Fatti&Misfatti / Sulla pietra dei falliti, a natiche nude

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Lunedì 21 Dicembre 2020

 

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“Ci capite davvero qualcosa in un campionato azzoppato dove c’è chi insiste, per avere comunque in piazza Mercanti la gogna di almeno una retrocessione nella stagione più balorda che ci sia?”

Oscar Eleni

Dal pozzo milanese di piazza Mercanti che un tempo era il cuore cittadino per l’amministrazione della giustizia. In catene, come tutti, anche quelli che sanno dare la colpa soltanto agli altri senza vergognarsi, abbiamo accettato di sedere sulla pietra dei falliti, a natiche nude, insomma quello che resta delle vecchie e stanche chiappone, per ricordarci che prima di scrivere, giudicare, bisognerebbe riflettere. Magari come quel tipo che dopo il primo tempo di Atalanta-Roma, con i bergamaschi in svantaggio, rimpiangeva il Gomez esiliato da chi sa gestire una società, ma poi, alla fine, sulla perla di Ilicic, elogiava e cantava squadra, allenatore.

Pietra dei falliti anche per aver speso troppe lacrime commuovendosi davanti a gente vera, a ricordi importanti, ai campioni del coro natalizio. Volendo abbracciarli tutti siamo rimasti ancora più isolati ringraziando con affetto la federbasket per il calendario dei cento anni, davvero bello.


Certo il Coro Seduto che ha accompagnato il canto natalizio di 28 grandi campioni della nostra atletica meriterebbe qualcosa di meglio di chi sta litigando per gli spazi all’Arena, di chi fa confusione, al momento di spartire la grana, lassù dove sport e politica si prendono a calci e fra i molti guai, come direbbe il fenomeno Pilato, messa in quarantena per essere tornata in auto con l’allenatore trovato positivo, come la Di Liddo, ci sarebbe anche questa minaccia di rompere con il Comitato Olimpico Internazionale che già sembra confuso dopo le bestemmie dell’antidoping internazionale per la mano troppo dolce sulle malefatte dei russi.

Tutte all’insaputa di Putin che, invece, ci tiene a far sapere dai suoi cortigiani, di avere dato una mano decisiva ai poveri viandanti del governo italiano che hanno fatto liberare i pescatori italiani. Insomma ci stanno mandando al manicomio, oltre che fra i commentatori falliti e gelosi, perché avremmo tanto voluto esserci fra Baldini, Cova, Damilano, Dorio, Simeoni, Pigni, Ottoz, Grippo, Tozzi, Panetta, Di Napoli, Howe, Mei, Ortis, o Venanzio, Goffi, il Preatoni sarto delle grandi staffette e di anime che avevano la fortuna di conoscerlo come allenatore, Sguazzero, Leone, Capriotti, Marchei, Trapletti, Toniolo, Ruggiero, Perini, Leone, Gentili, Rossi e Bonetti. Figurarsi.

Non meritavamo il posto né a cantare, tanto stoniamo quasi sempre, né dentro l’Associazione Cronisti e Storici dello Sport (La CRO.S.S) che, grazie a Giuliana Cassani, figlia del compianto Marco, guida sicura nei nostri primi anni in Gazzetta, scoperta fra i candidati in una delle tre cordate per il prossimo governo federale dell’atletica, e al vulcanico Raffaele Geminiani, insieme a quelli del Coro Seduto diretto da Paolo Bertassi e ripreso bene dal Dave Marchi.


Niente, soltanto don Zaninelli poteva capire mandandoci il messaggio per trovare il Christmas Athletic Choir su un canale Youtube. Musica per l’anima, per ricordare che ancora esiste una famiglia dello sport non banale, capace di essere utile, gente che non si vergogna di commuoversi insieme, che sa aiutare come il Maxime Mbandà, colossale rugbista delle Zebre in ripresa, splendido infermiere premiato da Mattarella.

Adesso direte che sulla pietra dovrei stare perché chi si aspetta un volo sul basket deve prima sentirsi raccontare altre storie. Certo, avete ragione. Ma, accidenti, ci capite davvero qualcosa in un campionato azzoppato dove c’è chi insiste, per avere comunque in piazza Mercanti la gogna di almeno una retrocessione nella stagione più balorda che ci sia. Quella dove si dovevano cambiare tante cose, ma, purtroppo, chi ci riesce a far ragionare gente impegnata a cercare consensi più che rimedi, dirigenti che si stringono nel coro dei “depredati dalla sorte pandemica”, ma non lavoreranno mai insieme per aiutare generazioni perdute in questo anno bisesto e maledetto che infetterà anche gli anni a venire.

Se dovessimo parlare proprio di basket allora ci ricorderemmo di Francesco Varotto, mancato a 79 anni, grande nel grandissimo Petrarca di Moe e Nikolic, anni ‘65-’66, splendido dirigente, bel compagno di lotta e potere insieme a Rovati per una Lega ben diversa da questa.

Oppure potremmo dire che, per fortuna, resistono Sidoli e quelli del premio Reverberi a Quattro Castella, anche se devono aver trepidato aspettando i risultati della domenica, ma, per fortuna, soltanto Roberto Allievi è andato a letto senza cena con la sua Cantù che ora è nella mischia torbida dell’unica retrocessione con Varese, perché la Fortitudo Bologna sembra risanata davvero dall’elettrino Dal Monte e Trieste ha ritrovato la vittoria per la gioia del Dal Masson miglior allenatore premiato fra montagne sacre, così come la Reyer del Tonut tornato a graffiare con la Venezia che ha vinto gli ultimi trofei, uno scudettone, la Coppa Italia dell’anno prima della chiusura, scelto come miglior giocatore italiano dell’ultimo anno insieme alla veterana napoletana Chiara Pastori.

Sul resto siamo davvero confusi. Non folgorati dalle “imprese” di Milano in Turchia perché il campo ci ha detto di una Armani con tante cose buone da difendere, ma contro avversarie che stanno passando veri guai, più il Fenerbahçe dell’Efes. Comunque sia onore a Messina perché in questa serie dove si ammazzano così anche i cavalli, 7 partite in 15 giorni, ci voleva una gestione speciale, una squadra quasi unita, una fatica da condividere senza cercare difetti nella costruzione, nel gioco, nei singoli. Stanno lassù gli uomini Armani ringraziando Porthos Repesa che ha sorpreso Brindisi, per noi resta sempre bellissima e lo diciamo a chi si diverte sfottendo chi avrebbe incensato troppo presto, nel momento in cui pensava di essersi meritata una dormita davanti al falò della vanità.

Cara gente qui sbagli comunque. Come si fa a sapere chi e come si allena. Caos completo alla viglia di un’altra settimana dove Milano dovrà dimostrare di essere molto diversa da quella che molte volte ci sembra così fragile al centro e nell’anima: i baschi di Vitoria col Polonara da salutare complimentandosi per i progressi, sette giorni prima della visita del CSKA del matamoros James al Forum.


In mezzo, udite udite, la diretta su Rai-2, perbacco, per l’ordalia fra Virtus Bologna, la derubata dell’ultimo anno, contro l’Armani, nella vera sfida fra gente ricca e società con tanti scudetti, oltre che coppe, da onorare, nel giorno in cui Marco Belinelli dovrebbe davvero tornare in un campionato dove mancava da 13 anni e mezzo vissuti alla grande dove adesso stanno per liberare i maestri cantori di Sky con la Nba pronta a sfidare il maligno e la pandemia. Certo riavere il basket in diretta su una rete ammiraglia fa godere, ma non dimenticare la battaglia della redazione sportiva contro chi vorrebbe scioglierla per distribuirla dove troverebbe, magari, più incompetenza di quella che deve sopportare adesso.

Pagelle dal pozzo e sotto la pietra dei fallimenti:

• 10 A Michael ROLL, non un fenomeno, ma di certo un giocatore vero. Lo sa, contrariamente a molti guitti in scena nel nostro campionato, ma tenta sempre di dare il meglio. Con Sassari, dopo due partite a rosicare in panchina nelle “meraviglie” turche dell’Armani, ha deciso, insieme a Datome, alla difesa e a Rodriguez, una sfida che ha detto verità importanti per Messina, ma anche per Pozzecco che è uscito benissimo dallo scontro e non è colpa sua la differenza fra i punti dati dalla panchina di Milano e quella sassarese. Si ritroveranno quando conterà di più.

• 9 A DE RAFFAELE per aver resistito sulla barca del doge che veniva attaccata da troppi pirati e, dopo 9 sconfitte fra campionato e coppe, fa sapere che la Reyer magari cederà il suo titolo, ma non prima di essersi battuta davvero. Dateci la salute, dice il livornese che intanto ci ha restituito Campogrande rimasto senza squadra dopo il fallimento di Roma.

• 8 Al giovane ALIBEGOVIC della Virtus Bologna perché sta ritrovando quello che aveva perduto per troppo incenso dopo i mesi di cura Djordjevic. Lui, come il Pajola che si fa notare anche senza segnare, sono davvero il futuro a cui aggrapparsi.

• 7 Al feroce ALVITI che ritrova, insieme a Trieste, la strada del successo Non sarà facile uscirne, ma con gente con questo temperamento Dalmasson può farcela ancora.

• 6 A DAL MONTE e BUSCAGLIA, non per passare dalla parte dei giustizialisti che hanno apprezzato chi taglia allenatori certo meno colpevoli di società e giocatori, ma per riconoscere che davanti a situazioni davvero difficili hanno regalato la loro arte a gente che, magari, non meritava e poi tornerà irriconoscente, dimostrando le qualità che non hanno mai perduto nella cattiva sorte.

• 5 A VARESE e CANTU’ se andranno al muro del pianto dopo partite dove non hanno fatto tutto bene, ma dove, forse, sono state meno peggio che in altre situazioni. Serve fede, anche se il pericolo retrocessione esiste davvero.

• 4 A TREVISO se non si farà rimborsare da chi per due volte ha fatto multare la società, perché da noi, accidenti, anche a tribune vuote si prendono sanzioni per insulti agli arbitri.

• 3 Al TOTE’ che per la seconda volta ci fa sapere che eravamo stati davvero frettolosi nel giudicare uno dei pochi lunghi del nostro piccolo basket. I più sapienti dicevano che dopo la prima con Dal Monte poi era stato spiaggiato. Ma contro Cremona è subito tornato oltre i suoi record. Tanto di cappello.

• 2 A POZZECCO, non tanto se si farà pescare un'altra volta nel minuto dei rimproveri e delle bestemmie, ma se   si metterà a rispondere sul risultato bugiardo tipo quelli del calcio. Non ce n’era bisogno, la Sassari dei primi tre tempi era bella.

• 1 A Luca VITALI perché il suo modo di smentirci è molto simile a quello delle scorse stagioni quando toglieva il mantello da Narciso e diventava il miglior passatore italiano. Non siamo sorpresi, anzi, siamo contenti per Buscaglia e Brescia.

• 0 A REPESA, dieci per il colpo a Brindisi, e VITUCCI, il primo a sapere che dopo la festa qualcuno dei suoi avrebbe avuto male alla testa, per lo scontro finale sul quel minuto di sospensione finale chiamato dall’allenatore di Pesaro. Avevano ragione tutti e due. Gelsomino perché doveva mangiare la faccia davanti alle telecamere ai giovincelli svagati del finale. Vitucci perché non pensava di meritare un altro minuto con giocatori che lo avevano tradito. Stimandoli entrambi si spartiscano lo zero a colazione.