I sentieri di Cimbricus / Se il rugby e' tolemaico, il calcio e' copernicano

Print

Lunedì 17 Agosto 2020

 

davies-2


“Credo che quelli dell’Uefa, di fronte agli irati flutti che hanno imperversato e mostrano ancora creste pericolose, siano stati bravi a plasmare questo formato (si dice format, ma me ne fotto) e siano stati anche fortunati.”

Giorgio Cimbrico

Basta con gli snobismi e sotto con la confessione che non avviene né sotto minaccia né dopo tortura: il calcio è bellissimo. E con lo stadio vuoto, l’impegno ravvicinato, la sfida senza ritorno sta dando il meglio di sé: il sovvertimento di quel che appare scontato, il clamoroso, il meraviglioso che ha avuto eccellenti teorizzatori e tecnici in Omero e Ludovico Ariosto. Ora gli aggettivi che vanno di moda sono storico e eroico: lassamo perde’, come diceva Paolino Rosi e andiamo avanti mostrando un po’ di clemenza per chi ha un sacchetto degli aggettivi molto smilzo. Facciamo degli esempi: se l’Italia incontra gli All Blacks perde sempre, se l’Olympique Lione (sigla “O Lione”, come il vecchio Vinicio …) incontra il Manchester City, che tiene in panchina qualche centinaio di milioni di sterline, vince. Perché?

Perché, con una squadra che assomiglia a un reparto della Francia Libera di de Gaulle (africani, nordafricani e altri volontari pescati qua e là) l’ispettore della brigata criminale Rudi Garcia dimostra che il calcio non è la dimensione dei teorici, dei pianificatori, degli analisti, di quelli che hanno preso lezione da Karpov o da Spassky. E’ soltanto una faccenda semplice che deve esser preparata, certo, ma che può esser preda del caso, delle onde del destino, della volontà anche. In questo senso, il rugby continua a essere tolemaico, il calcio è copernicano.

Credo che quelli dell’Uefa, di fronte agli irati flutti che hanno imperversato e mostrano ancora creste pericolose, siano stati bravi a plasmare questo formato (si dice format, ma me ne fotto) e siano stati anche fortunati. Potevano pensare che l’Atalanta stesse per far fuori i ricchissimi sceicchi parigini? Che il Lipsia, non più Lokomotiv, spedisse fuori gli sgherri di Simeone? Che Guardiola sarebbe uscito con gli occhi sbarrati più che se sugli spalti dello stadio avesse incrociato lo spettro di suo padre? Che il Barcellona, negli ultimi venti minuti con giocatori mobili come quelli attaccati alle stecche del calciobalilla, andasse incontro a una derrota che, ricorrendo ai soliti esempi, è stata una Waterloo elevata a Caporetto e con uno spruzzo generoso di Sedan?

Eleni vuole che mi diverta a scrivere di blitz krieg e di sturmtruppen. Affascinante, suggestivo e anche praticabile: non finendo nella cloaca massima dei social, ma intervenendo in quello che può esser definito un club all’inglese o una bocciofila per la terza età, non rischierei di esser accusato di simpatie per i nostri antichi alleati.

I tedeschi non sono nuovi a sottoporre gli avversari a dure punizioni. Il Mineirazo di sei anni fa (1-7 al Brasile) è uno degli episodi passati alla velocità di Bolt dalla cronaca alla storia. E l’iscrizione del 2-8 della Luz ai sacri testi è in corso.

Più che a paralleli storici o bellici sono interessato a spendere due parole sul Bayern (Brucke aus Muenchen, il ponte dai monaci, nome originale dei borgo) che ha uno stupendo stadio che si raggiunge in metropolitana e con una breve passeggiata, che si regge sul telaio dei suoi vecchi campioni in una successione biblico-bavarese che allinea Beckenbauer, Hoeness, Rummenigge, Bierhoff e che presto potrà contare su Kahn (lui sì con un viso da panzegrenadier), che è molto ricco ma sa combinare ottimi e non dispendiosi affari (l’ingaggio a parametro zero di Robert Lewandowski è stato un bel colpo di Koenig Karl Keinz) e che si muove alla ricerca di nuovi e freschi talenti: l’ultimo è Alphonso Davies, nato in Ghana, in un campo profughi, da genitori fuggiti dalla Liberia straziata dalla guerra civile, “ricollocato” in Canada dove ha conosciuto la pace e il calcio. Muscoli e imprevedibilità: in Baviera lo adorano.

Come al solito, non ho giocato un euro e così continuo a essere come Giobbe, che era paziente ma anche povero. Affari miei.