I sentieri di Cimbricus / E se fosse soltanto una gara "normale"?

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Venerdì 30 Agosto 2019

 

coleman

 

Quasi un gioco di società: una rilettura del futuro, più che una previsione sul passato: tema la gara principe dei Mondiali di Doha, i 100 metri. Se e come saremo rappresentati, contro chi dovremmo disputarla. Noi o chi per noi.

 

Giorgio Cimbrico

I 100 di Doha stringono come un boa e … Basta con le buffonate e via con un tentativo di analisi, all’insegna del chi sale e chi scende. delle fluttuazioni, dei rimbalzi, come dicono gli operatori di borsa, della possibilità di vedere una gara “normale”, come capitò sedici anni fa allo Stade de France: Kim Collins si prese il potere e la gloria in 10"07. Strano ma vero.

Sospetti, sparizioni, acuti, stecche, ingressi in scena, indice della forma che ballonzola, tipi che rientrano in gioco: i 100 come un dramma shakesperiano percorso da dubbi, attraversato da interrogativi, da risolvere con un colpo di teatro, con una morte in scena, con un’apoteosi improvvisa. Occhi vuoti, occhi accesi, occhi spiritati e presenze demoniache come quella di Justin Gatlin, il Cavaliere Oscuro che eguaglia certi interpreti sui palcoscenici di Londra dai tempi abissali. Nel suo caso, dagli esordi del XXI secolo.

Gatlin è un personaggio che si presta a una doppia o tripla lettura: è una persona (insensato definire ragazzo chi è giunto a 37 anni e mezzo) gentile e disponibile, possiede una tecnica tra le più raffinate (in calligrafia lo battono solo Donovan Bailey e Asafa Powell) e un apparato fisiologico che, molti sostengono con l’avallo di pareri medici, abbia subito una mutazione in forza della quale gli è difficile andar piano, anche dando per scontato che abbia abbandonato le pratiche che gli sono costate cinque anni, uno più quattro, lontano dalle competizioni. Il 9”87 datato 2019 invita alla riflessione. Ma a Zurigo Justin è durato 60 metri prima di essere assorbito da Noah Lyles (che a Doha, ha detto e confermato, correrà solo gli amati 200) iniziando a mostrare le crepe dell’età. Gara modesta, con leggero vento contrario. Modesta per lui, modesta per tutti.

Un’occhiata al resto: Reece Prescod, lungo lungo, capace di una formidabile seconda parte e vicecampione europeo, è da tempo fuori dai giochi per un infortunio e una ricaduta; di Ronnie Baker, detto la Macchina Infernale, si sono perse le tracce ma non le voci sull’uso di eccitanti; il piccolo cinese Su, dopo un 2018 in cui scendere sotto i 10” gli riusciva piuttosto agevole, è entrato in involuzione; Zharnel Hughes, britannico ereditato da Anguilla ed eurocampione, era apparso molto brillante al meeting di Londra (9"96 e 9"95 in un’ora e mezza) e aveva espresso la convinzione di poter dare l’assalto al vecchio record nazionale, 9"87, di Linford Christie prima di trovare condizioni non ideali – ma migliori rispetto a quelle affrontate da Filippo Tortu a Rovereto – e finir battuto, in 10"18, ai campionati della BA a Birmingham, prima di andare al Letzigrund e chiudere in 10”15; il sudafricano Akani Simbine, buona accelerazione e corsa a ginocchia basse, ha offerto due belle fiammate, la più violenta allo stadio di Stratford, quando in 9"93 ha messo in fila la concorrenza, ma la costanza non è il suo forte.

Novità e rivelazioni: l’inesauribile Nigeria, da cui scaturiscono sprinter catafratti di muscoli, ha dato alla luce prima Divine Oduduru (superba stagione NCAA, con picco a 9"86 ma poco convincente nelle sue apparizioni europee) e giusto in questi ultimi giorni il ventenne Raymond Ekevwo, 9"96 a Rabat, per vincere i Campionati Africani.   

In ballo rimane il destino di Christian Coleman (foto IAAF) che il 4 settembre dovrà affrontare l’udienza in cui spiegare la sua assenza - o mancata reperibilità - a tre controlli negli ultimi dodici mesi. Legali al lavoro da tempo, impegnati a ricercare quel che è scritto tra le righe dei regolamenti sottolineando che i test erano a cura di sigle diverse: Wada, Usad e Athletics Integrity Unit, il gruppo d’azione creato dalla IAAF dopo il Russiagate. A occhio, il mastino che aveva firmato un contratto a sette cifre con la Nike rischia Doha e Tokyo.

Con quanto  è raggiungibile la finale? Anche prima dei rivolgimenti di questi ultimi due mesi, pensavo che con 10"03 l’obiettivo potesse essere aggiunto. Lo penso ancora e il convincimento si è rafforzato. Il 10"21 (di Stanford) che era stato la sua croce, è diventato la delizia di Filippo Tortu. C’è chi dice che a rettilineo invertito, potesse chiudere in 9"98. Non mi spingo sin lì, ma penso che 10"03 fosse alla portata. Magari lo sarà a Minsk, Europa-USA.

Singolare coincidenza, mentre il passato impallidisce e le speranze che parevano perdute, … Marcato da scaramanzia e prudenza non voglio spingermi troppo avanti.