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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Calcio / Il nuovo campionato e la legge sugli stadi

Lunedì 20 agosto 2012

Il campionato di calcio 2012-13 inizierà sabato 25 agosto con due anticipi: Fiorentina-Udinese (ore 18,00) e Juventus-Parma (ore 20,45). Chiuse le Olimpiadi e spente le 204 fiaccole, la parola torna al pianeta calcio e alle sue orge televisive. Un modo come un altro per ribadire che le vacanze sono finite per tutti. Ma poche altre volte il campionato – rito nazionale che si celebra da tre secoli – si è presentato con tante incognite. Che il calcio sia da tempo sull’orlo del baratro, lo ripetono in tanti. Quale sia la cura per trarlo dalle secche in cui l’hanno cacciato la dissennatezza e l’improvvisazione dei suoi dirigenti, non l’azzarda nessuno. Vediamoli un po’ questi mali: innanzi tutto i debiti, una esposizione mostruosa che per la sola Serie A le stima fanno ammontare a 2,6 miliardi di euro. Con club di vecchia data che falliscono come norcinerie: nella sola LegaPro, la vecchia Serie C, le società si sono ridotte da 128 a 69. Sempre che a nessun’altra tocchi portare i libri in tribunale.

Poi i dissidi al vertice, i tormentati rapporti tra Federazione (controllata dal CONI) e Lega calcio, i club contro la Federazione (cui la Juventus ha chiesto 400 milioni di danni). Sullo sfondo la cappa grigia della corruzione, le partite offerte e vendute, le scommesse a perdere, i processi aperti e mai chiusi. L’ombra del sospetto che avvelena ogni incontro. E da questo punto di vita la stagione è iniziata fin troppo bene con la Supercoppa giocata in Cina che la Juventus ha vinto sul Napoli, coi partenopei che hanno disertato la premiazione in polemica per l’arbitraggio. Infine lo strapotere delle TV, le sole ad avere realmente in mano il boccino, con una lotta all’ultima offerta tra le piattaforme a pagamento Sky e Mediaset, i cui proventi reggono in piedi tutta la baracca. Tramite profumati diritti che i club sperperano per lo più in monte-stipendi. In barba al ventilato fair-play finanziario ventilato (minacciato?) dall’UEFA.

Malgrado il calcio lo segua un italiano su quattro e le vicende del campionato riscuotano l’interesse di 32 milioni di cittadini, gli stadi sono sempre meno pieni, mentre anche gli abbonati – i fedelissimi del campo – sono in fase di stanca, preferendo rifugiarsi nel confortevole salotto di casa. E qui si innesta un nuovo tormentone, quello degli stadi di proprietà. I nostri sono impianti vecchi, per lo più costruiti negli anni Trenta del secolo scorso, con una infelice iniezione di modernità in occasione di Italia ’90, il mondiale degli sperperi. Stadi, quest’ultimi, per lo più già abbandonati o da ristrutturare.

Tanto sentito il problema da parte dei nostri parlamentari che da tre anni è in discussione una legge per rinnovare l’intero parco stadi, ma senza neppure un euro di denaro pubblico, si precisa da parte dei promotori. I soldi li metterebbero i club e i costruttori in cambio di alcune concessioni da parte dei Comuni, che stanno sollevando molte perplessità. Tra le altre quelle di Legambiente che lo scorso 25 luglio - in unione con l'Istituto Nazionale di Urbanistica e l'Ordine degli Architetti - ha presentato un dossier dal titolo molto esplicito: "Non chiamatela legge sugli stadi".

Secondo quanto si legge nell’art. 4 della legge (dal titolo “Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi anche a sostegno della candidatura dell’Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo e internazionale”) approvata il 12 luglio dalla Commissione cultura della Camera: “Il progetto per la realizzazione di complessi multifunzionali può prevedere ambiti (?) da destinare ad attività residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali”. Il ché, in parole povere, vuol dire case d’abitazione, alberghi, uffici e supermarket. La giusta cura per la salvaguardia dei vivai e il riordino dei bilanci.

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