Fatti&Misfatti / Tutti avvinghiati alle minchiate

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Lunedì 17 Agosto 2020


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Non c'è davvero un filo che collega la base disperata, impoverita, ai ricchi e potenti, non potrebbe esistere dialogo tra la coscienza della gente e chi si fa la doccia nel superfluo.

Oscar Eleni

Fra gli archi naturali di arenite dello Utah per chiedere ai viandanti non religiosi, tipo gli incatenati e contagiati nella chiesa coreana, se noi intossicati dall’agonismo, soprattutto sportivo, ci salveremo. Nessuna risposta. Il coro ci fa sapere che ogni chiusura provoca una crisi, che la borsa perde, stadi e palazzi vuoti portano alla crisi, le balere vietate fanno diventare blu, verdi tipi che ieri negavano il “coviddi” come quelle bestioline ammucchiate sulla spiaggia.
Ti alzi, cammini, tutto sembra normale, anche se sai che non sarà più tanto normale la convivenza. Per fortuna qualcuno registra le minchiate e le risbatte in faccia ai Trump e Bolsonaro di casa nostra, dell’Europa rigida del Nord e piagnona del Sud. Battaglia perduta se pensiamo a come reagisce il mondo in generale, lo sport in particolare.

Associare sempre il danno economico alle chiusure fa scontrare chi ballerebbe tutta la notte con quelli che hanno davvero lavorato per le comunità, da volontari, da medici, infermieri, mettendo nel gruppo anche i cattivi medici e i pessimi infermieri tipo quelli che in un pronto soccorso pieno di feriti, mentre aspettavi la visita per un figlio appena investito da una automobile, sghignazzavano dicendo “ma questi non sanno che è il fine settimana e dobbiamo andare al mare.”


In giornate così buie ci è venuto in mente un pranzo con il fondatore del Giornale, anche se non è tempo per dire che il tuo direttore è stato per vent’anni Indro Montanelli, difensore del libero pensiero anche per il presunto maoista che si portava a casa. Ad un certo punto giurò di aver chiesto al cardinal Martini se non si poteva scomunicare la televisione, mandando al rogo molti di quelli che la fanno. Pubblica o privata non importa. Fuori il disastro, dentro parole senza senso, pannoloni o creme di bellezza, malati esibiti per far capire che lo Sato non aiuterà mai la ricerca, i disabili, i bambini affamati. Altro che vernice sul monumento, magari ci fosse un Cilindro da Fucecchio per cantarle a tutti noi, sempre convinti che ai topi piaccia il formaggio, mentre vanno pazzi per la cioccolata.

Mentre il petrolio sconcia le Maldive e le bombe fanno sapere di essere più feroci del Covid il recinto dello zoo sportivo si gode paginoni sul mercato dei piedi, senza far caso alle idee, i progetti, bruciando tutti quelli che può in una settimana. Rogo per Messi, il Barcellona, ma pagherà l’allenatore, come sa benissimo Sarri che adesso viene anche sbertucciato da chi non lo aveva sopportato con quella tuta da lavoratore. Cade Guardiola il mistico filosofo, un vero grande, ma umiliando lui si guardano bene dal spiegare chi era il Garcia del Lione che a Roma avrebbero buttato dalla rupe.

Non sappiamo davvero chi ha consigliato Pirlo, Gattuso, Nesta, insomma la tribù di Lippi che ha trovato ispirazione per diventare la massa fra gli stregoni del calcio, ad accettare la sfida con l’ignoranza molto simili alla parata dei consigliori per curare tutto e non sanare niente, dal Covid ai conti in banca di chi pensa di poterci parlare come un padre benevolo dopo aver dovuto mettere sul tavolo 75 milioni di euro per amori finiti male. Non c’è davvero un filo che collega la base disperata, impoverita ai ricchi e potenti, non potrebbe esistere dialogo fra la coscienza della gente e chi si fa la doccia nel superfluo. Anche nello sport. Poche federazioni hanno vissuto la clausura per rivedere tutto cercando di cambiare. Meglio farsi notare come nella sezione zeta di quel filmaccio sugli asini felici di esserlo, protetti dall’ignoranza e dal potere parentale.

Il paradosso è che oggi si fanno discorsi come se tutto davvero dovesse riprendere come nella discoteca della signora Non so di che. La NBA e lo snooker, guarda il destino, hanno ripreso, nel gioco con la stecca ha rivinto per la sesta volta Ronnie O’Sullivan che ha fatto saltare sulla sedia tanta gente, non gli organizzatori del Lombardia aperto ai SUV di cui quasi si tace come avrebbe detto con il suo stile Zavoli uno dei grandi, ammettendo che si è trovato bene, meglio, nel silenzio.

No, i calciatori non la pensano così, la sceneggiata senza cori tipo “devi morire” li fa sentire più pesci rossi che attori per uno spettacolo dove i prezzi non scendono mai se al tavolo trovi campioni che se ne vanno convinti di meritare almeno 2 milioni di euro o dollari in più in giornate dove chi amministra le cose dello Stato accetta l’elemosina considerata come ridicola soltanto una settimana prima. Giocano a fare i padroni, ma sono pulci con difetti di vista e senza capacità di sentire.

Il basket italiano, ovviamente, non sfugge a nessuna trappola ora che il coro dice: a porte chiuse siamo rovinati. Certo, se per fare squadre andate a prendere mercenari dovunque, magari dopo aver negato stipendi a chi lavora nella società, agli allenatori delle giovanili. Si stupiscono se Roma, in una settimana, dopo non aver trovato un mecenate diverso dal Toti, ha messo insieme una squadra.

Il Petrucci pensiero, principe del chiudiamo tutto, io il primo, niente scudetti, a casa, adesso scopre che qualcuno nel reame non riesce a tacere. Tipo Recalcati, chi?, beh l’ultima medaglia di Azzurra, olimpiadi 2004. O magari del vate Bianchini che ha parlato di codardia confindustriale.

Niente, cara gente. Il basket è pronto a tornare, accidenti fanno già partitelle d’allenamento, Milano, la ricca Armani da due settimane suda e lava mascherine per lei l’Italia è un paesotto, l’Europa il vero habitat. Presto la supercoppa sarà un girotondo per capire come sono state create le nuove squadre, sapendo che Messina, la società più ricca, come sempre, quando ha vinto e quando ha perso, sarà la volpe da inseguire, sperando che i cacciatori siano tanti, costretti a non pensare male di nessuno, nel tripudio per aver ridato il campionato ad un numero pari di squadre, sedici accidenti.

In Lega, beati loro, ci consigliano di tenere libera la data del 19 settembre per celebrare a Bologna i 50 anni dell’organizzazione che un tempo aiutava a migliorare e oggi vivacchia, aspettando il Messia televisivo per far sapere che esiste. Dicono che potrebbe essere Infront offrendo il doppio, insomma quasi tre milioni di euro, di quello che arrivava nelle casse l’ultima stagione. Se sarà Infront speriamo che prendano in considerazione Bruno Bogarelli che al basket qualcosa ha dato con sincerità, affetto, passione.

Presto si giocherà a tutto. Per gli annunci di chiusura attività di molte società in bolletta, senza soldi per mandare in campo gente sicura di non essere infetta, lo farà il basket ma, siamo certi, anche tanti altri sport avranno la stessa pandemia, scrivere a Sport e Salute, ammesso che troviate gli stessi a cui avete inviato la vostra disperazione, sapendo che la spartizione del malloppo riguarda l’altrove, ma per fortuna Paltrinieri, Pellegrini, Pilato, Detti, il nuoto, l’atletica, al netto delle esagerazioni per gente che in pista prende metri, dove Tamberi e Fabbri, la nuova generazione che avanza dietro la Iapichino, quella che in pista lima i propri record, fa capire che sul campo, in palestra, c’è gente che sa ballare senza avvinghiarsi all’ignoranza.

Insomma siamo come davanti a quel negozio che vendeva mozzarelle di bufala e adesso è stato affittato ad una ditta di pompe funebri. Forse non doveva comperare le mozzarelle in quel posto.