Saro' greve / Guido Costa: un mago o un Maestro?

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Lunedì 25 Marzo 2019

 

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Tra ricordi familiari e rievocazioni storiche, un "focus" su uno dei maggiori tecnici che lo sport italiano abbia avuto: l'uomo che ha costruito i grandi successi dei pistard azzurri, tra Mondiali e Olimpiadi.  


Vanni Lóriga

Se si parla dei Ganna e del ciclismo di casa nostra si entra nel terreno minato dei ricordi che superano ampiamente la durata di un secolo. Ci riferiamo a Luigi e Filippo Ganna ed incominciamo dal primo. Nel 1909 vince la prima edizione del Giro ciclistico d’Italia. A casa nostra, abbonati alla Domenica del Corriere (la TV di allora …), fa epoca la copertina di Beltrame dedicata all’arrivo vittorioso del predetto Luigi (pubblicata il 13 giugno). Mio nonno Giovanni Maria (classe 1848, maestro elementare e inflessibile giudice di pace) ne rimane affascinato ed ordina per corrispondenza una bici Atala, la stessa di Ganna. Si avventura sulle salite che conducono al nostro paese (Luras, quello dell’albero più vecchio d’Europa), fregandosene della baia che i monelli riservavano al baldo ultra-sessantenne.

L’invenzione del potenziamento muscolare

Il quale è anche il primo che acquista in Gallura un camion 18BL e che, nel 1912, attrezza a palestra un capannone in cui piazza degli anelli per ginnastica. La colpa è ancora una volta della implacabile Domenica del Corriere che in quel 1912 dedica la prima pagina al “Cristo” con cui Braglia vince uno dei suoi titoli olimpici a Stoccolma.

I figli di Giovanni Maria, esattamente Mario, Augusto e Ferdinando (mio padre), si accorgono che è necessario incrementare la forza delle braccia e lo fanno sollevando a braccio teso sacchetti di pallini da caccia, ciascuno del peso di cinque chili, Senza saperlo avevano introdotto il potenziamento muscolare.

Capirete perché in famiglia siamo appassionati di sport di ogni genere, E tutto nasce dal famoso Luigi Ganna. Ed ora che domina la scena un altro Ganna, cioè Filippo, il discorso diventa quanto mai attuale.

La superba storia degli inseguitori

Il giovane lombardo, omonimo ma non parente di Luigi, allenato dal DT Marco Villa, ai primi di marzo vince per la terza volta il titolo mondiale dell’inseguimento. E si entra così in un mondo affascinante. Le mie prime esperienze dirette in questo campo (ad alto livello) risalgono ai Giochi del 1956 a Melbourne. Piuttosto insoddisfatto delle prestazioni azzurre nelle gare atletiche (nessuna medaglia) mi trasferisco all’Olympic Park Velodrome in Swan Street. Il primo impatto è sorprendente: la Polizia orienta i suoi riflettori verso la cima degli alberi che circondano la pista di 333,33 metri e sui quali sono appollaiati alcuni emigranti italiani. Si sono fatti scoprire urlando: “Pinarello, fallo per quelli di Treviso …”

Lui, Cesare Pinarello, corre sul tandem in coppia con Giuseppe Ogna: alla fine saranno di bronzo. Ma quella sera del 4 dicembre sarà esaltante per gli Azzurri. Nell’inseguimento a squadre Faggin, Gandini, Domenicali e Gasparella (subentrato all’infortunato Pezzali, che in una caduta s’era spezzato una clavicola) volano all’oro. In semifinale eliminano la Gran Bretagna che schiera anche il grande e sfortunato Tom Simpson, in finale umiliano la Francia. Ogni giro i quattro si alternano al comando ma dopo 2000 metri Faggin ne copre due ad alta andatura e la gara non ha più storia.

Lo stesso Leandro si esalta ed esalta tutti noi nel chilometro individuale. La sua pedalata è sostenuta dall’applauso del pubblico che segue lo scandire del tempo sul tabellone luminoso. Faggin è l’unico che ferma le lancette sotto il minuto e dieci secondi: esattamente 1’09”8. Non ci sono gli inni nazionali ed al momento della premiazione tutti gli emigranti intonano la Canzone degli Italiani, l’inno di Mameli. Cantano soprattutto “quelli di Treviso”. Lo faranno anche quando Ercole Baldini vincerà la prova su strada arricchendo il medagliere del ciclismo azzurro che oltre ai citati piazzamenti vanta l’argento di Pesenti nella velocità e il citato bronzo nel tandem con i detti Ogna-Pinarello.

Un “mago” italiano nato a Tunisi

Ma chi c’è dietro questi successi in serie? Lo chiamavano “mago” ed il suo nome era Costa Guido. Nato nel 1913 a Tunisi da genitori italiani diventa tripolino per adozione e rientra in Patria nel 1949 dopo una buona carriera di ciclista dilettante nei giri di Libia e Tunisia. Viene nominato DT per la pista e lo sarà sino al 1961 e successivamente dal 1964 al 1976.

Prima di Melbourne i suoi atleti si sono già fatti onore ai Giochi di Helsinki 1952 con i successi nella velocità di Sacchi e nell’inseguimento a squadre (Morettini, Messina, De Rossi e Campana); con l’argento di Morettini sui 1000 metri a cronometro e con il terzo posto del tandem di Maspes e Pinarello. Da ricordare che preferì Sacchi al grande Maspes, … che mai gliela perdonò.

Il vertice della parabola tecnico-dirigenziale di Costa si ha però a Roma 1960 sul magico anello dell’EUR (quello fatto esplodere con la dinamite, …) con uno strike di quattro vittorie legate ai nomi di Gaiardoni nella velocità (in cui terzo è Gasparella) e cronometro 1000 metri; di Beghetto e Bianchetto nel tandem; di Arienti, Testa, Valotto e Vigna nell’inseguimento a squadre.

Anche a Tokio 1964 i ragazzi di Costa si fanno onore con Vanni Pettenella (oro nella velocità ed argento nell’inseguimento superato dall’immenso Sercu); nel tandem con Damiano e Bianchetto che stacca l’argento nella velocita, ed infine con l’argento di Ursi nell’inseguimento.

Non si può dimenticare il successo di Zanin nella prova su strada ma è bene ricordare che in quei gloriosi anni “anta” l’inseguimento italiano fu il migliore al mondo. Dopo le inimitabili imprese di Fausto Coppi furono decine di medaglie vinte nella specialità fra Olimpiadi e Mondiali. Si parla, fra gli altri, di Bevilacqua, Messina, Baldini, Bosisio, Benfatto, Testa, Mantovani, Chemello, Rancati, Roncaglia, Castello, Pancini, Morbiato, Algeri, Bazzan, ecc, ecc.

Molto del merito di questi trionfi va ascritto proprio a Guido Costa (spentosi a Roma nel 1999), più che un “mago” un Maestro della programmazione e della tattica. E sappiamo che i Maestri hanno più meriti dei maghi. Anche se in certe note Enciclopedie Sportive di loro non si trova traccia …