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Scherma / Margherita Granbassi: un mondo da "vivere fino in fondo"

Sabato 5 Aprile 2014

Granbassi

Chi sia lo ha sintetizzato sul suo blog (www.margheritagranbassi.com): "mi piacerebbe vivere il mondo fino in fondo". Può bastare come progetto per l'esistenza? Un desiderio che forse va anche oltre le buone intenzioni, ma fornisce una chiave di lettura - sul piano della personalità e della maturità, per non dire della sensibilità d'animo - che non è facile riscontrare in questo malato mondo dello sport. Stiamo parlando di Margherita (la prima a sinistra nella foto di Pechino 2008, con Vezzali, Salvatori e Trillini) all'indomani del suo nuovo infortunio a quel ginocchio sinistro che la tradisce sin dal 2001.
Un infortunio che potrebbe consigliarla ora a riporre nella sacca il suo fioretto d'oro. Per chiudere una bella storia da lasciare in eredità e per ripartire all'esplorazione di quel mondo da "vivere fino in fondo".


Margherita Granbassi: la scherma come aspetto dell'esistenza, coinvolgente sempre, ma non in maniera esclusiva. Il modo migliore per intentenere lo sport, come dovrebbe sempre convenire a chi lo pratica ad alto livello. Una carriera iniziata a Udine col maestro Dario Coderin, che la costante frequentazione con podi olimpici e mondiali ha reso importante, sia pure in un palcoscenico affollato come quello della scherma femminile italiana. Ma che ha dovuto far di conto con tanti infortuni, alcuni più gravi, con numerose operazioni (almeno cinque) e dolorosi recuperi. Dalla rottura dei legamenti del ginocchio sinistro del 2001 fino alla ricostruzione del menisco eseguito dieci anni più tardi. Quando pareva ancora possibile il recupero verso Londra 2012. Un altro sogno svanito.

Il momento clou di quella carriera cadde ai Mondiali di Torino del 2006, quando Margherita seppe superare in semifinale Valentina Vezzali e battere per il titolo il suo idolo degli anni giovanili, Giovanna Trillini. Avversarie-amiche assieme alle quali vinse anche la gara a squadre, un trionfo ribadito ai Mondiali del 2009. Fra mezzo l'Olimpiade di Pechino, con il doppio "bronzo", individuale e a squadre, ancora un affare quasi di famiglia, sempre tra Vezzali e Trillini. Assieme nel "Dream Team" che domina in Coppa del Mondo da 23 stagioni e conta 22 vittorie.

Con uno sguardo all'indietro, troviamo Margherita ad Atene - Giochi del 2004 - con il decimo posto individuale (la gara a squadre era stata "cassata" dalla FIE, come forse lo sarà anche a Rio 2016). Poi la vittoria della consacrazione internazionale, l'oro europeo del luglio 2005, a Zalagerszeg, assieme a Elisa Di Francisca, Ilaria Salvatori e Valentina Cipriani. Una squadra giovane che parlava in nome del ricambio. E, in parallelo, dopo Pechino l'uscita dall'Arma dei Carabinieri per seguire un incarico redazionale ad "Anno Zero" di Michele Santoro. Una delle tante pagine della vita di Margherita che pensa
al giornalismo e ama la pittura del Novecento.

Ed ecco il nuovo tradimento del ginocchio, venerdì 21 marzo - il primo giorno di primavera - che pare aver posto di nuovo tutto in discussione. Quel ritorno avviato nello scorso maggio con la scelta del nuovo allenatore, il cubano Elvis Gregory Gil. Ed è stato proprio Gil a portarla a braccia, tra le lacrime, fuori dal PalaRuffini torinese, tra il silenzio delle avversarie e gli applausi commossi del pubblico. Il futuro? Per ora l'operazione e la riabilitazione, sette/otto mesi di calvario da affrontare come sempre. Con la coscienza che la maniera migliore per riuscire è "vivere il mondo fino in fondo".
Auguri, Margherita.  

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