Duribanchi / Nel segno di una parola: compromesso

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Domenica 3 Maggio 2020

 

conte

In ordine sparso verso la tribolata fase-2: sul tavolo delle decisioni si scontrano i poteri forti, Regioni contro Governo, ciascuno a suo modo nel giusto. E se invece provassimo a discuterne in Parlamento?

Andrea Bosco

Forse stiamo uscendo dall'incubo. I numeri indicano che i contagi da Covid-19 in Italia sono in flessione, al pari del numero dei decessi. La strada rimane lunga: lastricata di tamponi e di un vaccino che ancora non esiste. Servirà “riaprire” con prudenza. Il paese arrischia il collasso economico, stretto tra necessità sanitarie e cittadini che sono allo stremo. Ma un “liberi tutti” è prematuro. Pensare di andare al mare “a mostrar le chiappe chiare” una imprudenza che potrebbe costare cara. I domiciliari che ci stanno angosciando non vanno revocati. Almeno per quanti non sono, con il proprio lavoro, indispensabili alla società.

Sergio Harari, amico primario al San Giuseppe di Milano, ha invitato dalle colonne del Corriere della Sera i milanesi a non abbassare la guardia, ammonendo che a settembre il virus potrebbe ripresentarsi. Harari, nonostante le precauzioni e le tute simil-Nasa, era stato contagiato. Ha fatto a casa la quarantena, ora sta bene ed è tornato la lavoro. E' uno al quale credere: un medico coscienzioso. Come quel dottore di famiglia che nella bergamasca, ha curato tutti i suoi assisti (andando nelle loro abitazioni) con farmaci di uso comune. Ma avendo l'intuizione di intervenire fin dalle prime avvisaglie della pandemia. Non ne ha “perso” uno di paziente. Il suo modo di operare dovrebbe diventare un protocollo.

Non tutte le regioni hanno affrontato l'emergenza allo stesso modo. Il governatore del Veneto Zaia (Lega), ad esempio, ha fatto un campionato a sé, operando al di fuori delle linee definite dal governo. Ha fatto fare un numero rilevante di “tamponi” e ha detto fin da subito che avrebbe “sforato” il bilancio regionale pur di contenere il contagio. Forse è anche per questo, come rivelato da un sondaggio de Il Sole 24 Ore, che Zaia figurava qualche giorno fa come il leader politico più apprezzato dagli italiani. Con un 46% di gradimento su scala nazionale, Zaia ha impressionato il Palazzo della politica.

Palazzo nel quale il governo non se la sta passando benissimo. Le opposizioni (qualcuna in modo discutibile) stano facendo il loro mestiere. Il vero problema per Giuseppe Conte sono i mal di pancia che stanno attraversando la sua maggioranza. Che il presidente del consiglio stesse interpretando in modo “personale” il suo mandato era risultato evidente fin dalle prime conferenze stampa, con citazioni rubacchiate a Churchill. Ora anche gli alleati di governo lo accusano, tra un decreto e una informativa di violare la Costituzione. Accusa pesante, rispedita al mittente dal capo dello stato. Ma sostenuta dal mite Presidente della Consulta.

Per adesso una risacca. Ma i segnali di insofferenza non vanno trascurati.

Per la Fase Due del contagio, il governo ha decretato nuove ristrettezze: nelle azioni, negli spostamenti, nelle possibilità lavorative. Alle quali non tutte le regioni si sono attenute. La Calabria, relativamente colpita dal contagio, ha autorizzato una moderata apertura all'aperto, di bar e ristoranti. In una regione, fragile dal punto di vista economico, ha spiegato il governatore Jole Santelli, il non farlo avrebbe esposto la società calabrese alla “supplenza” della criminalità organizzata.

A proposito di criminalità: l'ineffabile giustizia italiana ha consentito (per ragioni umanitarie) la scarcerazione e conseguente messa ai domiciliari di boss mafiosi. Ai vertici del sistema penitenziario qualcuno (costretto?) ha presentato le dimissioni. Per quanto male possa aver operato, lo ha fatto si spera in “bona-fede”.

Il ministro per gli Affari Regionali, Boccia si è fatto sentire: chi non si attiene verrà sanzionato. Santelli (Forza Italia) non si è attenuta e vedremo se sarà “sanzionata”. Nel frattempo il governatore dell'Emilia-Romagna, Bonaccini (Pd), ha deciso di consentire gli allenamenti individuali nei centri sportivi della Regione. Che il governo aveva “blindato” minimo fino al 4 di maggio, contrario – per il momento – ad una ripresa del campionato di calcio. Con il permesso di Bonaccini, Bologna, Spal (che ha declinato la possibilità), Sassuolo e Parma potranno tornare ad allenarsi. A differenza di altri club, costretti per una corsetta nei pubblici parchi.

Ma medesima ordinanza ha prodotto il governatore della Campania, De Luca (Pd). Napoli libero di allenarsi e cittadini partenopei a frotte sul lungomare: “Un termitaio” – ha scritto su twitter, corredando il pensiero con una foto – lady (Mario) Rui. Simili provvedimenti hanno emesso Zingaretti (Pd) per il Lazio, con relativi permessi per Roma e Lazio. E Solinas (Partito d'azione sarda collegato al centrodestra) per il Cagliari. E adesso? Sembra più che un “distinguo”: Regioni adversus governo, nel nome dell'autonomia. Non escludo un effetto “valanga”. E che altre regioni possano accodarsi.

Non so se la Costituzione sia stata “stropicciata”. Ma le “informative” usano nei regimi: nelle democrazie usa discutere i provvedimenti in parlamento. Magari accettando qualche emendamento: qualche deputato potrebbe produrre cose più intelligenti rispetto a quelle elucubrate dai commercialisti, dagli psicologi, dai sociologi delle “task force” governative. Hai visto mai?

Questa degli psicologi che ti spiegano come superare l'ansia da “reclusione” mi pare eccessiva. Vivo da anziano: intruso in una generazione che non riesce a sopportare un divieto, una limitazione, una sofferenza, per quanto trascurabili. Sentita ad un tg nazionale: “Le nuove procedure dell'esame di maturità eviteranno ai candidati il plotone d'esecuzione del confronto diretto con la commissione”. Da tempo a me pareva che l'esame di maturità “dimagrito” nelle prove e scandito dai “crediti” (al posto dei voti) fosse all'acqua di rose. Questo, benedetto da una ministra che “ha promosso tutti” (ma i 4 e i 5 in pagella, sai che impressione, resteranno) neppure profuma rose. Mi chiedo che razza di superuomini fossero quelli della mia generazione che alla maturità portavano gli ultimi tre anni: “di tutto”.

Eppure quell'esame è stato superato anche dal sottoscritto, al quale poco piaceva sfacchinare sui libri. E tuttavia doveva essere uno studio “cazzuto”: visto che a tanti anni di distanza sono ancora in grado di leggere (e tradurre) testi latini senza l'aiuto del vocabolario. Con quelli di greco antico, confesso, ho difficoltà: ho perso l'abitudine. E il mio vecchio Rocci è un tomo pesante da maneggiare. Lorenzo Rocci era un monaco gesuita. Concepì il suo vocabolario nel 1939. Ho perso gli occhi al ginnasio e al liceo su quel “vangelo” zeppo di citazioni e stampato in caratteri minuscoli. Ho scritto gesuita? L'ho scritto. Prima erano solo “voci”: oggi Bergoglio che mette sull'attenti la CEI dopo l'intemerata del Cardinal Ruini a Giuseppe Conte sulle chiese “chiuse”, evidenzia come il presidente del consiglio sia nel cuore di quegli intellettuali della Chiesa.

A proposito del Papa: gira sul web la verità sulla presunta telefonata fatta dal Pontefice a Mattia Santori, della quale, imprudentemente, il leader delle Sardine aveva informato i media. Nessuna telefonata pontificia: solo uno sberleffo di quella lenza di Giuseppe Cruciani che alla Zanzara, da un imitatore, aveva fatto contattare l'ingenuo Mattia. Nella lazzaronata Santori è “cascato” con entrambe le scarpe. La prossima volta sarà più attento. L'unica voce della quale si può fidare è quella di Beppe Sala: quando chiama Santori, il sindaco di Milano lo fa in chat. E travestirsi da Sala sarebbe complicato: anche per un “illusionista” come Cruciani.

Non escludo, viceversa, che una telefonata – il vero Pope – l'abbia fatta allo scrittore Sandro Veronesi, per la lettera (a lui indirizzata sul Corriere della Sera) a nome di un gruppo di artisti e corredata da un Cristo Spezzato realizzato da Mimmo Paladino: opera di francescana bellezza. Veronesi ringraziava dopo che il Papa aveva ricordato in tempi di pandemia il lavoro precluso agli artisti. Gente che in altre stagioni non aveva diritto alla sepoltura in terra consacrata. Gente del “Diavolo”. Alla quale, come racconta magistralmente Umberto Eco nel più celebre dei suoi romanzi, veniva imputata la più infamante delle accuse: quella di saper far ridere.

Ha chiesto scusa agli italiani Giuseppe Conte, per i ritardi con i quali molte categorie stanno ricevendo i sussidi del governo. In effetti la povertà, negli ultimi mesi, è stata alleviata in Italia solo dalla Charitas e dalle Opere Pie. Ma ormai è una moda: anche Frau Ursula si era scusata con l'Italia per come l'Europa l'avesse trattata da “untrice”. Le scuse fanno bon ton. Ma il “toncio”?

Quello continentale – se va bene – arriverà tra sei mesi. Quello italiano, denunciano le imprese, è impastoiato nelle pieghe della burocrazia. Ha spiegato un piccolo imprenditore di aver dovuto compilare 27 (ventisette!) moduli per richiedere un prestito. Contro la burocrazia ha tuonato anche Monsignor Rino Fisichella, presidente del Consiglio Pontificio: “Crea mostri”.

Quando alla burocrazia viene messa la mordacchia l'Italia è ancora capace di volare. Come a Genova dove in un anno e senza miracoli è stato ricostruito il viadotto del dolore. Si auspica senza scandali prossimi venturi. Senza preventivi gonfiati, senza speculazioni. Come è successo (e continua a succedere) con le mascherine. E' capitato anche a me. Due mesi fa le ho pagate (in farmacia, non da qualche strozzino) quando erano introvabili, 60 euro l'una. Venti giorni dopo, altra farmacia: 25 euro l'una. Dieci giorni fa (terza farmacia) un prodotto 15 euro, un altro 10 euro. Nel frattempo ne ha costruite in casa, un paio, mia moglie. Ora sento che saranno vendute a 50 centesimi. Escludo sia una speculazione dei farmacisti. Se hanno fregato anche voi, contattatemi: quando sto' casino finirà potremmo fare una class action.

Potrebbe rivelarsi un “mostro” anche Immuniti, la app del governo che configurerà la situazione sanitaria per tutti gli italiani dotati di uno smarphone. Buona cosa o Grande Fratello? Non è questo il problema. Se scarichi l'app certamente offri un aiuto agli scienziati per “recintare” il virus. Ma contemporaneamente ti esponi al controllo. E va bene se vai in libreria, al supermercato o in farmacia. Ma se hai – mettiamo – una “relazione stabile” magari clandestina? Immuniti agganciando le “celle” si fa i cacchi tuoi e quelli dei tuoi conoscenti. Con un altro pericolo: quello che qualche “infedele” (cosa ordinaria nel Bel Paese) possa alla fine vendere le “liste” (ergo anche i tuoi dati sensibili) a questo o a quello. Del resto come fanno a romperti i maroni ad ogni ora del giorno per offrirti i prodotti più improbabili senza che tu li abbi (mai) in precedenza contattati? Hanno il tuo numero (assieme a quelli di migliaia di altri utenti) perché qualche figlio di madre “notissima”, glieli ha venduti. Dice che a fine anno il datebase verrà cancellato. Ma certo: anche Gesù Bambino (copy Enzo Jannacci) è Babbo Natale da giovane. Io non scaricherò l'app. E cancellerò il numero di telefono di qualsiasi amico decida di scaricarla. Orwell, l'ho letto. E poi c'è una soluzione alternativa all'app: si chiama “tampone”.

Qualcuno in questo benedetto paese ha mai letto un libro di storia? Si comincia così nelle dittature: ti tolgono (con il tuo consenso) ogni volta una piccola libertà. E finisce non ci fai più caso: ti abitui. Leggete Hanna Arendt: “Le origini del totalitarismo”. Esagero? Sto esagerando. Ma io, di natura, sono diffidente. Comunque leggetela, Arendt: io la “frequento” dai tempi dell'Università. Fa impressione la sua analisi relativa al plagio. Masse “contagiate” dalla propaganda. Plagiato, finisci col perdere il senso della memoria : come è successo al mancino Vilas, devastato da una malattia che gli ha cancellato i ricordi. Le vittorie, la vita dorata, ma anche le sconfitte subite da quella macchina da tennis chiamata Borg.

Congedo nel segno di una parola: compromesso.

Il governo e il mondo del calcio lo trovino. Tra le esigenze dell'esecutivo di non allentare le restrizioni a tutela della salute dei cittadini (ma le Regioni hanno già imboccato le scorciatoie). E quelle dell'azienda calcio, recidiva nelle colpe (prima tra tutte l'incapacità di produrre riforme), ma anche alla ricerca di una via d'uscita che eviti il collasso di tanti club (e forse anche di un sistema dalla rilevanza economica, sociale e sportiva) la cui attività si stima valga circa un punto del (traballante) Pil nazionale.

Sapete chi era Jan Peerce? Un tenore ebreo americano che lavorò anche con Toscanini. Leggendo, in queste settimane, di melodramma e opera lirica ho trovato (benché abbia la sensazione che il buon Jan l'abbia scippata ad altri) questa sua riflessione: “Il compromesso è l'arte di tagliare una torta in modo tale che ciascuno creda di avere avuto la fetta più grossa”. Non so perché ma mi sembra farina del sacco di una “linguaccia” francese. Uno che nel 1673 “comprò” la carica di Tesoriere Generale di Francia al Bureau des Finances della Generalitè di Caen, salvo “rivenderla” tredici anni dopo, nel 1686.

Insomma: uno che di “torte” se ne intendeva. Alle corte: Spadafora e Gravina si mettano a tavola. Evitando, magari, di affidare il coltello al sor Claudio.

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