Saro' greve / Fu Tito Stagno il primo a “toccare” la luna

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Lunedì 5 Agosto 2019

 

stagno 

 

Una volta c’era lo stile, come quello di Tito: “mai eccitato, tono della voce solenne, mai enfatico, ... un mondo di buone maniere, di misura, di credibilità, di sapere”. Da rimpiangere.

Vanni Lóriga

Visto che in questi giorni tutti hanno parlato dell’allunaggio di cinquanta anni fa, lo faccio anch’io. Ovviamente con la mia ottica sardo-sportiva, promettendo che in futuro non insisterò più sull’argomento. Se parto dallo sport c’è un motivo. In televisione ci viene settimanalmente proposto da Giancarlo Mughini il suo “Quelli della notte” in cui ci parla degli eroi dello sport. Per lui furono eroici gli astronauti di Apollo 11 ed integra fra i grandissimi dello sport, e paragona a loro, altri personaggi che hanno compiuto imprese eccezionali nel campo dell’agonismo. Con i suoi sguardi inquisitori (che sembrano dei pugnaletti) ci intima di non cambiare canale, evitando così di piombare nell’altrui “sterco televisivo”.


Mi chiedo da dove provenga questo aggressivo interloquire e poi scopro che il catanese Mughini ha ascendenti paterni in quel di Marradi, paese del versante romagnolo di Firenze che dette i natali anche a Dino Campana. Il quale, nei sui Canti Orfici, soprattutto ne la Notte, non usa giri di parola e cita spesso proprio la Luna, che sorgeva “dietro la chiesa bizantina ... ed illuminava allora le strade”.


E parlando di Marradi non si può ignorare che ai tempi dell’alluvione di Firenze (novembre 1966) venne costituito un comitato per la candidatura ai Giochi del 1976 (promossa dal collega Giordano Goggioli e dal sindaco Piero Bargellini) presieduto dall’onorevole marradiano Goffredo Nannini. Non se ne fece ovviamente nulla e solo una piscina ricorda oggi il Nannini.

Oriana pensava di essere lei la Luna

Altri interventi recentissimi sullo sbarco sulla Luna vengono riproposti con la pubblicazione degli scritti di Oriana Fallaci. Cosa c’entri la Fallaci con i Giochi olimpici ve lo spiego subito. Proprio nel 1976, prima dei Giochi che come noto si disputarono a Montreal, fui incaricato da Antonio Ghirelli di preparare la versione italiana della produzione francese de “La favolosa storia dei Giochi Olimpici”, sei puntate che andarono in onda su RAI2.


Inserimmo alcune interviste a personaggi italiani, fra cui Oriana Fallaci che aveva vissuto da vicino le Olimpiadi di Città del Messico, anche gravemente ferita nelle terribili giornate di Piazza delle Tre Culture. Fu giornalisticamente una doverosa scelta che però risultò carica di difficoltà pratiche. Ci creò non pochi problemi, era scontenta di tutto e di tutti e per fortuna fu dirottata su Gianni Minà che, come al solito, se la cavò senza danni. Niente di speciale, ci disse solo che i messicani “sparavano, sparavano, ...”.

Nei suoi scritti dedicati agli astronauti è molta severa. In Neil Armstrong “c’è qualcosa di femmineo” mentre Edwin Aldrin è “troppo presuntuoso”.
“Er più conosce er meno” direbbero a Roma, ma Oriana non avrebbe voluto volare sulla luna, non era gelosa degli astronauti. semplicemente la Luna era lei, e così intendeva essere considerata.

La definizione non è mia, ma del collega Marco Franzelli che mi è stato prezioso per presentarvi chi è stato veramente il primo uomo a toccare la luna.

Un uomo che ha fatto tutto

È stato un Sardo ed il suo nome è Tito Stagno. Cagliaritano (con radici paterne in Liguria) è famoso per aver raccontato a tutta Italia, in una telecronaca durata 27 ore e seguita dal 98 per cento dei telespettatori, l’allunaggio del luglio 1969. È anche il primo ad aver pronunciato la storica frase “hanno toccato, hanno toccato!” Fu smentito subito (da Ruggero Orlando) e tuttora da molti, ma aveva ragione lui. Aveva visto benissimo il momento in cui le quattro zampe telescopiche del LEM toccavano il suolo lunare.

Di Tito sono state scritte tante biografie reperibili su Internet e perciò mi permetto di aggiungere soltanto qualche particolare ai più ignoto. Trascorre alcuni anni dell’infanzia a Parma e a Pola, dove il padre Mario rappresenta la Confindustria. Nel 1944 rientra in Sardegna con un avventuroso viaggio attraverso la Linea Gustav che divide in due l’Italia. Studi classici e poi iscrizione a Medicina. Studi interrotti perché comincia a lavorare come radiocronista. Nel 1954 vince il primo concorso per telecronisti (un bel corso, bisogna dirlo, perché fra gli altri ci sono Furio Colombo, Gianni Vattino, Umberto Eco).


Per tanti anni è responsabile dello sport in RAI ed il suo è un debutto olimpico: cronaca della cerimonia di apertura dei Giochi di Cortina. Con lui ho lunga frequentazione anche perché sul Corriere curo una rubrica dedicata ai programmi televisivi. Ci scambiamo ricordi in varie occasioni, in particolare una volta che veniamo invitati a Siracusa da Lo Bello e Concetto mi colloca vicino a Tito ed a Gianni Brera. È uno dei momenti più divertenti della mia lunga carriera di inviato. Altra occasione di allegria un Capodanno trascorso a Cagliari invitato dai fratelli Ruggeri dell’Amsicora dove conosco le tre sorelle di Tito: Gilla, Maria Costanza e Rosetta. Che fra l’altro si esibiscono in una imitazione del celebre fratello maggiore, molto più riuscita di quelle di Alighiero Noschese.

Una grande famiglia, quella degli Stagno. Ricordo in prima linea Italo, zio di Tito. Fu ufficiale degli alpini nella Cuneense e durante la ritirata dal Don cadde prigioniero dei sovietici. In campo di concentramento fu riferimento costante per tutti. Fu insignito della Medaglia d’Oro (nella motivazione si evidenziano il suo coraggio in battaglia e, in prigionia, il “contegno superiore per virile fierezza e genuino altruismo”). Gli sono state intitolate a Cagliari una Scuola e una Piazza ed eretta una statua. Tito praticamente non se ne è mai vantato, Perché è un vero signore. Lo ha ricordato così su La7 Fabrizio Roncone sottolineando che una volta c’era lo stile: “mai eccitato, tono della voce solenne, mai enfatico, ... un mondo di buone maniere, di misura, di credibilità, di sapere”.


E spesso, ascoltando tante eccitate e urlate telecronache, faccio un salto indietro di mezzo secolo e dico: “Grazie, Tito!”