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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Fuorisacco / Mi-Co '26: speriamo ci assista Santa Giulia

Sabato 25 Marzo 2023


milano-26 

Storie della settimana. Da un focus sulla tribolata vicenda di Milano-Cortina ’26, i cui ritardi si vanno accumulando pericolosamente, all’ultima archiviazione del caso Schwazer (“non ci fu alcun complotto”). Quanto alla Coppa Europa, …

Gianfranco Colasante

Dopo un faticoso e complesso accordo siglato lo scorso 22 Marzo tra il gruppo Risanamento (dal 2010 proprietario dell’area), alcune banche (in primis Intesa-San Paolo, al 49% azionista dello stesso Risanamento) e soprattutto uno “sviluppatore” australiano (Lendlease, potente multinazionale di base a Barangaroo, Sydney), pare che il ventilato progetto Santa Giulia – immaginato in vista di Milano-Cortina 2026 – abbia imboccato la dirittura finale, ma con quale tempistica non è dato sapere. O almeno questo è quanto riferisce l’edizione on-line del Corriere della Sera sotto la rubrica “Economia”.

Una volta a regime, nell’area interessata – come dire nel quadrante sud est della terza città più inquinata del pianeta (ad ogni metro quadro di verde, a Milano corrispondono tre di cemento) – dovrebbe (uso volutamente il condizionale, …) essere realizzato un palazzetto dello sport da 16.000 posti per il torneo di Hockey ghiaccio e, soprattutto, costruiti “385.mila mq in gran parte a destinazione residenziale”. Altra gigantesca colata di cemento. Non male per una città – che il sindaco Giuseppe Sala vorrebbe imporre ai suoi inferociti cittadini come la bella copia di Amsterdam – che, in tema di inquinamento, in due anni non è riuscita a trovare un’area per piantumare i 276.mila alberi finanziati in toto dall’UE.

La notizia si sovrappone ad un’altra: l’approvazione nelle stesse ore da parte del CdA della Fondazione Mi-Co – presieduta da Giovanni Malagò – del piano finanziario per i Giochi adeguandolo a più o meno 1,5 miliardi di euro. Detto che sui misteriosi conti olimpici si potranno avere dati certi solo negli anni a venire, si possono fare valutazioni diverse. La prima delle quali riguarda la faciloneria con la quale – pur con i nostri sconquassati conti pubblici – si è voluta avanzare una candidatura (dopo quella di Torino 2006 sulle cui spese ancora indaga la Corte dei Conti regionale) basata non su un progetto ragionato e rigoroso, ma su generiche locuzioni qualunquiste del tipo “Olimpiadi a costo zero”, “sogno di una generazione”, “ritorni aggiunti”, “creazioni di migliaia di posti di lavoro”. Anche se per ora i soli posti “creati” costituiscono l’affollata macchina organizzativa affidata da pochi mesi ad un nuovo AD, Andrea Varnier.

Faciloneria, ed altro, dalla quale non è esente neppure il CIO di Thomas Bach che si è lasciato convincere a preferire l’Italia (assegnandole gli Invernali per la terza volta) ai danni della Svezia – 47 a 34 fu l’inatteso risultato finale – che non li ha mai avuti e che pure ha “inventato” gli sport del ghiaccio e della neve. Ma che soprattutto, nei confronti degli impegni e delle spese pubbliche, segue e persegue una rigida cultura calvinista. Sarà forse proprio questo il suo limite. Di concerto, chissà se Bach avrà mai valutato come sia molto più agevole, e breve, recarsi da Milano alla casa del CIO di Losanna piuttosto che – con l’attuale viabilità, su strada e su ferro – raggiungere Cortina. Con gli appalti ANAS che tra progettazione e realizzazione richiedono mediamente dai 10 ai 15 anni.

Il tutto, per dirne una, mentre i responsabili – la Fondazione? il Comitato Organizzatore? le due Regioni? le diverse città coinvolte? – non hanno ancora sciolto il rebus su dove far svolgere le gare di Pattinaggio (senza escludere un mortificante ritorno all’Oval di Torino …), pur dopo aver tenuto duro sul rifacimento della pista Monti a Cortina: cifra di partenza per gli incolpevoli contribuenti fissata a 85 milioni. Vedremo all’arrivo.

In sintesi, tutto ancora affidato alle intenzioni e segnatamente al “sogno”. Quelli antipatici e disfattisti che hanno colpevolmente memoria ricordano che l’assegnazione dei XXV Giochi Invernali a Milano-Cortina (dopo il fallimento del ticket Milano-Torino, presidente della Lombardia era ancora il compianto Roberto Maroni) data dal 24 Giugno 2019. La foto di gruppo mostra lo sfrenato giubilo di quel giorno, dove appare anche l’attuale ministro delle finanze Giancarlo Giorgetti (alla cui porta oggi bussano in molti). Sono trascorsi quasi quattro anni, ma siamo ancora ai progetti. Ciò detto, continuiamo pure a sognare, …


IL COMPLOTTO CHE NON T’ASPETTI

A darne notizia per primo è stato il quotidiano in lingua tedesca Tageszeitung sotto un titolo lapidario: “Komplott in Archive” (24 Marzo 2023). In soldoni, la Procura di Bolzano – nella fattispecie il PM Igor Secco – era chiamata a pronunciarsi su due aspetti della vicenda, sui quali il GIP Walter Pelino – lo stesso che aveva archiviato l’indagine a carico di Alex Schwazer – aveva chiesto un supplemento di indagini: la manomissione delle provette di urine del marciatore e la produzione di prove false da parte dei soggetti internazionali, WADA ed ex-IAAF. Ora si apprende che il giudice Secco ha stabilito che “non ci fossero gli estremi per procedere”, archiviando i due nuovi filoni. Fine? L’esperienza consiglierebbe prudenza.

Ma allo stato dell’arte, pare così posta (finalmente verrebbe da dire, …) una pietra tombale sulla questione doping che – per oltre un decennio – ha visto sotto i riflettori il marciatore Alex Schwazer. Tra le peggiori vicende, se non proprio la peggiore, che nello sport ha segnato questo secolo (calcio a parte, of course). Con schieramenti ferocemente contrapposti tra innocentisti (per la verità in schiacciante maggioranza, compresi i vertici dello sport nazionale imprudentemente a favore, e i più diffusi organi di informazione: partito molto variegato al quale, tra gli ultimi, s’era iscritta perfino la scrittrice Susanna Tamaro, tanto per fare un nome a caso) e convinti colpevolisti.

Uno scontro costruito più sui media che sull’opinione pubblica, un gigantesco tricacarne giudiziario nel quale sono rimasti incolpevolmente incastrati tre professionisti, accusati semplicemente di aver fatto bene il loro lavoro, e che nessuno mai risarcirà delle angosce e delle tensioni con cui hanno dovuto convivere per anni. Per tacere delle importanti somme di denaro che è costata loro la difesa nelle aule del tribunale di Bolzano. Ed a proposito di denaro, chissà quanto è ulteriormente costato al contribuente questo nuovo lungo supplemento di indagini.

L’ultima spiaggia a favore di Schwazer e di chi ne affiancava le sorti in giudizio, era quella di un “complotto” –, con WADA ed ex-IAAF chiamate sul banco degli imputati –, al quale in molti credevano o facevano finta di credere. Ora tutto questo appartiene a un fumoso passato da mandare (forse) in archivio. Resta la sgradevole sensazione che non tutto sia stato chiarito – in un pirandelliano gioco delle parti – e che, soprattutto, nessuno chiederà scusa a chi ne è stato travolto, a scapito di serenità, qualità di vita e tanti tanti quattrini.

Cosa si può aggiungere? Difficile, se non inutile, ricostruire oggi la fastidiosa vicenda del reo confesso Schwazer, il quale – da campione olimpico in carica e pur indossando la divisa dell’Arma – era andato fino in Turchia per procurarsi le droghe e gli alambicchi che a suo dire gli avrebbero consentito di contrastare lo strapotere dei marciatori russi. Eravamo alla vigilia di Londra ’12. Marciatori russi che di lì a poco la ex-IAAF metteva in toto fuori da ogni competizione proprio per doping, spianando all’alto-atesino la strada di almeno altre due Olimpiadi. Come chiudere? Ricordando che non c’è tragedia senza una venatura di farsa.


RIMPIANGENDO LA COPPA DI ZAULI

(Giorgio Cimbrico) Povero Bruno Zauli, colto e innamorato inventore: la sua semplice e appassionante idea è stata stravolta, mortificata. La Coppa Europa non esiste più ed è per questo che non è il caso di farsi prendere dalla nostalgia e continuare ad applicare la vecchia etichetta. Questa non è più la Coppa Europa perché, oltre a perdere l’appassionante fase di qualificazione alla finale (chi ha una certa età ricorda quella semifinale di Sarajevo che diede all’Italia la prima promozione al turno decisivo), ha smarrito anche la fulminea immediatezza della competizione. 

A giugno, allo Staski Stadium di Chorzow, un’ammucchiata di serie C, serie B e serie A, tutte a sedici o quindici squadre. Prevista anche la presenza di una selezione dei Piccoli Stati. Il numero dei paesi in ogni girone è eloquente sullo svolgimento delle gara: due serie per i 100, 200, 400, 800, 110H, 400H, 4x100 e 4x400 mista che prende il posto delle due 4x400 classiche. 

L’Italia ha buone chances di vincere – l’ultima volta, seconda a due punti e mezzo dalla Polonia, con zero nell’alto dopo la rinuncia di Tamberi – ma, nel caso, non vincerà la Coppa Europa. Vincerà il Campionato Europeo per Nazioni. Chiamiamo le cose con il loro nome. 

Semplicemente quella Coppa Europa, dico l’invenzione di Zauli, terza manifestazione per importanza, impatto, risultati, emozioni, non esiste più. Il ricordo va a giornate memorabili: tra le tante, la scelta cade sul 4 agosto 1979, stadio comunale di Torino: record mondiale di Marita Koch e della panzerine della DDR, quelle con il martello e il compasso, record europeo di Harald Schmid, lunghi atterraggi di Lutz Dombrovski, Mennea che si improvvisa centista e batte Woronin e Wells. Brividi in un caldo pomeriggio, in uno stadio pieno di gente mentre fuori Torino sembrava lo scenario della “Donna della Domenica” di Fruttero e Lucentini. 

 

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