I sentieri di Cimbricus / Tranquilli, i Giochi li finanzio io

Print

Giovedì 29 Novembre 2018

 

mi-cor-tokyo 2 

 

L'Olimpiade secondo la lingua degli affari, delle alleanze sorprendenti, delle pulsioni faroniche. Poi qualcuno pagherà.

 

di Giorgio Cimbrico


L’altro giorno mi è capitato di leggere che la previsione di spesa per i Giochi del Lombardo-Veneto si aggira attorno ai 350.000 euro. Ora, io non sono ricco ma accendendo un’ipoteca sulla casa, usando i miei risparmi e mettendo all’asta la mia collezione di francobolli inglesi e delle colonie, potrei tranquillamente trasformarmi nel munifico sponsor dell’Olimpiade 2026 e prendere il posto dello Stato che, secondo Di Maio, non metterà una lira, pardon, un euro. Salvini è stato più possibilista: “Nel caso, daremo una mano”. In ogni caso, ci sono io, con l’ipoteca, i risparmi di una vita, l’orologio del mio povero papà, i francobolli imperiali. C’è persino un bel Black Penny. Un amico, Luciano Barra, mi segnala che ho equivocato. Non sono 350.000 euro, ma 350 milioni. Tutto sommato, il concetto non cambia. 

Ora, davanti alla cifra mi è venuta in mente un’imperitura frase di Paolino Rosi, inviato a New York per Benvenuti-Griffith. “Scusi, dov’è il Madison Square Garden?”, chiese a un passante. “Vada alla Pennsylvania: ascensore e terzo piano”. “Questo me sta’ a piglia’ per il culo”, si disse Paolino. In realtà era proprio così.

Per i Giochi d’inverno tanto amati, tanto desiderati, tanto inseguiti (quasi una furia erotica come se l’obiettivo siano Eva Green, Charlize Theron o altre di quel calibro), non è proprio così. E infatti a Calgary avevano previsto 5 miliardi e mezzo di dollari canadesi, tre e mezzo di euro e il referendum popolare aveva tagliato la testa al toro: “No, grazie. Il 1988 è stato sufficiente”. Ma guarda cosa capita a lasciar la parola alla gente.

La Ryan Air è irlandese ma il paese del low cost, o del costo zero o, ancora, dell’impatto zero, è l’Italia. Ricordo che prima che Mario Monti fermasse la corsa di Roma 2020 si era sparsa la voce che i Giochi non sarebbero costati il becco di un quattrino: il CIO è munifico e sarebbe intervenuto in solido. Il concetto è stato ribadito nella corsa al 2024, bruciata dai Raggi della cerbiattesca Virginia. Tutto falso, ovviamente.

A leggere la dislocazione delle sedi e degli impianti di Milano-Cortina, alcuni dei quali costruendi (sinonimo del più becero "da costruire"), l’idea è che quella cifra sia inadeguata, ma come diceva Edoardo III, “honi soit qui mal y pense, sia vituperato chi pensa male”, raccogliendo la giarrettiera di Giovanna di Kent: a quel tempo gli inglesi di corte parlavano una specie di francese, lasciando al popolo basso la lingua patria.

Da noi si parla la lingua degli affari, sempre più intricati e tenebrosi, delle alleanze sorprendenti, delle pulsioni irresistibili e faraoniche, delle quinte in cartapesta, degli scenari senza un futuro. Torino è finita su un binario morto – di quell’Olimpiade non c’è più traccia  ma le sorti progressive inducono a lanciare nuove sfide. Almeno, così le chiamano loro, i potenti che possono raccontare impunemente menzogne, che da cinquant’anni assumono un’espressione preoccupata: “Lo sport nella scuola è un problema da affrontare”.

Lo sport nella scuola è uno di quegli argomenti che non può essere trattato con un francese, con un britannico, con un tedesco, con uno scandinavo, con un canadese, con un americano. Non capiscono e ti guardano come un abitante di Vega, verde e con le antenne, così come quando tenti di spiegare che ci sono un bel mucchio di regioni amministrate dalla mafia e derivati. Attualmente con forte e proficua specializzazione nel campo dei rifiuti. Ecco, appunto.