I sentieri di Cimbicus / Sorridono gli ebeti, annuiscono gli schiavi

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Lunedì 5 Novembre 2018

 

rugby 2

 

"L’età dei giocatori rodomonti, degli ufficiali e gentiluomini, dei plebei onorati, dei re pastori, sta giungendo alla fine".


di Giorgio Cimbrico


Ultime notizie dall’ex-giardino delle delizie in cui avevamo indugiato come in un fresco gazebo: senza cena e a letto presto, è la nuova tendenza, senza soffermarsi ai buffet del terzo tempo, evitando i camerieri che trasportano vassoi di flutes di champagne, senza avvicinarsi ai banconi dove viene servita la bevanda della perdizione, la birra. Giusto una presenza formale, passeggera, per non scontentare gli sponsor ce se avrebbero a mal e protesterebbero isterici attraverso qualche sottoposto dal cervello pieno solo di formule vacue, e poi via subito, verso l’hotel, verso una cena spartana, con zero condimenti, vagamente vegana, e a letto prima che il trombettiere suoni last call, la ritirata.


Non può esser trascurato un momento per prevenire lo stress, evitar anche la più piccola e innocente delle tentazioni, accumulare anche il sospetto di un eccesso alimentare o alcolico. E’ il trascorrere del tempo dettato da ritmi di un spa, di un sanatorio, di una montagna non troppo incantata. E’ il tentativo della formazione di una nuova razza che avrà sempre meno a che fare con quella umana. 

L’età dei giocatori rodomonti, degli spaccamontagne, degli ufficiali e gentiluomini, dei plebei onorati, dei re pastori, delle facciacce pirenaiche, sta giungendo alla fine, in un funerale del sentimento genuino che è stato linfa e carburante di uno sport divorato, in un quarto di secolo appena, dalla bestia del profitto a tutti i costi. Polifemo, l’Idra dalle sette teste, il dragone che dome nella montagna erano dei dilettanti, degli inappetenti.

Dal 1970 – lo ha calcolato con strazio un simposio di scienziati che Trump catalogherebbe tra i deficienti o i rompicoglioni - il 60% degli animali che correvano, strisciavano sulla terra, che nuotavano nelle acque è stato distrutto dalla follia dl un capitalismo più selvaggio che in tutta la sua storia di soprusi: le tigri sono 5000, i leoni poco di più. Il gioco per cui abbiamo speso una buona parte dei nostri affetti, dei nostri entusiasmi, della nostra povera ingenuità, è sottoposto allo stesso crudele strapazzamento, alle stesse perdite. Il rugby è un pezzo di Amazzonia disboscata, è un gigantesco iceberg, vasto come l’Umbria, che si stacca dalle coste dell’Antartide, è la foce del Gange ricoperta di bottiglie di plastica, è la morte dell’erba. I tempi cambiano, sorridono gli ebeti, annuiscono gli schiavi.

Annotare giorno per giorno diventa la missione per capire, per non mollare: il proliferare delle partite, dei tornei, dei campionati, gli infortuni, i traumi cranici (protocollo apposito, ovviamente…), gli scontri scanditi dalla più elementare delle formule della fisica (massa aumentata più velocità crescente), le assenze sempre più lunghe, le rese in giovane età, l’obiettivo sempre più rivolto all’evento ufficiale e ricco, la diminutio che investe quelle battaglie di un giorno che garantivano la fama, a volte a leggenda, e che da un po’ di tempo qualcuno ha etichettato amichevoli.

E’ un quaderno di dogiianze che si sta trasformando in un volume spesso, in un necronomicon, in una terra desolata: i club e le franchigie che cedono sempre più malvolentieri i giocatori (una volta era un onore), l’attività che si sparge a macchia d’olio con truppe sempre più allargate per ovviare alle perdite, la replica della federazione mondiale (non più una confraternita, ma un consiglio di amministrazione) che vuol preservare l’international game ma sottoponendolo a mutazione fondando una World League che prenderà il posto dell’antica Guerra dei Mondi autunnale, la cura dimagrante a cui verranno sottoposti i Lions, la gabbia in cui sono ormai stati rinchiusi i Barbarians come attoniti Panda bianconeri, la cancellazione di quei magnifici nomi che paiono tratti da antiche saghe - South Wales, West Lancashire, London Counties –, compagnie di ventura per resistere all’urto di eserciti che arrivavano dal Sud in fatti d’arme che anticipavano il Trono di Spade. Meno noiosi, però: nessuna puntata languiva. E quel che è stato assomiglia alle bandiere lacere appese nelle cattedrali inglesi.

I nuovi padroni e i loro complici sono riusciti a sovvertire i ritmi e i cicli della natura: la farfalla è diventata bruco.