Piste&Pedane / "Non mi accontento, c'e' ancora tanto da limare"

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Mercoledì 9 Settembre 2020

 

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Al Continental Tour di Ostrava, grande serata di “Yeman” Crippa che dopo quello dei 10.000 si intesta anche il primato dei 5000 (13’02”26). Tenacia e convinzione, armi per la prossima tappa: il primo “meno 13”.

Daniele Perboni

Giornata particolarmente eccitante per l’atletica dello Stivale quella di martedì 8 settembre. In quel di Rovereto andava in scena la 56ª edizione del “Palio della Quercia”, il meeting più antico d’Italia, che sul palcoscenico presentava un filotto di azzurri niente male (fra gli altri Bogliolo 12”90 negli ostacoli alti, Iapichino 6.43 nel lungo, Jacobs 10”21 nei 100, 52”77 di Folorunso e 52”84 di Rebecca Borga nei 400, con la seconda miglioratasi per la quarta volta in questo 2020). Manifestazione allestita con gran fatica dall’Unione Sportiva Quercia, andata a buon fine solo grazie alla tenacia degli appassionati trentini.

Nel TOP TEN tutti i dati della stagione dopo Rovereto e Ostrava.


«Non immaginavo di dover adempiere a così tante e complesse disposizioni – ammetteva il “capo” degli organizzatori –. Ma ormai avevamo iniziato e non potevamo lasciar perdere». Amarezza, poi stemperata grazie alle buone prestazioni ottenute su pista e pedane. E già che erano in ballo, da quelle parti hanno pure annunciato la data del 2021: 31 agosto.

Su al nord, invece, a Ostrava in Repubblica Ceca, un certo “Yeman” Crippa spolverava il tavolo dei record nazionali accreditandosi come il migliore azzurro degli ultimi anni: 13’02”26 il crono ottenuto nei 5000, alle spalle dell’ugandese Jacob Kiplimo (12’48”63) e dell’emergente etiope Selemon Barega (12’49”08). Nulla di trascendentale, ma quel tempo ha tolto di mezzo il trentennale 13’05”59 di Totò Antibo (Bologna, 18 Lug 1990, correndo in pratica da solo), preludio alla cavalcata trionfale di Spalato dove il siciliano di Altofonte si aggiudicò i titoli continentali dei cinque e diecimila metri.

Dopo la prova di Ostrava, quella di San Donato sul Miglio (3’52”08 a 12 centesimi dal record di Genny Di Napoli) e l’ottavo posto ai Mondiali di Doha dell’ottobre 2019, quando tolse ad Antibo anche il primato dei 10.000, portandolo da 27’16”50 a 27’10”76, senza ombra di dubbio il ragazzo trentino si pone come il miglior rappresentante di quella che un tempo fu una sorta di valanga azzurra nel mezzofondo. Capace di gareggiare quasi alla pari con i migliori cavalli di razza, “Yeman” ha dimostrato, finalmente, che anche alle nostre latitudini si possono raggiungere traguardi che sino ad un paio di stagioni addietro parevano irraggiungibili.

Tenacia, ambizione, sacrifici, duri e mirati allenamenti, uniti ad una classe innata ne hanno fatto il vero leader della squadra azzurra. Così almeno lo considera il direttore tecnico Antonio La Torre. «Soffrire e non mollare mai» il suo credo.

Finito di cantare le dovute e meritate lodi, vediamo di lasciare il posto ad alcune considerazione che potranno anche non piacere ai più, ma appaiono più che necessarie per non cadere nell’errata convinzione che ormai Crippa sia alla pari con il resto del mondo. Se prendiamo in considerazione il Vecchio Continente potrebbe anche essere vero, ma a livello planetario il vertice dista anni luce. E questo lo ha ammesso tranquillamente anche il diretto interessato subito dopo la splendida cavalcata di Ostrava: «Dopo Doha, e il mio record dei 10.000 avevo detto che sì, ero soddisfatto, ma il mondo corre forte ed è ancora lontano: questa sera lo confermo. Non mi accontento, c’è tanto da limare, a partire dalla discesa sotto i tredici secondi nei 5000. Ma intanto me la godo e sono felice di essermi riscattato dal record mancato di sabato sera nel Miglio. Ci voleva proprio». 

Tradotto terra, terra: fra “Yeman” e i migliori ci sono ancora una trentina di secondi di troppo … Già, come dargli torto? Al di là delle parole e delle considerazioni, sono i numeri che parlano chiaro. Aride e fredde cifre che, però, non mentono. Nel 1990 Salvatore Antibo, dall’alto del suo record, guidava le liste mondiali davanti al keniano Yobes Ondieki (13’05”60) e al marocchino Mohamed Issangar (13’08”51). All’indomani del primato di Ostrava, dunque a stagione non ancora conclusa, “Yeman” è al settimo posto di una graduatoria dominata dal 12’35”36 dell’ugandese Joshua Cheptgei (Montecarlo, 14 Ago 2020, gara che il nostro aveva abbandonato all’ultimo chilometro). Li separano poco meno di 27 secondi.

Situazione quasi analoga, anzi “peggiore” per quanto riguarda il piazzamento, sui 25 giri. I diecimila targati 1989, anno del record italiano di Antibo (27’16”50, Helsinki 29 Giu), vedevano al primo posto il messicano Arturo Barrios (27’08”23, Berlino O., 18 Ago), con poco più di otto secondi di vantaggio rispetto al siciliano. E Yemaneberhan? La lista 2019 – ricordiamolo, anno del primato nazionale tolto a Salvatore –, lo collocava al diciottesimo posto, staccato di 22 secondi dal “solito” Cheptegei (26’48”36) e dall’etiope Gebrhiwet (26’48”95).

Come afferma qualcuno “non dovrebbe enfatizzarsi troppo il miglioramento di limiti nazionali scritti una trentina d'anni fa, come dire nell'era mesozoica dell'atletica, ... altrimenti si cade nell'errore Tortu, 9”99 a mezza altura e poco altro. Mennea, con tutte le sue ombre, resta di un altro pianeta».