Fatti&Misfatti / Dall'isola che non c'e' piu'

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Lunedì 10 Giugno 2019
 
basketball 

A margine di una domenica dal sapore antico aspettando le finali scudetto che partono stasera: di fronte Sassari del Poz e Venezia al meglio di sette. A noi non spiacerà se finisse 4-3 o 3-4. Fate voi.
 

Oscar Eleni

Sulla zattera dei rimpianti, nell’isola australiana dei canguri, parlando con i cormorani che sembrano avere più memoria di quel vicedirettore roseo che si vanterà certo con gli amici per aver dato più spazio ad un rutto calcistico che al 2.30 di un giovane saltatore italiano. Lui ci costringe a riconoscere le ragioni di quella meravigliosa canzone della Mannoia dove si dice che non ricordano più il tuo nome, anche se hai amato tanto quel mondo.


Torniamo per queste finali scudetto col giornaliero, ma prima via qualche dente che fa malissimo pur dopo aver vissuto una giornata come da tempo non riuscivamo più a godere nella meravigliosa arca creata a Milano, dentro il palazzo Lombardia, dal Comitato Regionale di Bellondi, a cui diamo un bel nove dopo averlo sottovalutato, per le finali nazionali degli under 18, uomini e donne, con la Reyer campione nel femminile e presente nel maschile, tanto per capirci.

Bel pubblico, tanti agenti, purtroppo o per fortuna, per talenti su cui si può davvero lavorare e ci fa piacere che la finale maschile, tutta romana, anche se in campo c’erano ragazzi di ogni razza o regione del mondo, tanti ragazzi di buon talento fisico, sia andata all’Honey Sport Roma, col presidente in dialisi, allenata da Alessandro Tonolli che ha rimontato dopo il 10-22 del primo quarto, purtroppo con la zona, che aveva su una Stella Azzurra che aveva di tutto e di più, 2 centri di origine africana da 212 e 204, il nazionale filippino Panopio.

Bella serata, gioia per Attilio Caja che vedeva uno dei suoi giocatori interpretare bene il ruolo di allenatore per giovani, calmissimo nel cercare una strada con il senese Cosimo Costi, 28 punti e già pronto per la scuderia di Vittorio Gallinari, smarrita da avversari prigionieri di troppi urli e troppa scenografia.

C’era alla Regione il mondo che vorremmo vedere spesso intorno al basket, sì, certo tanti agenti, ma sono questi i tempi in cui anche a 18 anni devi cercare chi ti piazza. Pochissima serie A, a parte Djordjevic, a parte il Frates disoccupato. Parliamo delle finali, con Petrucci felice per avere sul palcoscenico il ministro dell’istruzione Bussetti. Un motivo per camminare, mascherando l’ombrello, vergognandosi del bastone, spiegando che c’erano troppe nuvole.

Bella la femminile di Costa Masnaga, battuta da una Venezia con tanti bei talenti fisici ben diretti da Andrea Dapreda. Intrigante la finale maschile dove non c’era la interessante Fortitudo di Gregor Fucka che per fortuna va avanti nonostante le troppe invidie e ora traballante per Azzurra dopo il ritiro per motivi personali del Boscia Tanjevic che aveva davvero voglia di emancipare un mondo dove passione, cultura, titoli veri, non bastano più. Petrucci, ma non ce n’era bisogno, ha rigiurato, che Sacchetti non c’entra niente con la decisione del grande Boscia. Lo dica agli spiones che anche nel suo palazzo sussurrano e vomitano.

Petrucci alla ricerca della passione, visto chiacchierare tanto con la madre di Danilo Gallinari, con il Djordjevic che deve averlo affascinato se tutte le citazioni risalivano al grande serbo che a Milano ha la sua tana, i suoi grandi amici, ma forse conoscendo il genio politico dell’ex presidente del CONI ora in FIP, sempre a stipendio zero come tutti i presidenti federali, un errore mai ammesso da chi dirige in alto, anche molto disponibile verso Sasha nella speranza, forse, che in Cina la Serbia non ci massacri come temiamo, perché se portano Jovic hanno davvero uno squadrone che pure gli americani, anche con Harden e Popovich sulla tolda di comando, faranno bene a temere.

Una domenica dal sapore antico aspettando le finali scudetto. Nella festa c’erano anche arbitri che rivedremo nella sfida Venezia-Sassari e quando abbiamo chiesto ad uno di loro di risparmiarci le lungaggini del VAR abbiamo scoperto che questa Lega non ha fatto davvero nulla per aiutarli con quel monitorino a bordo gestito da gente di parte e con immagini quasi mai chiare. Caro Bianchi venga a vedersi le partite in tribuna stampa, lo chiedemmo anche a Marino, e capirà il perché di troppe brevi sui giornali persino per la finale scudetto.

Ce ne siamo andati nella notte cercando di consolare anche uno che ha vinto tanto nel basket, che ha fatto cose importanti come manager a Milano, Varese e persino nella perfida Bologna fortitudina, perché quando ha chiamato un giornalone per ricordare che l’unico scudetto della grande Milano, quello dell’hochey on line della Quanta, si è sentito chiedere: ma lei chi è? Capita. Peggio se poi ti senti dire che l’arrogante sei tu.