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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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I sentieri di Cimbricus / Colorato di nero, come lo sport

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Martedì 28 Marzo 2023

 

black running 


In Africa la corsa era il senso della vita, e così è diventato il modo per campare faticando. In pista, bene o male, riuscivano a entrarci anche novant’anni fa. Non era facile, ma riuscivano egualmente a conquistarsi un posto.

Giorgio Cimbrico 

“Paint it black”, dipingilo di nero, cantava cinquant’anni fa Mick Jagger. Se c’è lo sport di mezzo, non è il caso. E’ già nero di suo. I suprematisti bianchi che si fanno tatuare la svastica – nipotini e nipotastri degli incappucciati esperti in linciaggio – devono rassegnarsi, se ne sono capaci. L’altra sera, Parco dei Principi, Francia-Olanda: gli olandesi sono abbastanza neri, i francesi di più, otto in campo, tanti in panchina. Ci sono anche i due figli di Lilian Thuram che qualche anno fa ha scritto “Le stelle nere”. Scrittori, poeti, musicisti, campioni. Uomini e donne. 

Riflessioni così, prima di prender la penna e buttar giù, in cinque minuti, un elenco di nomi che hanno lasciato segni molto profondi, indelebili. Storici, mitici e leggendari sono aggettivi troppo usati, stucchevoli. 

Eccoli, senza ordine cronologico o alfabetico, così come sono affiorati: Jack Johnson, Alì, Joe Louis, Bolt, Pelè, Owens, Tommie Smith, Beamon, Hayes, Moses, Tiger Woods (due etnie, nessuna delle due bianca o caucasica, per usare l’etichetta d’obbligo), Venus e Serena Williams, Akii Bua, Keino, Kipchoge, Bikila, Florence Griffith, Wyomia Tyus, Carl Lewis, Michael Johnson, Kareem, Michael Jordan, Lebron, Rudisha, Shelly Ann Fraser, Elaine Thompson.

Ne mancano molti e molte – Althea Gibson e Arthur Ashe, ad esempio – ma sono già abbastanza per riflettere. Noi ne abbiamo altrettanti da metter sull’altro piatto della bilancia?  

Dove hanno avuto la possibilità hanno offerto il meglio. La NBA è nera, perché anche nel peggiore dei ghetti c’è un playground, magari con l’asfalto sdrucito e senza retine. I tempi degli Harlem Globetrotters, vissuti da noi bianchi come simpatici giullari, sono finiti. 

Piscine, niente. Quando sono riusciti a entrarci, sono arrivati Nesty e Metella, e quando sono riusciti a metter le mani su un giavellotto un kenyano e due caribici (e ora anche un indiano) lo hanno spedito molto lontano. Non è più un mondo per soli baltici. 

In Africa la corsa era il senso della vita, dello spostamento e così è diventato il modo per campare faticando, spesso per campare bene. In pista, bene o male, riuscivano a entrarci anche novant’anni fa. Non avevano vita facile – chiedere al fantasma del vecchio Jesse – ma riuscivano a conquistarsi un posto. Finita quella parentesi, affari loro. Per avere un nero nel baseball dei professionisti, necessario arrivare al secondo dopoguerra, con Jackie Robinson. Nel football, più o meno negli stessi anni, con Woody Strode, il gladiatore etiope in “Spartacus”. 

Quasi trent’anni di professionismo e un nuovo respiro di uguaglianza hanno fatto cadere le barriere che il rugby – dalle origini borghesi e aristocratiche e governato da un dilettantismo bacchettone e, in un paese a lungo bandito, dalla più cupa intolleranza – aveva eretto. Ora Francia (gran lavoro nelle periferie) e Inghilterra hanno larghe chiazze nere e il Sudafrica, nato dalla visione di Mandela, è alimentato da nuove realtà, da meriti conquistati sul campo. Non è più questione di “quote nere” dettate dal governo. 

Prima, il rugby aveva già una sua dimensione scura, non africana, non afro-americana, non frutto dell’emigrazione in Europa. Era ed è quella dei magnifici, spericolati, disinvolti guerrieri degli arcipelaghi del Pacifico che il rugby hanno ricevuto come dono da mercanti, da missionari, da marinai di passaggio. Come il calcio sbarcato 130 anni or sono a Genova, come il cricket diffuso in tutte le isole nella corrente, sparse tra Bahamas, Giamaica e Trinidad, e tra i due miliardi abbondanti che abitano il subcontinente indiano.   

 

 

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