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  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Europei / Nuoto e Atletica: un confronto squilibrato

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Lunedì 25 Agosto 2014


pellegrini


Si sono conclusi ieri a Berlino gli Europei di nuoto. A seguire d'una settimana quelli di atletica tenuti a Zurigo. Quasi inevitabile un parallelismo tra due avvenimenti di pari portata, almeno in chiave olimpica. Che poi resta il solo parametro che conta. Un confronto pesantemente squilibrato a favore del nuoto con un bilancio finale che parla di 23 medaglie conquistate dai nuotatori azzurri (un record), 15 delle quali solo in corsia (5 – 1 – 9) e per di più con il primo posto nella classifica a punti. Un bottino impressionante a cui – pur con tutto il rispetto per le imprese di Federica Pellegrini, confermatasi in assoluto l’atleta italiana n. 1 – hanno contribuito un gran numero di nomi noti e, soprattutto, meno noti a livello internazionale. In sede di bilancio il CT Cesare Butini ha così potuto ricordare (senza enfasi, …) che dei 42 nuotatori portati agli Europei, in 27 hanno conquistato almeno una finale. Un successo che il presidente Paolo Barelli traduce in un mezzo milione di nuovi praticanti.

Certo, il divario tra il nuoto europeo e quello mondiale (la rassegna iridata si terrà il prossimo anno a Kazan) resta importante, ma pesa ancora di più in atletica. Quale insegnamento se ne può trarre? Il quesito s’era proposto, insoluto, già nel lontano … 2002 quando agli Europei tenuti proprio a Berlino i nuotatori riportarono 11 medaglie in corsia (4 – 5 – 2). Nello stesso periodo – agli Europei di Monaco di Baviera – gli atleti italiani vinsero solo un oro con Maria Guida e tre bronzi, tutti al femminile. Quindi, pare sia trascorso un quindicennio senza apprezzabili cambiamenti.

Nella sostanza le due federazioni – FIN e FIDAL – si muovono con metodi diversi, sia nel reclutamento che nella qualificazione. Nel nuoto sono le famiglie a portare i proprio figli verso la pratica sportiva con inevitabili e benefici sbocchi sull’agonismo. Nell’atletica, chiuso da decenni il serbatoio della scuola (che resterà chiuso ancora a lungo, mettiamoci l’animo in pace, …), tutto si è fatto più difficile. Per di più l’ossessione delle corse su strada continua ad indirizzare altrove interessi e risorse.

Ma dove il divario si avverte maggiormente è nella conduzione tecnica da parte delle due federazioni. L’una, la FIN, ha da tempo risolto la dicotomia tra direzione centrale e allenatori di club (peraltro tutti italiani di formazione) e “controlla” a largo raggio tutto il parco-atleti. L’altra, la FIDAL, continua di fatto a demandare alle società la gestione dei suoi atleti migliori, a volte ignorandone anche le condizioni fisiche (Greco, Howe, ecc., tanto per ricordare, …). Rinunciando poi a sfruttare i suoi centri di preparazione – Formia e Tirrenia su tutti – che è stata per prima a creare e attivare.

E’ l’intero sistema sportivo italiano che mostra le rughe della vecchiaia. Se gli altri arrancano, l’atletica pare ferma. Acclarato che nessun suggerimento o coordinamento di indirizzo potrà venire dal CONI, che non possiede né le competenze tecniche né l’autorità per imporle, pare difficile che in futuro le distanze tra nuoto e atletica possano ridursi. Più che una faccenda di quattrini, come si tenta di accreditare, resta una questione di progetti, di programmi a medio e a lungo termine, e soprattutto di uomini in grado di realizzarli, in mancanza dei quali, ... Così non basterà mandare un gruppo di atleti di buona speranza ad allenarsi all’estero (un’idea che non ha neppure il pregio dell’originalità). Staremo a vedere. Ma intanto Rio 2016 è già dietro l’angolo.

 

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