- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Piste&Pedane / (7) Un tragico mercoledi' di rimpianti

PDFPrintE-mail

Giovedì 8 Agosto 2024

 

molinarolo-go 


Pareva fosse un regia maligna a condizionare ieri le prestazione dei nostri. Un pomeriggio da dimenticare al più presto ma che pure qualcosa dovrebbe aver insegnato. Ricordate la ruvida e solida filosofia di Trapattoni?

Daniele Perboni

Dove eravamo rimasti? Al mantra ripetutoci dieci, cento, mille volte: abbiamo la squadra più forte di sempre? Ma dai! Ma è proprio vero? Continuavano, e continuano, a ripetersi. Abbiamo vinto tutto il possibile e l’immaginabile, rimpallavano esaltati alcuni fra i massimi esponenti dell’atletismo casereccio. Andiamo a Parigi e faremo faville. I nostri atleti sapranno esaltarsi come non mai.

Medaglie? Sette, otto, nove, dieci (oh, fermati, frena, lascia perdere, è pericoloso andare oltre), dimenticando dei continui avvisi di un certo signore che, nonostante tutto, è sempre stato con i piedi ben piantati su pista, pedane e asfalto. Ricordate la celebre frase “Parigi sarà tutto un altro sport”?

Niente. Imperterriti si è preferito chiudere gli occhi. È bello e confortante essere sognatori. Molto più triste e doloroso risvegliarsi dopo lo schianto contro il muro della realtà. I cancelli dell’Eden non sono ancora stati chiusi, potremmo ancora infilarci in qualche pertugio lasciato imprudentemente aperto e raccogliere qualche succoso frutto. Per ora rimasto quasi proibito (il frutto).

I presupposti per fare bene c’erano tutti, ora è facile fare le cassandre. Ribattono gli ottimisti a oltranza. Attenzione. Semplicemente bastava essere realisti, leggere dati, statistiche, liste stagionali, dare un’occhiata alle tv. Saper guardare con gli occhi della realtà oggettiva e non con quelli della mera propaganda. 

Così eccoci al termine del settimo giorno di gare, guardare nello specchietto retrovisore e accorgerci che no, non siamo proprio quell’invincibile armata che poteva far tremare il mondo. Piano piano, zitte, zitte, altre nazioni hanno messo in campo truppe sufficienti per frantumare la forze del novello re di Francia Stefano Mei II. Il primo ha viaggiato sulle ali dell’entusiasmo di un gruppo favoloso, bellissimo, giovane approntato magistralmente da altri. Ma resta sempre quel motto (Parigi sarà… fuffff, quant’è fastidioso quello lì) a farci da monito.

Si può replicare che la sfortuna ha colpito duro, più e più volte: quella bottiglietta bastarda sotto i piedi di Stano; il Covid maligno risvegliatosi accanto alla Palmisano; il calcolo renale (che sia maledetto per sempre) del capitano; i due anni di problemi che hanno colpito malignamente Jacobs (rinato da gran talento come forse nessuno avrebbe immaginato, noi per primi); i fragili muscoli che madre natura ha dato a un talento vero come Sibilio; l’ostacolo incocciato da Simonelli quando era sicuro vincitore (ma gli ostacoli nei 110 sono lì da sempre…); il peso eccessivamente pesante e scivoloso…; l’esclusione di tanti altri celebrati consumati attori capaci di uscire con dignità da situazioni difficili (vedi triplisti e martelliste…); il doppio picco di forma nell’arco di una cinquantina di giorni che non tutti sono stati capaci di rinnovare. Insomma la sorte maligna ci ha dato un forte incoraggiamento per spingerci sull’orlo di una crisi di nervi. Non resta che aggrapparsi alla guerriera Molinarolo e al sesto posto che non t'aspetti.

Mercoledì 7 agosto resterà, forse, il giorno più tragico di questa spedizione olimpica. Un mercoledì paragonabile al famoso mercoledì del 1992, quando lira e sterlina subirono una devastante svalutazione. Peccato che qui, ora, l’Italia dei sogni infranti sia rimasta sola a piangersi addosso, a leccarsi le ferite e a far di conto. Una sola medaglia, di bronzo, tanti eliminati illustri, su cui svetta l’immenso capitan Tamberi, autore di un 2.24 che alla luce delle condizioni fisiche non certo ottimali, anzi, drammatiche, potrebbe esser paragonato a un record mondiale. Provino lor signori a saltabeccare da una pedana a un materasso con in mezzo una stramaledetta asticella. Una prova da non augurare a nessuno. A fargli compagnia un altro azzurro, quello Stefano Sottile da molti elevato a gran talento inespresso. Lasciateci, a tal proposito esprimere i nostri forti dubbi. Il ragazzo, che più non è, ha ottenuto l’identica misura del capitano. Un’unica differenza li separa: uno è reduce da una colica renale, l’altro perfettamente sano. 

Ma non tutto è perduto. Qualcosa su cui posare gli occhi ancora rimane: la tigre Larissa, degna erede della madre Fiona May; il triplista Diaz, purtroppo apparso quasi l’ombra della cavalletta che dominava in lungo e in largo; le staffette veloci (una medaglia con i vari Jacobs, Desalu, Tortu e Melluzzo?) potrebbe anche arrivare; il cuore immenso di Crippa nella Maratona. E poi? I veri conti si faranno alla fine. Qualcuno, nel frattempo si sta già rifugiando nella classifica a punti. Tanti finalisti, tot. Punti. Ma il medagliere non lo prevede, ha altre priorità. 

 

 

Cerca