Azzurra
© www.sportolimpico.it / Biografie“Azzurra” [1983]
Vela
(gfc) Non sono poche le ragazze italiane nate nel 1983 che si chiamano “Azzurra”. In quei giorni d’estate, mentre gli italiani erano in vacanza, si scatenò un insolito entusiasmo collettivo per le sorti della prima imbarcazione italiana impegnata nella sfida all’“America’s Cup”, nell’indimenticabile edizione che vide tramontare l’imbattibilità americana. La frase da rivolgere al vicino di ombrellone, per chi arrivava tardi al mare, era sempre la stessa: “Che ha fatto stanotte Azzurra?”
La “America’s Cup” costituisce ancora oggi l’evento sportivo (ma, soprattutto, economico e industriale) più antico della vela. Un fascino immutato che risale al 1851, anno nel quale la goletta “America” andò a vincere in Inghilterra la Coppa delle Cento Ghinee. Gli italiani vi fecero la loro prima apparizione proprio nel 1983 con “Azzurra”, un 12 metri disegnato dall’architetto Andrea Vallicelli. Fin dal primo momento, per una serie di circostanze che resta difficile spiegare razionalmente, l’avventura venne seguita con simpatia e crescente entusiasmo da tutto il Paese. Durante le semifinali di Newport, nel corso delle quali lo scafo italiano sfiorò l’impresa impossibile di qualificarsi per la finalissima, si scatenò in Patria un tripudio senza precedenti per la vela. Che trovava i suoi precedenti solo nel calcio.
Il sogno della sfida al defender americano (il regolamento prevede ancora oggi una serie di regate per selezionare la barca designata a sfidare lo scafo detentore del trofeo) era stato ipotizzato in Italia già nel 1962 da Gianni Agnelli e dall’allora presidente della Federazione Vela, Beppe Croce. Un tentativo rimasto in bozza come quello avviato in seguito da Vasco Donnini nel 1970. L’idea vincente l’ebbe Mario Violati, allora presidente della Sangemini, grande appassionato di vela d’altura, progettista e skipper per diporto. Violati la mise a punto fino ad acquistare negli Stati Uniti, assieme a Pasquale Landolfi, “Enterprise”, un 12 metri destinato a fare da “lepre” e da allenatore per lo sfidante italiano. Il suo entusiasmo costribuì a far crescere l’interesse attorno al progetto. La decisione operativa venne definitivamente varata a Milano il 13 luglio 1981 con la creazione di un triunvirato che faceva capo a Beppe Croce, Gianni Agnelli e al principe Karim, l’Aga Khan delle cronache mondane. In quella riunione fu presa la storica decisione di lanciare la sfida: lo fece lo “Yacht Club Costa Smeralda” con il supporto di un Consorzio di 18 grandi industrie nazionali. Al Salone di Genova, in ottobre, fu presentato il progetto di “Azzurra” (come venne chiamata con felice intuito la nuova barca), varata nei cantieri di Pesaro il 20 luglio 1982 su disegno del giovane architetto romano Vallicelli.
In quello stesso periodo, a Porto Cervo e a bordo dell’“Enterprise”, venne selezionato l’equipaggio: ventisette uomini con un’età media appena inferiore a trent’anni. Tra i nomi più illustri quelli dei velisti olimpici Flavio Scala e il timoniere Mauro Pellascher, Stefano Roberti e Tiziano Nava. Come skipper la scelta cadde sul quarantottenne forlivese Cino Ricci, un uomo di grande carisma, capace di diffondere saggezza ed esperienza. In barca l’equipaggio era formato da 11 uomini. Gli allenamenti finali tra “Azzurra” e “Enterprise” si svolsero in aprile sul mare di Formia.
Ed eccoci infine alla sfida vera e propria. A Newport, nel giugno 1983, in una serie di memorabili match-races “Azzurra” si piazzò al quarto posto nel primo girone eliminatorio con 5 vittorie e 7 sconfitte. Si classificò ancora quarta nel secondo girone, a luglio, dietro “Australia II”, “Challenge 12” e “Victory”. Nel terzo girone di qualifica fu terza con 9 vittorie e 7 sconfitte, guadagnando il 3 agosto le semifinali con una vittoria sugli australiani di “Challenge 12”. Sulle 9 regate di semifinale la barca italiana ne vinse 4, chiudendo al terzo posto e mancando per un soffio l’accesso alla finale a due per la designazione dello sfidante. Su 49 regate disputate “Azzurra” ne aveva vinte 25: un grande successo, del tutto insperato alla vigilia. Nella finalissima “Australia II”, sfidante dalla chiglia misteriosa, strappò per la prima volta la Coppa agli americani. Lo skipper dello sconfitto defender “Liberty”, Dennis Conner, aveva raccontato la sua precedente vittoria nel 1980 in un libro dal titolo profetico “No excuse to lose”.
(revisione: 18 Febbraio 2012)
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