I sentieri di Cimbricus / Per provare a ricominciare da capo

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Lunedì 16 Marzo 2020

 

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Il tempo delle profezie, degli avvertimenti, delle previsioni inascoltate. “Questa è l’età delle epidemie. Afta epizootica, febbre catarrale, influenza aviaria, Sars, zone soggette a restrizioni, aree di sorveglianza, vaccinazioni di massa.”

Giorgio Cimbrico

Un po’ stufo di sentir citare la peste dei Promessi Sposi (di “manzoniana memoria” è l’obbligatoria etichetta), di assistere alla riesumazione di quella di Boccaccio (lì almeno c’è da divertirsi) o a quella del 1576 che portò via Tiziano (molto vecchio e così molto fragile), di constatare assurdi ingressi in scena di Camus (era un’allegoria, non se ne accorge nessuno?), ho trovato il libro che dice tutto, che fa capire tutto e che si chiude persino con una nota di speranza. E’ “La morte dell’erba” di John Christopher, uno degli pseudonimi di Christopher Samuele Youd, nato nel 1922, morto quasi novant’anni dopo.

Il mio compito potrebbe chiudersi qui, con qualche indicazione pratica: l’ultima edizione italiana è del 2014, collana Superbeat della Neri Pozza. Chi è più abile di me, può ordinarlo per posta o corriere (funzionano ancora?) visto che in libreria non si può andare. O vedere se esiste in versione e-book. Quando l’ho comprato, costava 13,90, una piccola spesa per avere una chiara visione di quel che sta accadendo o di quel che può avvenire. I libro è del ‘56 ed è molto fresco. Un instant book? Christopher sosteneva che quanto aveva scritto non doveva finir nel repertorio della fantascienza o della catastrofologia, molto cara a diversi autori britannici. Letteratura e basta.

Provo a riassumere facendo precedere da qualche riga, tratta dall’introduzione di Robert Macfarlane, scritta dieci anni fa: “Questa è l’età delle epidemie. Afta epizootica, febbre catarrale, influenza aviaria, Sars, zone soggette a restrizioni, aree di sorveglianza, vaccinazioni di massa. Ed ecco le immagini provenienti dalle zone colpite che riempiono i notiziari: cartacce svolazzanti nell’aria, figure sullo sfondo in tute bianche per rischio biologico, scricchiolii di respiratori, misure preventive, pendolari frettolosi con le mascherine, …”.

Però. Tutto nasce in Cina: il chung-li è un virus che colpisce le piantine di riso e le uccide. Fame, carestia, disordini. Chung-li si trasforma e di mutazione in mutazione, viaggia. Quella che è una minaccia lontana, estranea, si avvicina, prima mimetizzata dalle autorità, poi non più negabile di fronte ai cambiamenti sempre più evidenti, drammatici. Chung-li rende il mondo verde in una dimensione grigia, brunastra, colpisce ogni tipo di graminacea.

Tutto è arido, spoglio, gli animali muoiono, le riserve si volatilizzano. Lo scenario cinese piomba nella realtà del nostro continente prima, del resto del mondo poi, con la stessa catena sperimentata da quella società lontana: anche qui fame, carestia, disordini. Sino al franare delle istituzioni, a prese di potere autoritarie, all’’instaurazione della legge marziale, alla decisione di ricorrere a interventi mostruosi (lancio di bombe atomiche su centri urbani per “sfoltire” la popolazione: (il libro, non dimentichiamolo, è del ’56 e l’impressione degli ordigni usati su Hiroshima Nagasaki è ancora fortissima), alla nascita di bande di predatori e saccheggiatori, all’ingresso in scena di signori della guerra, alla creazione di sacche di sopravvivenza e di difesa. Il Medioevo prossimo venturo, proprio come una delle opere, vivamente consigliate, di Roberto Vacca: il nostro mondo, così forte, così sicuro, può cedere di schianto, da un momento all’altro.  

Protagonista de “La morte dell’erba” è la famiglia Custance che si rifugia in una vecchia proprietà del nord dell’Inghilterra, una valle che può esser difesa e che garantisce ancora qualche risorsa. Sarà il nucleo che dopo lunga lotta, tornerà a superare la palizzata, per provare a ricominciare da capo.