Saro' greve / Il dovere e la civilta' della memoria

Print

Domenica 27 Gennaio 2019


verbale

Archivio SportOlimpico.it (proprietà riservata) 

(gfc) Tratta dal mio archivio, questa è la riproduzione della pagina 33 del verbale del Consiglio Generale del CONI, tenuto allo Stadio del PNF, il 23 febbraio XVII EF (1939). Il Comitato Olimpico in camicia nera era allora presieduto da Achille Starace mentre segretario ne era Giorgio Vaccaro: come dire i vertici della MVSN. Alla storia dello sport italiano tra le due guerre, e quindi alla tragedia delle Leggi razziali, ho dedicato alcuni capitoli del mio studio su Bruno Zauli e il suo tempo. Resto tuttavia convinto che le conclusioni su quel periodo, segnatamente nello sport, debbano essere ancora compiutamente tratte. In argomento desidero segnalare il più bel libro uscito in Italia su quei tragici anni – “Niente è stato vano” – che il valoroso collega Claudio Colombo ha dedicato alla vicenda umana e alla memoria di Géza Kertész, lo “Schindler del calcio”. Imperdibile.

Vanni Lóriga

Oggi, domenica 27 gennaio, è il Giorno della Memoria. Anche SportOlimpico ha inteso celebrarlo accettando l’invito della “Giovanni Castello”. È stato un salto personale in memorie passate se non remotissime. L’incontro si è tenuto alla Garbatella, quartiere di Roma in cui con la mia famiglia posi piede nel 1950. Allora era la estrema periferia di Roma, ma il collega Mario Pennacchia scrisse sul Corriere dello Sport che si trattava dei “Parioli del Sud”. Gli credemmo con un atto di fede anche se mancava ancora il collegamento dei mezzi pubblici con il resto della Città. Adesso, che sta per compiere i 100 anni, è veramente una cittadina a sé e vanta alcune iniziative uniche nella Capitale. Fra cui l’Associazione Millepiani che ha ospitato la Mostra “Campioni nella Memoria – Storie di atleti deportati nei campi di concentramento”.

Mostra che è stata ordinata e presentata dalla professoressa Barbara Trevisan, azzurra di pallavolo, docente di educazione fisica presso la Scuola Media “Altiero Spinelli” di Scandicci. Il tutto con la collaborazione della Delegazione Toscana dei Veterani Sportivi (rappresentata dal dinamico Paolo Allegretti) e il patrocinio di Regione Lazio e Municipio Roma 13.

Sono stati ricordati, con commoventi schede biografiche stampate su un apposito documento e riprodotte in altrettanti quadri, cinquanta atleti che subirono le persecuzioni razziali, con deportazioni nei lager e spesso pagando con la morte.

“Questa mostra – ha detto fra l’altro Trevisan – ha lo scopo di ricordare la più grande tragedia del secolo scorso anche dal punto di vista sportivo, rendendo onore e gloria postuma a tutti quegli uomini e donne che nella loro vita hanno incarnato gli ideali sportivi e che hanno difeso, con le loro scelte, i principi di libertà, di eguaglianza e di tolleranza”.

D’Arcangelo ha ricordato soprattutto le iniziative della sua Polisportiva che dal 2002 promuove la manifestazione “XXV Aprile: Sport e Memoria” incrementata da “Quei Campioni alle Fosse Ardeatine (Manlio Gelsomini e Lazzaro Anticoli)” e da viaggi al campo di sterminio di Auschwitz.

Con i colleghi Daniele Poto e Valerio Piccioni abbiamo rievocato alcune figure di atleti vittime dello sterminio. Poto ha raccontato la vita di Arpad Weisz, giocatore negli anni Venti e poi professionista anche in Italia (Padova ed Ambrosiana come in certi anni fu chiamata l’Inter), successivamente allenatore del Bologna campione d’Italia nel 1936 e 1937. Nel 1942 i nazisti lo arrestano e il 31 gennaio 1944 morirà ad Auschwitz.

Piccioni ci ha raccontato la struggente storia del pugile Leone “Lelletto” Efrati, campione dei pesi piuma e finito nei forni crematori di Mauthausen.

La storia del pugile ebreo romano ha evocato in me illuminanti rimembranze. Un suo nipote si allenò per un periodo a Orvieto in vista dei Giochi di Roma 1960. Apparve piuttosto svogliato al CT Natalino Rea che aveva conosciuto bene Lelletto e che lo congedò dai collegiali con la storica frase: “Se te vedesse tu’ zio …”.

Da parte mia ho raccontato chi sia Shaul Ladany, il super marciatore israeliano che oggi ha partecipato a Torino ad una gara. Ha 82 anni, da ragazzo fu confinato nel lager di Bergen-Belsen. In vita a sua ha percorso forse un milione di chilometri, sulla 50 km ha preso parte ai Giochi del Messico (24°) e di Monaco 1972 (19°). Fu uno dei pochi superstiti della squadra israeliana nel giorno dei fedayn. Chi mi conosce sa che per me quel 5 settembre sarà difficile da dimenticare. Anche questo fa parte della Memoria come è indelebile il giorno 11 novembre 1938 quando, allora undicenne, seppi con sgomento che sua Maestà il re d’Italia e d’Albania ed imperatore di Etiopia aveva firmato le leggi razziali. Quel giorno terminò, praticamente, la mia infanzia fatta di illusioni.

Ho rivissuto tutto con dolore ma anche con passione e sono riconoscente agli amici di “Cara Garbatella” che stanno preparando altri incontri in occasione del prossimo Centenario. Abbiamo il dovere di non dimenticare.