Fatti&Misfatti / Owens eroe per sempre

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Mercoledì 1° Aprile 2020

 

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Al nostro tempo, non c’è termine più abusato di “eroe”. Lo si usa a ogni più sospinto, per lo più confondendo normale dovere con sublime eroismo. Ecco perché J.C. e la sua breve epopea macchiata dai razzisti di casa sua continua a risplendere.

Oscar Eleni

Gli hanno dedicato un asteroide quando è morto quarant’anni fa, ma se ne è andato da povero James Cleveland Owens, diventato Jesse, da J.C., nelle cadenze sudiste del suo scopritore Riley, il più grande, eroe per sempre nell’immaginario di chi ama lo sport senza inganni. L’uomo dei quattro ori olimpici a Berlino, nelle Olimpiadi del 1936, il fenomeno nato nel giorno del crociato senza paura il 12 settembre 1913 ad Oakville, Alabama, l’uomo che il 25 maggio del 1935 ad Anna Harbor, in 45 minuti, battè sei record del mondo lasciando tutti senza parole, cominciando dal suo grande allenatore Larry Snyder, che si era giocato le olimpiadi di Parigi, quelle dei Momenti di gloria, atterrando male con il suo aereo.


Una grande storia, una carriera tormentata. Era entrato all’università dell’Ohio dopo aver fatto assumere il padre come guardiano. Straordinario eroe degli stadi che ha finito correndo ad handicap contro uomini, cavalli, per guadagnare qualche dollaro nell’America razzista che al ritorno dai trionfi olimpici lo fece entrare dalla porta dei camerieri nella festa organizzata in suo onore.

Lui che aveva sfidato tutto e tutti, cominciando da Hitler, che in verità lo salutò dal palco, certo non gli strinse la mano il re dei razzisti, ma neppure il suo presidente americano Delano Roosvelt lo ha mai ricevuto alla Casa Bianca e soltanto Gerald Ford, nel 1976, gli donò il collare olimpico, d’argento chissà perché, quattro anni prima che un tumore ai polmoni lo portasse via a 66 anni, per rendergli lieve la terra del cimitero di Oaks Woods, Chicago, dove anche oggi puoi portare dei fiori.

Nello stadio di Ann Harbor, l’uomo che ha finito allenando i funamboli del basket noti come Harlem Globtrotters, battè i primati mondiali del lungo (8.13 rimasto il limite umano fino al 1960!), delle 220 yarde in rettilineo (20”3), delle 220 yarde ad ostacoli (22”6), eguagliando quello delle 100 yarde (9”4), ricordando che nelle gare dei 220 battè anche i primati sulla distanza metrica dei 200 per un totale di sei primati anche se i giudici gli avevano rubato qualche decimo.

La base per le giornate gloriose nelle Olimpiadi a Berlino: il 3 agosto oro sui 100, il 4, primo nel lungo, dopo una qualificazione sofferta e superata grazie al suo avversario tedesco Lutz Long, il biondo di Lipsia che per quella stupenda generosità da vero uomo di sport finì la sua vita al fronte. Il giorno dopo si prese i 200 metri e avrebbe finito lì se Avery Brundage, il futuro presidente del CIO, non avesse ceduto al ricatto dei nazisti che non volevano ebrei nella staffetta del 9 agosto dopo di che gli americani vinsero anche grazie alla frazione di Owens.

Dormi in pace campione. Nessuno dopo di te.