Fatti&Misfatti / Per riprendere, ... parole e musica ciuf ciuf

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Lunedì 28 Ottobre 2019

 

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"Certo ci sono modi per trattare questa gioventù laccata più che dorata, tatuata e chiusa nelle sue cuffiette. Per questo siamo stati contenti di aver potuto meditare da lontano sulla vera rivoluzione dell’anno, quella di Milano".

Oscar Eleni

Al ritorno dal piccolo inferno fra demoni ed angeli degli ospedali, felice di aver affidato la sua anca sbilenca a Franco Carnelli, l’ortopedico nell’età dell’oro del basket milanese ai tempi in cui Peterson e Cappellari hanno lasciato una traccia. Gentiluomo e mago del bisturi che Milano allontanò perché l’ombra del passato infastidiva l’incompetenza. Agli angeli, tanti, un mondo dove non si guarda ai passaporti ma alla capacità, il ringraziamento, ai demoni della burocrazia, del risparmio sulla pelle degli altri, sulla fatica dello straordinario non pagato, l’augurio di essere presto un numero e non un paziente nei loro ospedali dove una singola in riabilitazione costa 1300 euro al giorno.

Ora capite che ci fanno un baffo le cadute dei governi mai nati. Tanto comandano sempre loro e pazienza se poi un giudice dice che non sono come i cattivi della storia, solo un succedaneo, un po’ come i telecronisti mandati in trincea senza l’elmetto, non della competenza, quella sarebbe troppo, ma almeno della passione.

Nei letti del dolore ti risparmi la cicuta anche tornando sulla vita la vita di Socrate, ti esalti se leggi Rumiz, ti compiaci se puoi passare ore nel Game di Baricco, se il Nicola Roggero che avremmo ascoltato volentieri dal mondiale di atletica a Doha ti regala la sua storia della Premier inglese, viaggio nella culla vera del calcio. Lacrimucce noiose da antilope tibetana, ma lei almeno adesso è protetta da chi ne voleva fare lana, mentre a noi resta solo la fortuna di incontrare un poeta come Nicola Giardini, insegnate di letteratura ad Oxford, che ci ricorda come stanno le cose:

La pioggia cade e intanto è già caduta
È presente e passata nello stesso
Momento
Così il tempo
Accade adesso
Ed è pure la vita già vissuta.

Felici di aver ricevuto la telefonata di Sara Simeoni che era al festival del cinema sportivo di Franco Ascani, l’ultimo dei mohicani dell’era nebioliana. Felici di essere rimasti lontano mentre in Federazione preparavano l’organico degli allenatori per le giovanili e, come ci aveva purtroppo anticipato il Pea, Gregor Fucka è stato messo fuori senza neppure un ringraziamento, eppure a questo basket qualcosa ha dato: sul campo come giocatore e, anche se conta molto meno, con le giovanili dove non è importante vincere ma fare i giocatori per il domani, in modo da non trovarsi con i nostri visi pallidi che hanno tante pretese, ma poi fanno cilecca molto spesso. Attenti ai miraggi, alla tiritera sugli italiani da far giocare. Attenti a credere che i viaggiatori viaggianti di oggi siano davvero bravi come raccontano i loro agenti, i loro parenti e amici.

Certo ci sono modi per trattare questa gioventù laccata più che dorata, tatuata e chiusa nelle sue cuffiette. Per questo siamo stati contenti di aver potuto meditare da lontano sulla vera rivoluzione dell’anno, quella di Milano. Sempre nel girone dei milionari, nessuno, a casa Armani, si è visto negare nulla, ma chi fa confusione confonde spesso il risotto con altre deiezioni sgradevoli.

Abbiamo letto di probabili vedove della Versailles armaniana. Qualcuno si è chiesto cosa avrebbero detto a Pianigiani se fosse partito come Messina. Le stesse cose che gli sono state rinfacciate alla fine di una stagione dove aveva seminato vento e raccolto tempesta, non certo titoli. In Messina vedi l’ansia di cambiare le cose attraverso la sofferenza, la fatica, andando anche incontro a brutte figure perché il giocatore di questo secolo pensa sempre alle statistiche che dovrà presentare al prossimo padrone che cerca mercenari. Ettorre sta cercando di ridare alla Milano che ha fatto storia vera le caratteristiche che ne facevano una società capace di tenere insieme ogni tipo di suonatore, anche il solista incallito, ma sempre valorizzando chi nel matrimonio accettava tutto, bastava arrivare al successo.

Niente figli e figliastri, ci provò Bogoncelli, ma presto capì che Riminucci era meraviglia, ma Pieri era tutto. È accaduto negli anni. Dipendeva dal governo della contrada cestistica il successo del capitano allenatore. Credere agli individui, trascurare i gregari e inventarsi capitani neppure coraggiosi l’errore per buttare via tempo e denaro, un crimine anche se quei soldi sono briciole nell’impero.

Ora Messina è nella palude che lui stesso ha voluto come campo di allenamento per una squadra tutta nuova che forse ha capito le parole del suo argonauta, ma che non riesce davvero ad armonizzarsi quando è il momento della musica “ciuf ciuf”, quella che fa il pallone accarezzando le retine dentro i canestri. Mai visto gente di qualità, famosa, sbagliare così tanto al tiro. Ansia di compiacere il generale che crede prima nella difesa per scatenare la voglia di impeto ed assalto del gruppo, faccio bene una cosa e poi la testa va altrove, sono contratto. Succede costruendo davvero, per lasciare tracce, non a quelli che si bevono tutte le bugie.

Ora. Nel momento in cui chi ha battuto Milano è già confuso se pensiamo alla Brescia dei 35 punti in Coppa, alla Brindisi calpestata a Varese dove Caja sembra aver già trovato la musica oltre alle parole, alla Cremona piena di dubbi, ci si rallegra per il ritorno di Bologna alle giornate da piazza grande, vera università del nostro sport e certo l’ultima domenica separa alla grande la Dotta e la Milano bevuta, confusa: fra calcio e basket il pieno in Felsinea, il peggio in Mediolanum. Conoscendo Djordjevic, stimando tantissimo Martino, amando alla follia capitani come Mihajlovic, siamo sicuri che sono loro i primi a sapere che i conti si dovranno fare soltanto alla fine. Certo Teodosic e Markovic illuminano, la Fortitudo è una neo promossa da brividi, come del resto la Roma di Bucchi che per due tempi ha fatto sentire Milano una squadra davvero sbagliata, ma è presto per innamorarsi e sputare sentenze, anche se è difficile credere che Pesaro o Pistoia possano davvero salvarsi.

Tornando a Messina, prima delle pagelle, abbiamo un solo dubbio atroce vedendo i suoi italiani dai candidi manti, tipo quella canzone goliardica, studiando i nuovi stranieri ingaggiati. La squadra diventerà come se la sogna il nostro Tancredi da battaglia, Messia un par di palle, ma abbiamo il triste presentimento che anche risanata, al completo, non avrà mai quello che sperava da certi giocatori. Succede di sbagliare se vedi le cose da lontano e non ti fidi di chi le guardava da vicino. Nessun rimpianto per chi c’era prima di Messina. Se hanno sbagliato, lui e il saggio ateniese, non cercheranno scuse banali. Saranno davanti ai fucilini di latta degli ex cortigiani, degli ex voto gratificati dalle confidenze. Perché nel tempo avrà ragione Messina, ammesso che il suo fegato resista al pieno di bile.

Pagelle a bassa voce, …

10 Per Amar ALIBEGOVIC, luce de Roma, seme Stella Azzurra, perché ci ha affascinato questo esordiente che purtroppo ha scelto di giocare per la Bosnia pur essendo cresciuto qui. Come suo padre ha qualcosa di speciale. Presto per dire che sarà un campione, ma averne di prospetti come lui.

9 A ROMA e BOLOGNA per averci creduto quando tutto andava male, per essere tornate dove avrebbero dovuto essere sempre. Ora aspettiamo che anche TREVISO si riconosca nella bella squadra di Menetti e allora il sacrificio di stagioni nel sottoscala sarà premiato.

8 Al BUSCAGLIA ripartito da Reggio Emilia per la pazienza dimostrata davanti a chi credeva davvero che a Trento lui fosse soltanto l’uomo dei gironi di ritorno. Al diavolo chi non ricorda i suoi capolavori, certo in una società bella, ma a Reggio Emilia scoprirà che non erano sogni quelli di Menetti e della grande scuola.

7 Ad Ale GENTILE se promette di andare avanti fino alla fine come ha fatto ribaltando Trento contro Treviso.

6 Ad Artiglio CAJA che proprio non riesce a scrollarsi di dosso la sua passione interista e anche quando Varese fa partite solide come contro Brindisi non riesce a fidarsi fino all’ultimo minuto.

5 Al magico POZZECCO di questo inizio stagione perché si sta impegnando troppo per dimostrarci che spesso il pregiudizio acceca e non fa vedere la pietra preziosa nella miniera delle mattane.

4 All’amatissimo Dejan BODIROGA, anima Partizan, genio sul campo, perché nella vigilia di ROMA-MILANO, due feudi dove è stato signore e padrone, ci ha fatto sapere di aver staccato dal grande basket. Non possiamo permetterci di perdere gente come lui.

3 Alla FEDERAZIONE, non tanto per come ha congedato il Fucka (anche lui per motivi personali come il maestro?), magari tenendogli un posto in cantina con altri giovanissimi, ma per il giubilo dopo aver incassato qualche dollaro in più da sport e salute. Erano dovuti, meritati? Sì, se partono iniziative come le borse di studio, no, se guardiamo a come vengono ancora bistrattati gli allenatori delle giovanili, anche se siamo felici che l’uomo di Mattioli abbia avuto i riconoscimenti meritati.

2 Ai PROGRAMMATORI delle dirette televisive. Mai il meglio, soltanto l’ovvio. La stessa pigrizia di chi gestisce le grafiche delle partite: cifre che svaniscono in un lampo.

1 Ad Ario COSTA più che ai temerari di Pistoia perché meritava davvero di non soffrire un’altra stagione in fondo alla classifica sperando nell’ennesimo miracolo nella Pesaro che un   tempo i giocatori se li faceva davvero in casa.

0 Alle TROPPE MULTE per cronometri che non vanno, docce fredde, mancanze da piccolo mondo, per queste scosse alla base come denuncia il PEA scavando in un mondo dove ancora oggi prevale l’arbitro permaloso.