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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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Locatelli

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Anacleto Locatelli [1906-1961]

Pugilato                                                    



 locatelli

           








   














(gfc)
“A parere di Steve Klaus, l’italiano più talentato sul ring fu Anacleto Locatelli, bellinzonese di nascita, milanese di adozione e sfortunato campione internazionale. Locatelli affrontò tutti i grandi, dai leggeri ai medi, in un arco di diciotto anni di ring, pochissimo protetto. Gli italiani d’America lo amarono molto, come i francesi, ed il ricordo di questo campione è ancora vivo. Era un sognatore introverso e timido, gentile ed incapace di chiedere. Fu solo campione d’Europa nei leggeri, ma il suo valore merita un posto fra gli indimenticabili”. Queste frasi sono riportate nella storia del pugilato di “Rocky” Giuliano e non ce ne sono di più esatte.

“Cletò”, come l’avevano ribattezzato i francesi, incapace di chiedere lo era davvero, tanto che chiuse i suoi giorni da barbone, sotto i ponti della Senna: quando lo riconobbero era già tardi. Eppure la sua carriera era stata tra le più entusiasmanti della boxe europea e ne aveva fatto uno dei re di quella Parigi dorata che, negli anni Trenta, contendeva a New York l’etichetta di mecca del pugilato. Era un personaggio che le cronache mondane toglievano a quelle sportive, per anni il suo nome costituì la ghiotta attrazione del Vélodrome d’Hiver, quasi quanto Josephin Baker, Maurice Chevalier, Mistinguette, lo erano per le Folies Bergères, il Casino, il Moulin Rouge.

Sul ring Locatelli non temeva nessuno Si battè con Canzonieri e Kid Berg, con Tony Herrera e Benny Bass, con George Kinsella e Eddie Zivic, con Eddie Cool e, persino, con Marcel Cerdan, l’idolo di Francia la cui tempestosa relazione con Edith Piaf riempiva pagine e pagine. Coraggio, intelligenza, tecnica raffinata, orgoglio, velocità e tantissima classe furono le sue armi vincenti. Parigi, Londra, Berlino, Rotterdam, Marsiglia, Roma le piazze dei suoi trionfi.

A poco più di venticinque anni Locatelli poteva dirsi un uomo ricco, possedeva una casa da sogno, gestiva un bar alla moda che aveva voluto, gustosamente, chiamare “Chez Cletò”, si diceva con un po' d'invidia che la sua Isotta Fraschini avesse le maniglie d’oro massiccio …  Tanta strada a suon di pugni per uno sconosciuto arrivato a Parigi all’inizio del 1930, senza soldi e neppure lo straccio di un titolo italiano. Invece la sua ascesa fu rapidissima. Qualche anno più tardi, nel pomeriggio del 22 ottobre 1933, sul ring allestito tra i pini di Piazza di Siena, la sua boxe elegante accese d’entusiasmo i 60.000 romani che lo videro strappare al belga François Sybille la corona europea dei leggeri.

Al colmo della notorietà non volle sottrarsi al suadente richiamo dell’America, dei suoi dollari e dei suoi incontri manipolati. Il 15 dicembre di quello stesso 1933, in un Madison stracolmo, affrontò nella sua tana Tony Canzonieri, già campione del mondo dei leggeri, ritenuto all’epoca il più completo pugile della categoria. Non c’era titolo mondiale in palio, ma il match è passato egualmente agli annali, oltre che per la sua straordinaria veemenza, per lo scandaloso verdetto che condannò alla sconfitta l’italiano. Locatelli aveva dominato Canzonieri nell’intero arco dei 10 round, tenendolo a bada con il suo jab di sinistro, la sua mobilità, la sua potenza: per questo la decisione dei giudici sollevò l’indignazione della folla, tutta dalla parte dell’italiano.

Fu, probabilmente, quello il più bell’incontro della carriera di Locatelli che, da neofita, aveva conquistato il difficile pubblico d’oltreoceano. La rivincita, organizzata in gran fretta sullo stesso ring per il successivo 2 febbraio, fu un altro scandalo. Dopo che l’arbitro ebbe decretato il pareggio, un giudice mutò parere e la vittoria andò ancora all’americano …

Alla vigilia della guerra Locatelli rientrò in Italia. Era ormai al tramonto, non soltanto sportivo, un “vecchio” svuotato da più di 200 combattimenti. Innamorato della struggente malinconia di Parigi e delle sue notti, vi cercò rifugio, ma ormai tutto era cambiato, i riflettori s’erano spenti per sempre. Cercò di reagire. Improvvisò qualche lavoro, per un po’ fece il tipografo, poi si lasciò andare fino a che i fantasmi dei ricordi finirono col sommergerlo.

Quando, nell’ottobre 1961, si spense in completa solitudine all’ospedale di Creteil, “Cletò” non aveva ancora 55 anni. Era nato il 10 maggio 1906, lo stesso anno di Carnera.

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(revisione: 17 Marzo 2014)

 

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