I sentieri di Cimbricus / E se il calcio prendesse esempio dalla Swissair?

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Venerdì 27 Marzo 2020

 

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"Quelli che si sdegnano, specie a comando, non mi sono simpatici. E così, anche di fronte a quella che in un film Michael Caine definiva quella roba spiacevole da calpestare, non mi sdegno, prendo atto".

 

Giorgio Cimbrico

Sofia Shapatava, tennista georgiana di bassa classifica – è n. 371 – è diventata la portavoce dei giocatori e delle giocatrici che campano con i tornei dai piccoli montepremi lanciando una petizione e chiedendo aiuto e sostegno economico alla federazione internazionale, all’ATP e alla WTA. E’ come il mantello di San Martino: “Io sono ricco e te ne cedo metà”. Sul tema, un magnifico El Greco che potete cercare in qualche museo virtuale: l’originale è alla National Gallery di Washington. Passiamo alla Lega calcio che ha steso un articolato documento sul costo del lavoro e sui problemi derivanti dal blocco ai campionati e lo presenterà a Palazzo Chigi.

A occhio sono sotto di 3 miliardi e fosse per me quel colore, il rosso, lo farei trovare davanti al palazzo che ospita la Presidenza del Consiglio. Non è tempo di presenze fisiche, ma lo fosse, userei una citazione gassmaniana tratta dalla prima scena del Sorpasso: “Sciogli i cani”. Se anche il ringhiar dei molossi non fosse sufficiente, ricorrerei agli idranti.

Quelli che si sdegnano, specie a comando, non mi sono simpatici. E così, anche di fronte a quella che in un vecchio film Michael Caine definiva quella roba spiacevole da calpestare specie in un giorno d’estate, non mi sdegno, prendo atto del potere che è stato dato, concesso a personaggi che sembrano gli sgherri del Trovatore, del Rigoletto, i satrapi in sessantaquattresimo che avrebbero risvegliato l’attenzione dell’ingegner Gadda e che qui, in questo Stige più lungo e più largo del Fiume Giallo, sono stati elevati a organismo di peso, di interesse nazionale. Influente.

Non sono mai stato un estatico ammiratore dell’America ma è evidente che se la NBA - o altra lega - sprofondasse in un deficit profondo, fallirebbe e nessuno si azzarderebbe a recarsi a Congresso o tantomeno alla Casa Bianca. “Non ce la fate? Bene, chiudete”, è la risposta che il Parlamento Federale svizzero diede ai vertici della Swissair che andarono a Berna a chiedere aiuto. Era il 2001 e la Swissair, al tempo tra le cinque più importanti compagnie aeree del mondo, sparì come un gelato al sole. Non è il caso di far notare, a partire da quella data, il numero e l’entità degli aiuti di Stato prestati all’Alitalia. Con graduale e sensibile peggioramento della situazione.

Arroganti nell’impatto con il mondo esterno, litigiosi al loro interno come in certi consessi tipici dei secoli bui (ma almeno allora si appianava tutto con un bel colpo di mazza ferrata), fragili come tutti quelli che pensano di stringere in pugno un potere forte, incapaci di giuste ripartizioni delle risorse (sarebbe sufficiente dare un’occhiata a come ci si comporta in Premiership), sicuri di possedere un filtro magico, un elisir che allontana le preoccupazioni, questi Dottor Dulcamara non conoscono umanità, commozione, spirito di solidarietà. Per loro non c’è l’abisso in cui siamo precipitati, ma solo il fossato melmoso del loro debito. Per me, non figurerebbero all’ordine del giorno.

Avvertenza. Tutto quello che precede non ha nulla a che fare con la Federcalcio, organismo che si interessa di sport e che in questi giorni, grazie alle parole e al volto preoccupato del suo presidente, ha mostrato di avere contatti con la realtà, non di volerli perdere.