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Atletica / Ultima trovata: le staffette autogestite

Domenica 18 agosto 2013


LUCIANO BARRA

Chi scrive – non è un segreto – è un forte sostenitore della linea intrapresa da Giomi e dal suo Consiglio Federale: dare priorità assoluta all’attività tecnica come obiettivo centrale e della federazione d’atletica. Purtroppo nei precedenti otto anni non era stato così e se ne pagano le conseguenze. La semina di quest’anno, con oltre 650 maglie azzurre distribuite in sei mesi, ha un suo significato e sicuramente questa politica dovrà essere seguita anche l’anno prossimo che ha, come obbiettivo di quantità e qualità, gli Europei all’aperto di Zurigo, sulla magica pista del Leitzgrund. Come in agricoltura, quando si semina la vite o l’olivo servono almeno tre anni per raccoglierne i frutti. Così dovrebbe essere per la FIDAL: sarà necessario tirare le reti, potare, scegliere i pesci più grossi, qualificare la struttura tecnica (di cui, confesso, non ho ancora capito il modello) e, senza tralasciare l’attività giovanile, lavorare in vista di Rio de Janeiro, soprattutto su chi può andare in finale.

Ma onde non sembrare troppo “lecchino” devo soffermarmi sull’ultima trovata tecnica,quella delle staffette “autogestite”. Una novità assoluta nel mondo dell’atletica che fino ad oggi aveva concepito le staffette, all’opposto, come sintesi di un lavoro e di uno spirito di squadra. Così avevo capito da Ragni, Caldana, Russo, Calvesi e poi soprattutto da Vittori (con i suoi preziosi collaboratori come Castrucci, Preatoni e Donati)

L’applicazione di questa filosofia alle staffette veloci, indipendentemente dai risultati raggiunti, mi pare una follia. Abbiamo messo in campo delle staffette (sia quella femminile che quella maschile) composta da atleti che non avevano mai corso una staffetta insieme e che forse si sono conosciuti al momento di salire sull’aereo per Mosca. Ma cosa avrebbero potuto fare. E delle fotocellule di Vittori e Donati cosa ne facciamo ora? Inutile commentare le loro prestazioni: 16ª nella gara e 32ª di tutti i tempi quella femminile, con la Svizzera che ci surclassa; quella maschile, improvvisata, ma non male con il 10° tempo, battuta dalla Spagna, ma con una prestazione che è l’8° crono di sempre. Continuiamo l’autogestione?

Le staffette del miglio non erano, per fortuna, autogestite. Ma queste sono gare che bisogna sapere correre e solo tecnici con esperienza possono spiegare, prima della gara, ai propri atleti come si corrono. Il sottoscritto non può dimenticare che nel 1991, nella tribuna dello Stadio di Tokyo, durante i Mondiali, in un clima infernale e senza atmosfera adatta, facevamo nell’ultima giornata, delle scommesse divertenti. La cosa si era talmente allargata per il chiasso ed il divertimento che al momento della 4x400 si aggiunsero al folto gruppo, che confinava con la tribuna imperiale dove sedevano i super VIP, il Ministro dello Sport spagnolo Gomez Navarro e niente di meno che il Presidente del CIO Juan Antonio Samaranch. La posta era di 5 dollari: tutti scommisero sugli USA, io invece sulla Gran Bretagna.

Vinsi io perché a sorpresa la Gran Bretagna si impose con una indimenticabile ultima frazione di John Akabusi, di modo che intascai circa 75 dollari. Su quel podio salirono 12 atleti: undici di colore ed un bianco (Roger Black).Ma quelli che avevano scommesso non sapevano che, pur non barando, io ero stato avvantaggiato perché alcuni anni prima, grazie alla fraterna amicizia con Alan Pascoe, avevo incontrato John Le Masurier. Si trattava dell’allenatore responsabile in nazionale dei 400 e 400 ostacoli. Inutile citare gli atleti che lui in 40 anni aveva consigliato e taluni allenato direttamente.

Lui mi spiegò il segreto perché le loro staffette del miglio erano sempre combattive e famose, rendendo sempre più del valore individuale dei singoli. Lui aveva tre regole:

1)  
Gli atleti che scendevano in campo, sia per una qualificazione che una finale, dovevano conoscere bene l’obbiettivo e, soprattutto, quale era la squadra da battere.
2)  Ognuno doveva conoscere l’avversario/i contro cui avrebbe corso, se era più forte di lui, come lui o più debole, in modo di sapersi regolare
3)  Ad ogni cambio, se alla pari con l’avversario, lasciarlo andare avanti, seguirlo e superarlo solo in rettilineo, mai in curva.

Non parlo della nostra 4x400 maschile che con 3’03”88 ha conseguito il 15° tempo delle batterie ed il 32° di tutti i tempi (!), ma della 4x400 femminile. Ho visto la finale tre volte dalla registrazione. Le nostre atlete non hanno seguito alcuno dei consiglio di John Le Masurier, anzi hanno fatto l’opposto ed è finita come sappiamo. Un peccato perché potevano essere addirittura quinte. E sappiamo tutti che nell’atletica avere una forte 4x400 significa aver un buon movimento (nel nuoto vale la stessa cosa per la 4x200 SL).

Ma dei nostri tecnici chi sarebbe stato in grado di apprendere gli insegnamenti di John Le Masurier o di qualcuno dei suoi discendenti ? Bisognerebbe conoscere almeno l’inglese …

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