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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
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(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Dove porta la strada imboccata dal calcio?

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Martedì 21 Marzo 2023


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“La FIFA è diventata un centro di potere politico. Dove si “comprano” i voti dei singoli stati per far disputare i campionati del mondo in pieno inverno e con figuranti ingaggiati come spettatori per riempire gli stadi.”

Andrea Bosco

La rissosità sui campi di calcio italiani è aumentata. Storicamente è sempre stato così. Più si avvicinano le sentenze definitive per la qualificazione alle coppe e per la salvezza (quest'anno per il titolo lo straordinario Napoli di Spalletti fa corsa a parte e lo scudetto da settimane non è in dubbio) più le recriminazioni e le tensioni aumentano. La cosa ridicola è che più la tecnologia del VAR diventa sofisticata e più aumentano le polemiche. La divisione delle responsabilità tra arbitri di campo e Sala controllo di Lissone continua a creare confusione: chi decide cosa? E a chi spetta l'ultima parola?

In teoria all'arbitro di campo. Non sempre però è così. E l'ignoranza del regolamento (a dire il vero a volte con sfumature kafkiane) anche da parte degli addetti ai lavori provoca contorsioni alla Magritte. La tecnologia con la sua dimensione “liquida” non infrequentemente ci mette del suo. In Sampdoria-Verona, i veneti hanno dovuto segnare tre volte per vedersi riconoscere una marcatura. Le altre annullate per un centimetro nel famoso “fuorigioco” che snatura il calcio. Considerato che un “fuorigioco” di un metro comporta un evidente vantaggio. Ma un “fuorigioco” di un centimetro diventa cosa impalpabile ai fini di una eventuale marcatura. In ogni caso questa è la “legge”.

OPINIONI – E millanta volte si dice ed è stato detto da millanta esperti che il giudizio dell'arbitro non va “interpretato” ma accettato. Salvo poi alla prima ghiotta occasione innescare furiose canee sulla “lente che potrebbe evidenziare” o sulla “immagine presa da un tifoso con il telefonino che non era nella disponibilità del VAR”. Il tutto per mezzo punto di share in più. Nelle televisioni che si piccano di essere “equilibrate”. In quelle nella quali il dibattito viene aizzato dal conduttore, viceversa i confronti rusticani sono all'ordine del giorno. Poi ci sono i colleghi “paraculi”. Quelli che “l'avversario ha vinto meritatamente, ma quel gol è stato un grave errore che ha falsato la gara”.

L'opinionista tifoso è un ossimoro del quale l'informazione italiana fa un uso forsennato. Su che basi l'opinionista tifoso si esprime? Sulle immagini. E soprattutto sul suo essere “prevenuto”. Se la squadra del cuore ha subito un “torto” lo segnala come un “furto” subito, squadernando una geremiade di altri “furti” vissuti in epoche nelle quali lui aveva i calzoni corti o neppure era nato. Se la squadra del cuore il “furto” lo confeziona e scappa con il “grisbi”, la sua memoria si affievolisce: non ricorda. E se per caso ricorda ha mille scusanti da opporre in quel “foro” ridicolo che è diventato il talk show sportivo. Nei quali anche io ho, in passato, “peccato”, nei quali anche io in passato mi sono verbalmente azzuffato. E che ho finito per disertare stante la deriva che avevano preso.

Trasmissioni che pretendono di fare informazione e che viceversa stimolano i più bassi istinti delle tifoserie nel segno del dubbio. Quello che la squadra del cuore risulti vittima di complotti: arbitrali, federali, politici. I talk dovrebbe maneggiare con cura la materia. I tifosi, specchio di una società sempre più violenta (nella quale gli adolescenti privati della propria innocenza possono accoltellare e uccidere per futili motivi un coetaneo), hanno alzato il livello delle proprie bestiali azioni. Si “alleano” contro questo o quell'avversario.   Aggrediscono, distruggono, incendiano, sfasciano ogni cosa incuranti delle forze dell'ordine. In Italia leggi permissive aggravano una situazione diventata sempre più esplosiva. I fatti di Napoli sono la coda dei fatti avvenuti in autostrada mesi or sono. E fanno seguito ad altri fatti criminali che hanno causato vittime e dei quali ci si rammenta solo quando il livello di guardia ha superato il limite.

Non sempre questi fatti sono determinati da accadimenti sportivi. Ma visto che il “tifo” dopo essere stato passione folkloristica è diventato ormai il volano di altre “recriminazioni” sociali sarebbe il caso che gli addetti ai lavori si contenessero. La frase più gettonata è “Non può non aver visto”. Quindi? L'arbitro è un corrotto? Vi prendete la responsabilità di affermazioni di questo tipo? O confidate nel solito giudice comprensivo che vi assolve per aver espresso “una opinione”?

MOURINHO – E fuori di dubbio che da quando Josè Mourinho è tornato in Italia, le gare della Roma siano diventate una sorta di corrida, con giocatori nervosi, polemici, rissosi. L'ultimo derby è stato la fotografia di un rullino zeppo di cose inaccettabili. Mourinho provoca, scalda l'ambiente interno e quello avversario, incendia gli altrui covoni. Mourinho è un uomo intelligente che del confronto aspro con gli avversari e le istituzioni, fa una ragione di vita calcistica. Le sue “uscite” non nascono dal cuore, quanto dal cervello. Mourinho “non è un pirla” e sa come colpire e dove colpire. Ha sempre qualche alibi di scorta. E ha sempre una parola “ironica” contigua allo sprezzante: persino quando (raramente) riconosce il valore di chi lo ha battuto. Roma è una piazza difficilissima e Mourinho che non ha una gran squadra per le mani fa quello che può. Anche il “guitto”, quando è necessario.

Cosa diversa la faida, non sanabile, tra Juventus e Inter. Si detestano i tifosi, i giocatori, gli ex giocatori, i dirigenti, i “famigli” dei club. Tradotto: gli attori, i cantanti, gli intrattenitori, i giornalisti, i registi, gli uomini di cultura. E tanti, troppi politici. Il prototipo del politico tifoso è il presidente del Senato, Ignazio La Russa, interista sfegatato. Ma anche nel campo della Juventus non mancano gli esempi. C'è stata una stagione nella quale anche il sottoscritto ha partecipato al duello rusticano. La passione, nel tempo, è diventata responsabile. Ho capito tante cose del calcio. Non tutte commendevoli. E non sto parlando delle recenti vicende giudiziarie che hanno visto protagonista (come nel 2006) la Juventus. Parlo del sistema. Quel “sistema” che ha fatto dire ad un potentissimo uomo romano ad una cena riservata in un palazzo della capitale, della quale ho avuto altrettanto riservata notizia: “Chi vince troppo usando il sistema, fa male al sistema”.

INFANTINO – Il calcio è Gravina con le sue mai attuate riforme. Il calcio è Ceferin, un uomo spietato che vive della rendita costituita dall'UEFA. Il calcio è Infantino, l'uomo che si è fatto re come presidente della FIFA e che porterà il calcio a schiantarsi per pura avidità. Infantino che aumenterà il numero delle partecipanti al Mondiale, che sta costruendo altre manifestazioni che andranno inevitabilmente a collidere con i campionati nazionali e con le coppe europee, ha un disegno preciso: consegnare il calcio ai fondi sovrani delle monarchie del Golfo. Che nel calcio stanno investendo cifre colossali. Non perché gli importi del gioco del pallone. Ma perché il calcio gli serve nella realizzazione di quello che chiamano sportwashing. Vale a dire la possibilità, attraverso il calcio, di rendere moderna la loro immagine e di oscurare la disgustosa situazione dei diritti umani nei loro paesi. Dove le donne sono poco più che “serve”, dove gli omosessuali vengono perseguitati, dove governano come moderni satrapi, sovrani che spesso assommano al potere temporale, quello religioso.

A Infantino non importa se questa trasformazione farà diventare il calcio un baraccone dove i club più ricchi (finanziati dagli sceicchi del petrolio) vivranno alla grande e i club più poveri collasseranno. E non importa ad Infantino di far diventare il calcio una sorta di NBA dove la stagione regolare conta un tubo e si comincia a giocare veramente solo nei play-off. Non importa ad Infantino se i giocatori appesantiti da troppo partite in più saranno sempre più soggetti ad infortuni e magari schiatteranno. La FIFA è diventata un centro di potere politico. Dove si “comprano” i voti dei singoli stati per far disputare i campionati del mondo, fermando i tornei nazionali: in pieno inverno e con figuranti ingaggiati come spettatori per riempire gli stadi.

In questo panorama i mediocri dirigenti del calcio italiano stanno offrendo il peggio di sé a livello di Federazione e di Lega. Incapaci di riformare. Con squadre fin dagli allievi zeppe di stranieri (poi dice che in Italia non nascono più gli attaccanti: e ti credo visto che giocano tra i quindicenni ragazzi che ne hanno 17 con passaporti fasulli sui quali non ci sono veri controlli). Incapaci di un progetto che sganci il calcio dai soli diritti televisivi. Un progetto di investimento per gli stadi ad esempio che in Italia sono (tranne rarissimi casi) tra i peggiori d'Europa. La vicenda dello stadio milanese che da tre anni è ai box senza una soluzione, la dice lunga delle responsabilità della politica: a livello locale e a livello nazionale.


 

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