I sentieri di Cimbricus / Un imperatore da incoronare (forse)

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Mercoledì 8 Maggio 2019

 

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Kipchode e la pazza idea di bucare il muro delle due ore nella Maratona: “È l’ultimo traguardo dell’atletica e voglio lasciarlo come un’eredità. Lo faccio per la storia”. Ma quanto a motivazioni c’è chi ha qualche dubbio.

Giorgio Cimbrico

Eliud Kipchoge è così famoso (e così ricco) da considerare una maratona mondiale che parte a mezzanotte una faccenda da “cenerentoli”: lui ha altri programmi ed è andato ad annunciarli sulla pista che 65 anni fa ospitò la discesa di Roger Bannister sotto la barriera dei 4’ nel miglio, l’ultima impresa imperiale: la penultima, un anno prima, era stata la conquista dell’Everest ad opera di Edmund Hillary e di Tenzing Norgay. Jan Morris, al tempo uomo e inviato del Times, firmò uno scoop, di quelli doc. Eliud rinuncia a Doha e rinuncia anche a Berlino, dove il 16 settembre dell’anno scorso ha chiuso i 42 km in 2h01’39”, 1’18” sotto il record, anch’esso berlinese, di Dennis Kimetto, per inseguire la brama di diventare l’uomo sotto le due ore.

Quando, quasi quarant’anni fa, dopo un record mondiale portato a 2h08’18” a Fukuoka, qualcuno domandò a Robert de Castella se sarebbe stato possibile sbrigare la faccenda in un paio d’ore, il simpatico e baffuto australiano rispose che “nella vita tutto è possibile, poi si muore, anche”.

Non credo che il lucido Kipchoge abbia alcuna intenzione di inscenare una morte in scena. “È l’ultimo traguardo dell’atletica e voglio lasciarlo come un’eredità. Lo faccio per la storia”. E ha aggiunto che l’impresa di cui va più orgoglioso maturò in quell’alba livida di due anni fa, all’autodromo di Monza, quando scandì una media di 21 km orari rimanendo di venticinque secondi sopra le due ore, di ventisei sopra la barriera. Non una gara, quella organizzata dalla Nike, soltanto un Master di ritmo, con tutti gli aiuti del caso: lepri che si davano il cambio, una macchina a far da schermo, possibilità di rifornirsi in ogni momento. Qualcuno la definì una prova da laboratorio, un esperimento “in vitro”, al d là di ogni regolamento e di ogni speranza di omologazione. Tutto vero, ma rimane il fatto che Kipchoge portò avanti la sua ricerca dell’assoluto utilizzando, oltre la testa, le sue due gambe.

Peccato non sia venuto in mente a qualche altro grande marchio di organizzare un 100 con due metri di vento a favore, in un ambiente pressurizzato, con altezza simulata a 2000 metri: il Bolt di dieci anni fa avrebbe corso tra 9”30 e 9”40.

A metà ottobre, quando sarà vicino ai 35 anni, Kipchoge ci riproverà, concedendosi a una folla che è già stata stimata in 250.000 spettatori sia che il tentativo sia ospitato da Battersea Park sia che il teatro venga spostato su un circuito di due, tre chilometri su strade londinesi. I luoghi riportano a vecchie sfide su distanze brevi, medie e lunghe che investivano il mondo dei professionisti dell’età vittoriana e edoardiana, prima della loro scomparsa.

Dopo il “Breaking 2”, sostenuto della Nike – che ha inventato la scarpa verdolina e superleggera, con suola in carbonio, in grado di economizzare le energie, di rendere più agevole la spinta e di risparmiare l’usura dei tendini – la nuova etichetta è “1h59’ Ineos”, dal nome dell’industria petrolchimica, invisa agli ambientalisti, del miliardario britannico Ian Ratcliffe. “Ho seguito la maratona di Londra: c’era abbastanza vento, il percorso non è agevole e le lepri si sono fatte da parte dopo 25 km e con tutto questo Eliud ha vinto in poco più di 2h02’”, dà fiato all’impresa Ratcliffe.

Non è noto come abbia preso la decisione Patrick Sang, l’ex-siepista che ha plasmato il Kipchoge maratoneta pressoché imbattibile: una sola sconfitta, in 2h04’. Dopo il quarto successo nei pressi di Buckingham Palace, Sang aveva detto che Eliud era in grado di battere ancora il record del mondo (quello vero), pensando che il suo maturo allievo avrebbe accettato le generose offerte di Berlino. Collaborerà all’impresa sovrumana, cercherà qualche buon scanditore di ritmo e penserà a tutto quel che capiterà dopo la metà d’ottobre quando prenderà il via l’avvicinamento a Tokyo.

Se Eliud concederà il bis di Rio, affiancherà Bikila e Cierpinski e, considerato il resto della collezione (di vittorie e di prestazioni) non potrà che essere incoronato imperatore della maratona, abbia o no corso in 1h59’59”.