Duribanchi / Se permettete, oggi parliamo di donne

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Mercoledì 2 Dicembre 2020

botticelli

Lo meritano sempre. Dallo sport all’arte, alla politica, alla musica, all’attualità. Quelle a cui, per cominciare, bisognerebbe fare un inchino. Senza dimenticare quelle (ancora tante) violentate e uccise.

Andrea Bosco

Ricordo di un amico: Arturo Diaconale, scomparso a 75 anni. Ci eravamo conosciuti al Giornale di Montanelli. Lui era uno dei big della redazione romana: uno di quelli che si occupavano di politica. Tante cose ha fatto nella vita, Diaconale. Anche il portavoce della Lazio della quale era tifoso. Titanica impresa vedersela quotidianamente con Claudio Lotito. Ma Arturo era bravo e paziente. E se sposava una causa, non mollava. La sua associazione “Dreyfuss” combatteva le ingiustizie processuali. Richiamandosi alla vicenda di quell’ufficiale ebreo francese, ingiustamente accusato di tradimento, condannato alla detenzione nell’inferno di un’isola sperduta nell’oceano e alla fine riabilitato. Il caso che fece scrivere allo scrittore Emile Zola il celebre articolo che iniziava con “J’accuse”.

Non la faccio lunga: ho scritto troppi necrologi negli ultimi tempi. Per lo più di persone che ho conosciuto. Dopo la pensione, lasciata la Rai, ho collaborato anche con l’Opinione diretta da Diaconale. Un giorno in Triennale arriva Matteo Renzi, astro nascente della politica italiana. Deve presentare un suo libro che è anche una idea politica. E per farlo ha messo in piedi un vero spettacolo. Diaconale mi chiede di fargli una intervista. Ci vado ma non c’è verso: l’ufficio stampa di Renzi (che già se la tirava) mi invita a mettermi in coda. L’agenda di Renzi, mi spiegano, è piena come un uovo.

E allora vado a vedere lo spettacolo. Renzi è bravo: non ha la capacità affabulatoria di Federico Buffa, non ha la competenza di Vittorio Sgarbi, non ha il senso dello spettacolo di Philippe Daverio, ma ti tiene sulla sedia fino alla fine della rappresentazione. Al termine chiamo Diaconale: “Arturo, niente da fare per l’intervista. Ma un pezzo lo merita. È abile. Ha messo assieme Baricco, Berlusconi, Biagi e Mike Bongiorno. Usa le immagini e gli oggetti di scena. È un homo televisivus”. Dieci secondi di silenzio poi Arturo dice: “trova un buon attacco: ti metto in prima pagina”. Buon viaggio, amico mio.

Se permettete, parliamo di donne. Di quelle, per cominciare, alle quali fare un inchino. Poi di quelle da analizzare. Infine di quelle da criticare. Prima fila a due quindicenni che giocano a basket: Matilde Villa e Carlotta Zanardi. Una in A1, l’altra in A2: entrambe classe 2005. La prima è un metro e settanta. La seconda, figlia d’arte, sfiora il metro e ottanta. Entrambe hanno un motore nelle gambe e un fiuto speciale per il canestro. Entrambe sono guardie con tanti punti nelle mani. Matilde ne ha messi in una gara 36: nessuno alla sua età (né maschi, né femmine) aveva compiuto (con percentuali pazzesche) una simile impresa. Tra qualche giorno farà sedici anni.

Stessa cosa, sia pure in una categoria inferiore, ha fatto Carlotta Zanardi: ne ha messi 35. Piccole donne (del basket italiano) avanzano. In quel ruolo Lardo, in Nazionale ne ha di toste: Attura e Carangelo. Ma le due bambine hanno qualche cosa di speciale: sono due schegge. Il futuro è loro. Ho visto Villa alla tv: non mi emozionavo per uno (una) junior da quando molti anni fa Aldo Giordani mi portò una domenica in Brianza a vedere un piccolo mago dal primo, incontenibile passo. Si chiamava Pierluigi Marzorati.

Donne speciali: come Dorothea che spara sulle nevi come Calamity Jane. O come Sara Gama la centrale della Juventus eletta ai vertici del sindacato dei calciatori. A proposito di calcio: sarà uno spettacolo, immagino, vedere madame Stephanie Frappart “fischiare” Cr7 in Juventus-Dinamo Kiev. E sempre a proposito di calcio: c’è chi ha detto “no”. Si chiama Paula Dapena, gioca nella terza divisione spagnola e al momento del minuto di silenzio (all’interno della maradoneide in atto nel pianeta) si è seduta per terra: unica tra le sue compagne, ha dato le spalle ai fotografi. “Diego – ha spiegato Paula – era violento con le donne”. Vincendo un più che probabile rogo dalle parti di Napoli.  

Donne: come Sandra Milo. Che a 87 anni si messa nuda sotto ad un lenzuolo per il magazine Flewid. Con la spavalda felliniana sensualità che l’ha sempre contraddistinta. Vecchia a chi? Il fascino non ha età.

Donne come Nan: scusa come chi? Come Nan, la bellissima amante di Giuliano De Medici che all’anagrafe era conosciuta come Simonetta Cattaneo, morta in circostanze misteriose. E allora? E allora Nan è (da secoli) una delle donne più ammirate e famose del mondo. È lei la Venere di Sandro Botticelli. Quella che assomiglia da matti a Marianna Madia ministro nei governi Renzi e poi Gentiloni.

Donne, come la defunta Jole Santelli: insultata dall’inqualificabile senatore Morra. Che (senza scusarsi) ha accettato le scuse della Rai per essere stato, in fretta e furia, depennato da una trasmissione del servizio pubblico. D’altra parte ci sono donne che possono essere insultate: come l’avvocato Ravetto che Antonio Padellaro (non un misirizzi del giornalismo) dopo il suo passaggio da Forza Italia alla Lega ha definito – interpretando il Berlusconi pensiero – “una bambolina che fa no, no, no”.

Peggio aveva fatto un disegnatore partenopeo, autore sempre sul Fatto di una (su Berlusconi e Ravetto) vignetta da caserma. Più moderato Vauro, che dalla Merlino (a La7 nei talk politici giocano sovente a bocce con la testa dei rappresentanti delle opposizioni) ha dato a Giorgia Meloni della Befana. “Fascista”. Neanche a dirlo, spiegherebbero i francesi.

Donne: come la figlia fotografa di Carlo Calenda, fidanzata di un poliziotto, che a Parigi, durante una manifestazione, mentre faceva il suo lavoro è stata, dai poliziotti, malmenata.

Donne, come Lilli Gruber, straordinaria conduttrice di Otto e mezzo, giornalista capace di mettere nell’angolo i Salvini, gli Zingaretti, i Di Maio, le Meloni e persino i De Benedetti. Ma con le unghie inusualmente spuntate davanti al premier. Giuseppi con la sua (ecumenica) presenza, ha intimorito Gruber. Nessuna interruzione, nessuna minacciosa roteante penna tra le dita, nessuna postura (dammi la due) incombente. Insomma: la cazzuta Dan Rather italiana, mansueta davanti a Giuseppe Conte.

Donne: come Sarah Willis, musicista statunitense. Sarah è secondo corno alla Berliner Philharmoniker. È andata a Cuba prima della pandemia. E nell’isola caraibica ha realizzato l’impossibile: un disco che fonde le note di Mozart con quelle del mambo. Il titolo è “Mozart y Mambo” (Alpha Record). Parte degli introiti delle vendite saranno destinati all’acquisto di strumenti per i giovani di Cuba . Viene da pensare che Mozart illuminista (e massone) ne sarebbe entusiasta. Analizzando “Le nozze di Figaro”, un’altra donna, Lidia Bramani, ha scoperto che Wolfang Amadeus nella Vienna di Giuseppe II visse una avventura intellettuale profonda e rivoluzionaria. Insomma: scordarsi il geniale idiota portato sullo schermo da Milos Forman. I più recenti studi disegnano un Amadeus tutt’altro che frivolo, finalmente liberato dai luoghi comuni.

Donne: ci sono anche queste. Azzolina e De Micheli. È venuto fuori che il Ministro dell’Istruzione nel 2009 era contemporaneamente iscritta sia all’università di Pavia che a quella di Pisa. Brava Azzolina? Peccato che la legge lo vieti: si può frequentare un ateneo per volta. Peccato che il suo curriculum sia misteriosamente sparito. Digitare (https://www.miur.gov.it /web/guest/titolari-di-incarichi- politici): fino ad ieri era sparito. Azzolina che vorrebbe riaprire le scuole per dieci giorni, salvo chiuderle immediatamente per le festività natalizie. Azzolina che ha sostenuto un provvedimento per cancellare i voti alle elementari (si torna ai giudizi) perché un voto insufficiente potrebbe traumatizzare i bimbi. Dottor Benjamin Spock: wanted alla memoria. Cosa avrà di speciale Azzolina, segnalatasi in carriera oltre che per gli inutili banchi a rotelle (e un non memorabile piazzamento ad un concorso: 2553.ma, mi pare, su 2900 partecipanti) per plagi, menzogne e occultamenti? Mistero.

Un bel mistero anche la vestale del Pd, De Micheli, Ministro dei Trasporti: quella della ciclabile sul Ponte che potrebbe collegare Messina al Continente. Quella del sequestro di mezza Italia in galleria, durante l’estate, per l’irrisolta querelle con i Benetton e la Società Autostrade. L’ultima di De Micheli? Visto che per il potenziamento dei mezzi pubblici nulla, nei mesi scorsi aveva prodotto, ha proposto De Micheli che gli studenti vadano (a scaglioni) a scuola di domenica. Pd: partito che fu di Gramsci, Amendola, Togliatti e Berlinguer. E che oggi, nel selezionare i quadri, sembra aver perso il senso del ridicolo.

Donne: come quelle picchiate, uccise, violentate, persino nella giornata dedicata alle donne. La legge in Italia è diventata più severa per chi commette femminicidio. Ma non basta: dovrebbe essere ancora più severa. Molto più severa.

Donne: come Yoko Ono, vedova di John Lennon che si è opposta alla richiesta di grazia inoltrata dall’assassino dell’ex Beatles. Da trent’anni Mark Chapman sconta la sua pena del carcere di Attica negli Stati Uniti. Capman, fu arrestato oltre che con un revolver anche con una copia de “Il giovane Holden”. Risparmio le geremiadi su Salinger. Quello che mi interessa (dopo aver letto il bellissimo articolo di Luca Mastrantonio su 7-magazine del Corriere della Sera) è la conferma che ne ho ricevuto.

Nel 2010 ho portato in scena “Scoprendo Salinger” del quale ho scritto la sceneggiatura: avendo l’impudenza di affrontarla come attore. Dopo varie rappresentazioni la piece, tolte le note di regia, è diventata un pamphlet: “Scoprendo Salinger: come (forse) è nato il Giovane Holden”. Salinger parla in prima persona con il linguaggio di Holden. Perché la vera magia del romanzo non è la trama (banale) e neppure il linguaggio: negli States, negli anni Cinquanta, i giovani dicevano di peggio di quello che dice Holden Cauflield. La magia sta nella metrica. Dopo aver licenziato “Scoprendo Salinger”, per mesi ho continuato a scrivere qualsiasi cosa con quel ritmo: un incubo.

E’ quello ( non so quanto consapevolmente ) che mi pare abbia fatto anche Mastrantonio. Il suo racconto è incalzante : sembra sia Holden a raccontare . Quindi ad occhio e croce anche a Mastrantonio potrebbe capitare quello che è capitato a me : avere Holden nell’orecchio e non sapere come liberarsene. Il vero lato oscuro di Salinger probabilmente è questo : una scrittura che tende a plagiare . Come se Holden avesse una sua autonoma vita .Tanto che credo di avere azzeccato il finale del pamphlet. Mettendo in bocca a Salinger queste parole : “ Io odio Holden Cauflield : mi ha rovinato la vita “ .