Italian Graffiti / Se il buongiorno si vede dal mattino

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Martedì 10 Settembre 2019

 

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Entra oggi in carica il nuovo Esecutivo e la responsabilità per lo Sport, dal leghista Giancarlo Giorgetti (il padre di Sport&Salute), passa al pentastellato Vincenzo Spadafora. Cambia anche il MEF, l'azionista unico di S&S, che va al democratico Roberto Gualtieri. Sullo sfondo prosegue ... la guerra dei biglietti tra Sabelli e Malagò: come finirà?

 

Gianfranco Colasante

 

Se non altro il pregio della sincerità, al neo ministro dello sport va riconosciuto di slancio. Dote sufficiente a distinguerlo nella composita compagine di new-entry messa in campo da Giuseppe Conte e che oggi, al Senato, raccoglierà il definitivo placet del Parlamento. L'assegnazione del dicastero per lo Sport e le Politiche giovanili che gli è toccato in sorte, pare averlo un po' preso di soprassalto. "Non me l'aspettavo" ha replicato a chi gli chiedeva. Per aggiungere subito dopo, a scanso di equivoci: "Di sport non so nulla, non me ne sono mai occupato. Ma mi metterò subito a studiare i dossier e cercherò di farmi trovare pronto". Se vogliamo, è già qualcosa rispetto a un recente passato. Sto parlando di Vincenzo Spadafora, 45.enne esponente del Movimento 5S, nella foto con il presidente Conte.


Tornando a Spadafora, va detto che se lui lo sport non lo conosce, anche il mondo dello sport fino al 5 settembre ne ignorava l'esistenza.  Ma in questo il neo-ministro è in buona compagnia. Pare proprio che per andare a ricoprire ruoli apicali nell'universo sport - che proprio tanto semplice da interpretare non è - la competenza sia un semplice opzional. Facilmente superabile dagli alambicchi politici. E qui non è necessario riferirsi all'inossidabile Rocco Sabelli che dalla sua parte - l'improbabile Sport&Salute - preferisce governare a colpi di Ordini di Servizio (Oddio, stavo per scrivere Fogli d'Ordine, quelli che al CONI negli anni Trenta conoscevano fin troppo bene). Finora, e in poche settimane, ne ha emessi già otto. 


Ma tornando alla politica, basterebbe, per farsene una ragione, scorrere l'elenco di quanti in pochi anni si sono visti affibbiare (loro malgrado?) i galloni di responsabile governativo del settore sport. Al seguito dell'alternarsi dei Governi di vario colore che da noi, com'è noto, hanno la cadenza delle stagioni. Dopo la preistoria con Giovanna Melandri che fu a capo del settore dal 2006 al 2008, la patata per due anni [2011-2013] era toccata all'industriale Piero Gnudi e poi alla meteora Josefa Idem [2013], scivolata presto sulla buccia di una dichiarazione taroccata.


In tempi più recenti, le deleghe sono passate al ministro degli affari regionali Graziano Delrio [2013-2015] e trasferite in seguito al sottosegretario Claudio De Vincenti [2015-2016]. Ancora, col Governo di Paolo Gentiloni (oggi riscopertosi commissario europeo all'economia), nel dicembre 2016 l'incarico è andato a Luca Lotti, uno dei petali più agitati del Giglio Magico di Renzi, a sua volta soppiantato [giugno 2018] dal leghista Giancarlo Giorgetti, firmatario quest'ultimo di una "riforma" che voleva riscrivere lo sport tutto, ma che ha finito con l'abbattersi solo sulle spalle del CONI.


Non risulta, ma posso sbagliare, che questa frenetica alternanza di politici e di sigle abbia prodotto risultati sul piano dell'efficienza del Comitato Olimpico o sulla strada di una razionalizzazione delle Federazioni, ancora tenute allo stesso tavolo dalla legge fascista del 1942. Così capita ancora oggi che una federazione che ha quattro miliardi di debiti possa sedere accanto ad una che aspetta trepidante il contributo pubblico per arrivare a fine mese.


Ma per fortuna, in senso lato, lo sport è altra cosa: si fa lontano dai palazzi e segue logiche diverse dalle alchimie della politica, anche se rimangono sempre irrisolti, anzi si aggravano anno per anno, i tanti guasti legati al mancato chiarimento sui ruoli e sugli obiettivi. Carenze per lo più affidate agli annunci. Che hanno il non trascurabile pregio di essere gratuiti. Motivo per cui se mai "riforma" dove essere, a proporla e a realizzarla dovrebbe essere il mondo dello sport, il CONI per primo, le Federazioni a ruota superando e armonizzando le differenze sempre più profonde. Casomai mettendo mano alla peggiore delle carenze, la "nomenclatura" che si è andata formando negli anni 2003-2005 attingendo a personale direttivo privo di qualunque formazione sportiva.


Sbrogliare la matassa toccherà ora al neofita Spadafora, che ha esordito nel suo nuovo ruolo ai bordi della F1 di Monza. Un segnale? Non so, staremo a vedere. Certo, se il buongiorno si vede dal mattino, ... Tra i primi dossier dovrà affrontare la totale lacerazione del rapporto (seppure c'è mai stato) tra il CONI e la sua cassaforte pubblica Sport&Salute. E qui la politica potrebbe e dovrebbe far qualcosa di più che una semplice presa d'atto. L'AD dell'agenzia governativa - ma chi avrà suggerito quel nome a Giorgetti? - è da sempre ai ferri corti con Giovanni Malagò che accusa ora di volersi "riposizionare" nei confronti del nuovo Esecutivo. Accuse bizzare, visto che Sabelli è seduto su quella sedia per una scelta politica in quota Lega, mentre Malagò risulta "eletto" dalla base dei tesserati.


Come finirà? A regola di logica, è pensabile che a breve ne resterà uno solo. Per di più Sabelli ha più volte dichiarato di voler rispondere solo ai suoi "azionisti", cioè al MEF, che vuol dire il ministero delle finanze. Al cui vertice ora siede il 53.enne Roberto Gualtieri, un militante di ferro del PCI che molto si è distinto lontano dai palazzi romani, andando a presiedere la Commissione Economia e Finanza del Parlamento Europeo. Le cronache, e i maligni, fanno notare che Gualtieri, come primo atto da ministro ha voluto presenziare alla Festa dell'Unità di Ravenna dove è stato accolto al canto di Bandiera Rossa. Cosa che non gli spiaciuta affatto. Ma non proprio la canzone preferita della Lega.