questo passa il convento: dei Don Abbondio. Ed è solo la crema della torta. Il resto sono pistacchi rancidi. Se volete, “amari”. Se non parliamo di pistacchi. Quindi morta qui e andiamo oltre. Magari prendendo in mano un datato (meraviglioso) saggio di Sarah Bakewell intitolato “Montaigne: l’arte di vivere”.

Nick Horby lo adorava. E il motivo è presto detto: per sopravvivere, consiglia Montaigne, “ricorri a qualche trucco”. Visto che i consigli sono una ventina evitate di sperare che qui ve li elenchi tutti. Ma uno sì: “Leggi molto, dimentica quasi tutto quello che hai letto e cerca di essere lento a capire”. Quindi dimentica che Nicola Morra è un politico arrogante che con la sua protervia ha fatto venire un mezzo infarto ad un povero dirigente sanitario di Cosenza. Sii lento a capire. Difficilmente troverai una spiegazione. Ma almeno eviterai tu la bile, essendo che lo stipendio a Morra contribuisci a pagarlo anche tu. Poi magari fatti un giro tra le pagine e capirai meglio. Montaigne era eccentrico, contraddittorio, pigro, smemorato. Insomma uno speciale. Infranse il tabù del filosofo che parla di se stesso in pubblico. Dopo quattrocento anni è ancora attuale.

FALSATO O NO? – Dico due cose sul campionato di calcio. Ma non fidatevi di me. Io sono un “disonesto”. Io sono tra i pochi che considerano il campionato falsato. Sono l’unico che ancora continua a chiedere a Gravina: perché lei non si è costituito al CONI, considerato che il suo giudice d’appello Sandulli aveva scritto (testuale): “dolo preordinato”? Dolo: a Napoli, secondo Sandulli, avevano confezionato un “dolo”. Ma fa niente: tutto passa in cavalleria. L’inamidato presidente (ex ministro) del Collegio di Garanzia del CONI ha liquidato la pratica Juventus-Napoli in 20 minuti: il tempo di un caffè e di una sigaretta. Del resto c’era solo il Napoli al CONI: né la Juventus, né la Federazione si erano costituite. Ma non si può dire che il campionato (con quello che ne è seguito) sia “falsato”. Se lo dici vieni bollato da “disonesto”.

Lo scudetto dell’Inter (può solo perderlo) è strameritato. Ora basterà che Suning spieghi a Sala, cosa voglia fare da grande e il sindaco che ha indossato la casacca dei Verdi (Enrico: stai sereno) concederà il via libera allo stadio in socia con il Milan. Il futuro potrebbe essere per Inter e Milan roseo. Visto che le rughe della Juventus improvvisamente sono emerse in tutta la loro “profondità”. Alle viste non c’è chirurgo plastico che le possa sanare. Dopo dieci anni di navigazione qualsiasi nave ha bisogno di entrare in bacino di carenaggio per le riparazioni. La Juventus ha visto fallire il suo progetto: oggi non è il Bayern, ma neppure una Atalanta o un Ajax. È una nobile decaduta che costa troppo e rende poco.

Dopo cinque anni nel calcio sei vecchio. Dopo dieci sei Matusalemme. Non c’è direttore di giornale che possa vivere in pace dopo un decennio alla   direzione. Svanisce l’autorevolezza, diventano troppi i privilegi e la presunzione dei sottoposti, la “mano” è sempre la stessa e ai lettori devi concedere (viceversa) qualche novità. Il prossimo sarà per la Juventus l’anno zero. E forse un triennio non basterà (stante Covid e ristrettezze economiche) per tornare a competere. Troppi errori nelle ultime due stagioni: presidenza, direzione tecnica, allenatori, giocatori. Alcuni usurati, altri semplicemente brocchi. E troppa (vedi vicenda Suarez a Perugia) superficiale arroganza. Anche in assenza di rilevanze penali, comunque una brutta figura. Madama è nuda e la verità gliela ha sbattuta in faccia un giocatore del Benevento, tale Letizia: “La Juventus non fa più paura”. Tradotto: non sei più credibile.

Alla Juve, paradossalmente, converrebbe un ottavo posto piuttosto che un quarto. I soldi che arriverebbero dalla partecipazione alla Champion’s potrebbero indurre la dirigenza a qualche “tacòn“. Che notoriamente è peggio del “buso“. Meglio un reset. E visto che siamo sul prato della “parità di genere“, magari con un presidente donna. Magari giovane. Se non altro per onorare quel nome: Juventus. Sembra abbiano dimenticato cosa significhi.