I sentieri di Cimbricus / Viaggio a Doha ma davanti alla tv di casa

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Lunedì 23 Settembre 2019

 

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"Si sente dire: saranno Mondiali strani. Per via del luogo, per via del periodo. Per quel po’ di esperienza che ho accumulato in anni di pellegrinaggi, credo che alla fine le gare saranno buone, molto buone, eccellenti."

 

Giorgio Cimbrico

Dopo una lunga serie di Mondiali agostani, dalla luce scandinava di Goteborg al calore insopportabile di Osaka, dalla pioggia senza fine di Helsinki alle lunghe transumanze sulla underground di Londra, eccoci alle prese con una Doha settembrina e ottobrina che, non promettendo nulla di buono quanto a gradi Celsius e Fahrenheit, mi ha consigliato di seguire da casa. L’età avanza – che seccatura diventare vecchi, cantava Mick Jagger quando non aveva ancora 75 anni – e il caldo mi opprime, mi impedisce di pensare. L’anno scorso, in una Berlino a 38°, credevo di lasciare le mie ultime penne, per non parlare delle pene.


Mi dispiace solo non poter visitare il piccolo museo della moglie di uno degli sceicchi: la signora, godendo di un consistente budget annuale, ha iniziato la collezione con una versione leggermente più piccola dei Giocatori di Carte di Cezanne e ha continuato con due polinesiane di Gauguin. La invidio: se avessi tutti quei soldi vivrei alle aste.

Da tempo si sente dire: saranno Mondiali strani. Per via del luogo, per via del periodo. Per quel po’ di esperienza che ho accumulato in anni di pellegrinaggi, credo che alla fine le gare saranno buone, molto buone, eccellenti. Trasformandole in un olio di pregio, alzo la paletta della mia migliore offerta per i 400hs che, a occhio, possono produrre un risultato attorno ai 46"70. Non so come stia Abderhamman Samba, da almeno tre mesi fuori e che con Barshim ancora in recupero, è la più solida chance del Qatar, ma di sicuro stanno bene Karsten Warholm, imbattuto, e Rai Benjamin, che a Zurigo hanno dato vita alla più grande gara della storia: 46"92 e terzo record europeo per il norvegese che corre come un cavallo selvaggio, 46"98 per l’americano ex-Antigua diventato il più illustre perdente di sempre, titolo sottratto al senegalese Amadou Dia Ba, 47"23 nella finale olimpica di Seul. Tirando le somme, in pista tre dei quattro che hanno violato i 47"0. Assente solo Kevin Young che resiste da 27 anni.

Non voglio fare una guida gara per gara ma proporre una visita alle “opere” più belle. Può funzionare. Vi sarà capitato di andare in una grande pinacoteca e sorbirvi un sacco di roba mediocre o che non vi interessa. Io vado sul sicuro. Ad esempio, alla National Gallery punto sulla sala dove sono esposti i due Piero della Francesca, mi siedo, sto lì mezz’ora, prendo qualche appunto, mi commuovo. A seguire, cerco un posto sui comodi divani davanti ai Turner.

Allo stesso modo, salto un po’ di sale e passo all’asta: Sam Kendricks è un simpatico e affabile giovanotto che elargisce consigli e applausi agli avversari; Armand Duplantis è un ragazzotto molto normale che non si capisce come faccia a spingesi sin lassù; Piotr Lisek è Tarzan, urlo alla Bragg compreso. Tra Armand e Piotr passano, direi, una ventina di chili. L’asta è un bel cocktail di abilità e di fisici. Pensare a Bubka e a chi, Lavillenie, è andato più in alto di lui.

Sono curioso di vedere cosa combinerà Sifan Hassan, l’olandese d’Etiopia che dall’anno scorso si è trasferita in Oregon, per farsi allenare da Alberto Salazar, imitata nella scelta da Konstanze Klosterhalfen da Bonn, detta la scheletrina. Senza tirare in ballo vecchie ombre legate a chi dirige il Nike Oregon Project, i progressi delle due sono evidenti, specie quelli della Hassan che possiede una panoplia di record personali che vanno dagli 800 alla mezza maratona. Quest’anno, record mondiale del miglio, record europeo dei 5000 e dei 21 km. Data l’impossibilità di doppiare 1500 e 5000, proverà la doppietta sulle distanze più lunghe, un territorio dove la sua corsa disordinata e le sue amnesie tattiche hanno tutto il tempo per trovare rimedi opportuni. Quanto a Konstanze, che porta il nome della moglie di Mozart pur venendo dalla città di Beethoven, credo che giocherà le sue carte sui 5000: nei finali lunghi è molto migliorata.

Sono anche curioso di rivedere in azione Noah Lyles che non può fare a meno di correre i 200 sotto i 19"80. Unico neo, si fa per dire, la sconfitta da Michael Norman a Roma, 19"70 a 19"72 con assortimento di punti esclamativi, prima della gemma lucidata sulla pista della Pontaise: 19"50 e record di Athletissima strappato a Usain Bolt che nelle due discese in campo a Losanna si era espresso a 19"58 e 19"59. Dopo il 9"86 di Shanghai, Lyles ha avuto la tentazione di doppiare ma l’ha messa da parte. Potrebbe anche pentirsi: la situazione magmatica dello sprint breve rende arduo il pronostico sul vincente, sui piazzati, sui finalisti. Come sta Coleman dopo il non luogo a procedere dell’Usada? Come sta Gatlin, arrivato zoppicante a Zurigo? Zharnel Hughes continua a procedere nel grigiore che ha cancellato i brillii di inizio stagione? Si potrebbe andare avanti.

La marcia e le maratone nel cuore della notte, come cantava Ray Charles, portano ai quartieri azzurri dove le ultime medaglie sono arrivate proprio dall’asfalto. I candidati sono Massimo Stano, stretto nella morsa di febbrili giapponesi e di un cagnaccio da gara come lo striminzito russo Mizinov, e Eleonora Giorgi, passata  a questo provvisorio estremo della 50 e rincuorata dall’assenza di Liu Hong, l’unica ad aver violato le quattro ore.

Due medaglie e una dozzina dentro i primi otto è l’obiettivo di Antonio La Torre, all’esordio da DT, non all’esordio assoluto in un Mondiale: vent’anni fa, in una bollente Siviglia, il suo Ivano Brugnetti detto "Husky" finì secondo nella 50 prima che Skurygin venisse spogliato della vittoria, assegnata a chi, cinque anni dopo, sarebbe diventato campione olimpico della 20.

La Torre vuole un pieno di staffette, una notte nel primo gruppo per Yassine Rachik e Sara Dossena, un ritorno di fiamma di Gimbo Tamberi che pensa troppo a Tokyo, una gara naif di Stefano Sottile, un’accelerata secca di Pippo Tortu, una corsia finale per Davide Re, il suo tranquillo Superman, e per Luminosa Bogliolo, approdo – non premio – di una stagione esemplare.