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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Atletica / Il caso Schwazer, ... se cosi' fan tutti, ...

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Giovedì 18 Settembre 2014

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(gfc) La chiusura inchiesta della Procura di Bolzano su Alex Schwazer, con i relativi rinvii a giudizio, va aprendo scenari inediti (ma non nuovi) sul doping in Italia. Che evidenza in particolare una grave carenza di controlli e, soprattutto, di interventi sanzionatori. Al centro, la mancata reperibilità di molti atleti secondo quanto stabilito dai protocolli della WADA, l’agenzia mondiale antidoping. Una distrazione elevata a sistema: nessuno rispondeva (atleti) e nessuno sanzionava (istituzioni sportive), a voler essere sintetici. Sotto la lente l’intero biennio preolimpico 2011/12 e gran parte della squadra di Londra 2012. Una conclusione forse affrettata, ma che getta una luce sinistra su tutto l’ambiente dell’atletica, neanche mancassero altri tipi di problemi.

Ma anche sul CONI antecedente la gestione Malagò, che non avrebbe vigilato se non addirittura coperto. Non per nulla Schwazer, alla vigilia dei Giochi, venne fermato dal CIO, non dagli organismi sportivi nazionali (un dettaglio da avanspettacolo: squalificato per doping fino al gennaio 2016, gli sarebbe stata assegnata la medaglia d’oro degli Europei 2010 per intervenuta squalifica del vincitore causa … doping!). Tornando alle indagini, la vicenda è complessa e per di più nota solo in parte, senza dimenticare che in Italia esiste una legislazione meno permissiva che altrove. Vedremo in futuro, quando tutti i pezzi saranno andati al loro posto, non bastando certo le anticipazioni dei giornali o del web.

Personalmente non sono tanto sconcertato da quanto sta emergendo – distrazione, tolleranza, complicità, o altro, fate voi –, quanto da una certa idea diffusa che questi controlli (whereabouts, in codice) fossero visti come una noiosa incombenza che, ad ignorarli, non comportavano fastidio alcuno. Ma anche – trascrivo testualmente dal nostro maggior quotidiano sportivo – dalla possibilità che “episodi di mancati controlli sugli atleti possono riguardare tanti altri sport e tante altre nazioni”. Se così fan tutti, … Ma se fosse vero, allora, meglio sarebbe chiudere baracca. Se così è diventato questo mondo, che vale più dedicarsi a un gioco che non ha regole, o meglio, che ciascuno le scrive via via? Per di più, tornando agli atleti che avrebbero ignorato le già tiepide raccomandazioni a “farsi trovare”, ricordo che appartengono in gran parte a gruppi sportivi militari, cioè sono persone che per fare atletica ricevono un regolare stipendio pagato dallo Stato. Cioè da noi. Se vogliamo un’aggravante non da poco, soprattutto sul piano etico

Alfio Giomi, presidente pro-tempore della FIDAL, con un articolato comunicato dico/non dico (per esempio, nessun nome di atleti) ha preso le distanze dal precedente governo dell’atletica, quello di Franco Arese, peraltro mai citato. Ma va anche ricordato, sperando che nessuno se n’adombri, che all’epoca dei fatti Arese faceva parte della GE del CONI che – notizia di oggi – le segnalazioni sui mancati controlli o altro le teneva in tale conto da cancellarle prioprio. Allora, si può almeno sperare che in questo mondo dove nessuno vede, sente, parla – ricordate le tre scimmiette? – arrivi finalmente quella ventata d’aria pulita tante volte annunciata? Mi viene in mente, vecchio romantico, quanto avevo letto sul programma elettorale di Giovanni Malagò, secondo cui il nuovo CONI doveva diventare (una volta lui eletto) “un palazzo di cristallo, trasparente, esemplare, aperto e partecipato”. Sarebbe giunto il momento di ricordarselo e di cominciare a fare un po’ d’ordine. O no?  

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