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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Pensieri in barca / Nascondete questa storia ai bambini

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Sabato 3 Agosto 2024

 

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“Sono mille i parametri che determinano una superiorità sportiva: è lecito avere 40 pulsazioni, quando la maggior parte ne ha 15 o 20 di più? I keniani possono crescere in altura, o devono scendere al piano per non umiliare gli avversari?”

Gianluca Barca

Dio, patria e famiglia. Alle destre del mondo le Olimpiadi piacciono solo quando sventolano le bandiere nazionali e suonano gli inni con gli atleti che mettono la mano sul cuore. Con duecento paesi partecipanti ai Giochi, di religioni ce ne sono un po’ troppe per poter chiamare in causa dio, ciascuno il suo.

Quanto alla famiglia deve essere quella tradizionale, in cui gli uomini sono uomini, le donne donne e i figli hanno un padre e una madre, altro che genitore 1 e genitore 2. Ma le differenze tra i sessi sono un po’ meno chiare di come ce le spiegavano da bambini. Giochi proibiti.


Stanisława Walasiewicz, per esempio, detta Stella Walsh: vinse i 100 metri alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1932. Morì nel 1980 a Cleveland, negli USA, vittima casuale di una sparatoria nel mezzo della quale si trovò durante una rapina. Su tavolo dell’autopsia scoprirono che era un uomo, o quasi.

Erika Schinegger, campionessa del mondo di discesa libera, ai Mondiali del 1966 di sci alpino: qualche anno dopo divenne Erik, si sposò ed ebbe una figlia. Ha pubblicato una autobiografia dal titolo “La mia vittoria su me stesso: l'uomo che diventò campionessa del mondo”.

E poi Bruce Jenner, oggi Caitlyn, medaglia d’oro nel decathlon a Montreal nel 1976. Ce ne sarebbe tanti altri e altre ancora.

Un territorio grigio, dai contorni confusi, sul quale si è abbattuta la scure della destra di governo in Italia. Che cerca nel colore della pelle le radici dell’italianità, figuriamoci se può accettare che nella definizione di genere ci sia qualcosa di poco chiaro.

E se la Russia, come sospetta qualcuno, si diverte a irridere i Giochi, espressione tra le massime della decadenza occidentale (i russi sono stati esclusi dalle ultime due edizioni ... doping e invasione dell’Ucraina – ovvero lo sport come continuazione della politica con altri mezzi), c’è subito chi si accoda per ribadire che la realtà non conosce mezze misure: il bagno delle donne non ammette intrusioni. Lo dicono anche al bar.

E così Angela Carini diventa vittima e strumento (inconsapevole?) di una nuova battaglia dei sessi, che non è la sfida di tennis tra Bobby Riggs e Billie Jean King, ma una storia molto più complicata: testosterone (chi era costui...?), cromosomi, apparenze e colpi duri.

Imane Khelif è donna o uomo? Per il Comitato Olimpico è donna, lo era anche a Tokyo, nel 2021, quando si classificò quinta, battuta dall’irlandese Kellie Harrington nei quarti di finale.

E lo era anche ai Giochi del Mediterraneo del 2022 quando superò in finale Assunta Canfora, della cui sconfitta ventiquattro mesi fa non parlò nessuno, non fece scalpore.

Insomma Imane Khelif è un caso un po’ speciale, come lo era Caster Semenya: testosterone sopra la media, ma nessun altro carattere maschile, come una certa propaganda ha voluto raccontare. Non è una transgender, non è una donna nata uomo. Lo ha ribadito il presidente del CIO a Giorgia Meloni: “è una donna, è algerina ... ci vediamo a Cortina …”.

Sull’altro fronte c’è l’International Boxing Association, il cui presidente russo – Umar Kremlev –, ha tuonato: “I Giochi di Parigi rappresentano una sodomia, sono la distruzione dei valori tradizionali in tutto il mondo”. E allora premio speciale per la Carini, 50 mila dollari, come se avesse vinto l’oro, 25.mila alla sua federazione e altri 25.mila all’allenatore. Ma sì abbondiamo, che dicono che siamo provinciali, che siamo tirati ...

Sono mille i parametri che determinano una superiorità sportiva: è lecito avere quaranta pulsazioni, quando la maggior parte degli individui ne ha 15 o 20 di più?

I keniani possono crescere in altura, o devono scendere al piano per non umiliare sulle distanze lunghe gli avversari?

C’è chi respira il monossido di carbonio per migliorare la capacità polmonare e chi è benedetto da una diversa qualità delle fibre muscolari.

Dicono: ma qui c’è in ballo l’incolumità di un’avversaria. Un uomo contro una donna può far male.

Bene, fino a oggi nessuno era sceso dal ring massacrato dai colpi della Khelif. Alla Carini ne è bastato uno (uno!) per dire che così non si poteva fare.

La politica l’ha presa per mano, ne ha fatto una bandiera. E lei, confusa, ha detto che quei pugni facevano troppo male, dimenticando forse di aver scelto una disciplina brutale.

George Foreman, in palestra sfondava il sacco con i suoi colpi micidiali. E per Alì, prima del match di Kinshasa, avevano programmato addirittura una camera di ospedale. Su questa storia avrebbe inventato una rima irridente delle sue: “Khelif contro Carini, / nascondete questa storia ai bambini, / Imane ha l’imene / ma qualcuno lo scambia per un pene”.

 

 

 

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