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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





CIO / Finisce l'era Rogge, arriva (forse) il tedesco Thomas Bach.

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Mercoledì 4 Settembre 2013

roggeUn fine settimana di grandi decisioni, quello che sta per aprirsi all’Hilton di Buenos Aires con la 125ª Sessione del Comitato Olimpico Internazionale. Sul carnet gli appuntamenti previsti sono la designazione della città che dovrà accogliere i Giochi del 2020 (sabato 7), la scelta di un altro sport da includere nel programma tra lotta, baseball/softball e squash (domenica 8) e l’elezione del nuovo presidente del CIO (martedì 10). Ce n’è per tutti i gusti. Una occasione per i “grandi vecchi” per fare anche un riflessione sull’andamento generale dello sport che non pare tanto in salute: tanti i pericoli che lo minacciano (soldi, corruzione, doping), poche e di scarso rilievo le soluzioni proposte. C’è poi il rischio che lo stesso CIO continui a considerare la sua “missione” (?) al di fuori del mondo reale, con scelte che riesce difficile condividere. L’ultima in ordine di tempo, le problematiche situazioni di Rio de Janiero, scelta all’epoca quale l’apertura di una nuova frontiera (ma lo stesso non era accaduto per Pechino 2008?) e che ora rischia un clamoroso fallimento.

Tornando al carnet di lavoro, i signori dello sport dovranno pronunciarsi in merito ai Giochi 2020. Com’è noto sono tre le città sopravvissute alle varie scremature: Istanbul, Madrid, Tokyo, in stretto ordine alfabetico. Difficile fare previsioni sull’esito delle votazioni, troppi i parametri in gioco (compresi i diversi culti religiosi) e, soprattutto, insondabili le posizioni dei grandi elettori, quelli che dovranno porre i nomi nell’urna. Tre continenti, con Istanbul a cavallo d’Europa e Asia, tradizioni e condizioni economiche diverse. Ma anche ambientali, come nel caso di Tokyo, ancora e a lungo alle prese con gli effetti del disastro di Fukushima. Poi c’è la capitale spagnola, favorita dalla sua dotazione impiantistica, ma alle prese, come il resto d’Europa, con una crisi economica di proporzioni immani. Da questo punto di vista, meglio di tutte sta Istanbul, con un pil in crescita esponenziale, ma che deve trovare soluzioni alla richiesta di diritti civili e ad un doping diffuso. Una votazione dagli esiti molto incerti. E che potrebbe avere implicazioni future anche sulle candidature per il 2024, Roma soprattutto, per cui il presidente Malagò ha già fatto più d’un pensierino.

Buenos Aires sarà anche la stazione d’arrivo per la presidenza di Jacques Rogge che fu eletto al vertice del CIO nel 2001. Dopo tre quadrienni, sicuramente difficili, ora il chirurgo belga passerà la mano, restando membro onorario per altri dieci anni. La sua eredità? Non si può dire che la sua gestione abbia coinciso con quel rinnovamento che ci si augurava. Per la verità Rogge ha incontrato anni difficili e di cambiamenti epocali, su tutti quel processo di “globalizzazione” i cui effetti a breve tempo sono stati imprevedibili (quelli a lungo termine nessuno è in grado di prevederli).

Certo che un organismo elitario ideato nell’Ottocento, i cui membri non vengono eletti ma sono “cooptati” da coloro che già lo sono, per mantenere credibilità ha bisogno di allinearsi alle realtà proletarie di oggi, inimmaginabili solo qualche decennio addietro. Da questo punto di vista, la gestione Rogge non passerà alla piccola storia dello sport come la più innovativa. Il favorito a sostituirlo pare Thomas Bach, ma quel posto fa gola a molti così che – per la prima volta – i candidati alla presidenza dei CIO sono addirittura sei: assieme al 59.enne Bach figurano Ser Miang ng (Singapore), Sergey Bubka (Ucraina), Richard Carrion (Porto Rico), Denis Oswald (Svizzera), Wu Ching Kuo (Taiwan). Staremo a vedere chi sarà, tra loro, il nono presidente del CIO, elenco aperto dal nome del fondatore, il barone Pierre de Coubertin. Una cosa però è certa: del suo mondo, non resta che uno sbiadito ricordo.

 

 

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