Italian Graffiti / Proprio necessario un ministro per lo sport?
Mercoledì 12 Ottobre 2022
Con l’apertura delle Camere – la nuova carica dei 600 – prende il via domani il percorso che porterà alla costituzione del Governo di centro-destra di Giorgia Meloni. Sullo sfondo la nomina dei ministri. Una occasione per cambiare qualcosa?
Gianfranco Colasante
“Bastarda”: il complimento che le rivolgono i maître à penser della sinistra radical-chic, cachemire e rolex d’ordinanza. Mentre quei buontemponi dei centri sociali si portano avanti col lavoro bruciando i manifesti che la ritraggono, al coro di “fascista, puttana”. E' la democrazia, bellezza. Ma ci vuole altro per intimidire una tosta come Giorgia Meloni che continua a testa bassa nel tentativo, non semplice, di mettere in piedi il suo governo, il 68° della Repubblica.
Semmai i veri problemi –, scioltesi ormai come neve al sole le opposizioni, in perenne distinguo tra loro –, glieli procurano gli alleati di centro-destra che quel 26% uscito dalle urne (per di più in crescita post-elettorale) non riescono proprio a mandarlo giù.
A cominciare dalla lista dei nuovi ministri, per i quali si continua a trattare, pesandoli col bilancino, mentre si aprono domani le nuove Camere, ridotte nei numeri e quasi del tutto rinnovate. In questo gioco al massacro, piuttosto defilato –, diciamo di seconda o terza fascia –, si profila l’incarico di ministro dello sport che – secondo quanto si sente dire – potrebbe ridursi ad una semplice dependance del Ministero del Turismo. Per una riedizione di quanto avveniva negli anni Ottanta, quando la cornucopia del Totocalcio spandeva fiumi di denaro. Altri tempi. Ma c'è anche chi si spinge fino ai sogni di gloria di un vero e proprio ministero.
A tal riguardo il nome più accreditato pare essere quello di Licia Ronzulli, classe 1975, ombra del Cavaliere che per la verità per la sua fedelissima pretenderebbe un ministero di maggior peso, casomai la Salute. Una pretesa che, secondo i bene informati, avrebbe strappato al presidente del consiglio in pectore uno spontaneo, quanto in puro accento della Garbatella, “ma che’ davero?”. Se per aspirare alla Salute la senatrice Ronzulli può vantare un passato da infermiera e poi da fisioterapista, per lo sport si rammenta il ruolo da mediatrice per una delle tante cessioni di proprietà del Milan. Che cercate di più?
Come andranno le cose lo sapremo a breve. Questione di giorni se non di ore. Ma a me pare che il problema – più che riguardare la carriera della grintosa signora Ronzulli – resti di altra natura. Ma veramente c’è da credere che il problema prioritario resti la creazione di un nuovo ministero, casomai con corposo portafoglio, tanto da poter finanziare le più azzardate delle candidature (ogni riferimento agli Europei di calcio del 2032 è puramente voluto)? Parrebbe di sì considerato il soporifero silenzio del Foro Italico, dove i maggiorenti hanno dimenticato che il “vero” ministero dello sport c’è già, o almeno c’era già.
Ma occorrerebbe che il CONI se ne ricordasse e si battesse per rivendicarlo, riappropriandosi del suo ruolo centrale, proprio approfittando del cambio di governo e dell’inevitabile spoil system che seguirà al suo insediamento. Ma questo, la sola certezza oggi in campo, non avverrà.
Ciò premesso, mi concedo due considerazioni. Con la prima rammento che – dal tempo della salita al soglio olimpico di Giovanni Malagò (2013), presidente pro-tempore almeno fino al 2025 – si sono avvicendati nel ruolo di responsabile governativo per lo sport già 7 personalità (in attesa a breve dell’ottava), con tempi di permanenza più o meno brevi, poco incisivi se non evanescenti in alcuni casi:
• Josefa Idem (2013)
• Graziano Delrio (2014-2015)
• Claudio De Vincenti (2016)
• Luca Lotti (2016)
• Giancarlo Giorgetti (2018-2019)
• Vincenzo Spadafora (2019)
• Valentina Vezzali (2021)
Nessuna delle quali ricordata per imprese o scommesse a favore dello sport, se si fa eccezione per Giancarlo Giorgetti, firmatario della Riforma e che ora – misteri e sorprese della politica – potrebbe ripresentarsi nelle vesti di ministro delle Finanze. Come dire il padrone della borsa e nemico n. 1 del CONI ma, nel contempo, il meno entusiasta di come gestiscono le cose in Sport & Salute, la società del MEF cresciuta all’ombra del M5S.
La seconda considerazione riguarda il ruolo che il nuovo ministro (ministero?) andrebbe a ricoprire. Come quarto soggetto accanto al CONI stesso, a Sport & Salute e alla Direzione Sport presso Palazzo Chigi (il nuovo sottosegretario alla presidenza potrebbe essere Guido Crosetto: non proprio un entusiasta delle spese improduttive e della burocrazia), in una prolifirazione di ambiti e competenze. Questa Direzione Sport (www.sport.governo.it) – attualmente diretta da Michele Sciscioli che i bene informati dicono vicino alla Lega – presenta un grosso apparato burocratico articolato su ben quattro Segreterie e tre Servizi, ad una delle quali compete la “vigilanza sul CONI”. Un po’ come il classico cane che si morde la coda.
C’è poi da rammentare che – ad eccezione del CONI stesso, cui il Governo riserva non più di una sessantina di milioni (più o meno quello che ha dato per la sola Ryder Cup) – le altre due strutture erogano contributi e sussidi a loro insindacabile giudizio che assommano ad alcuni miliardi (difficile avere un conteggio esatto). Cito un solo esempio: nei giorni scorsi il DG di Sport & Salute, Diego Nepi Molineris (frase cult: “bisogna avere il coraggio di non piacere”), in una intervista ad Italia Oggi ha annunciato il lancio di una nuova iniziativa sullo “Sport per tutti” che impegna 527 milioni. (Come dire quasi il doppio di quanto tocca all’insieme delle Federazioni. Ma se i risultati delle Federazioni si possono grossolanamente misurare con le medaglie, molto più sfumato appare la valutazione per i riscontri dello “sport sociale” o come si può definirlo). Nelle stesse ore l'AD Vito Cozzoli ha messo sul piatto altri 105 milioni per una generica "promozione dell'attività di base" e altri 25 per lo "Sport in carcere". Tutto meritorio, certo, ma secondo quale piano generale?
Tanto che pensare ad una razionalizzazione della spesa pubblica per lo sport – l’Italia è il solo paese occidentale nel quale lo Stato finanzia tutto lo sport, intervenendo anche attraverso i corpi militari: il Comitato Olimpico USA, con un bilancio di poco inferiore a 900 milioni di dollari, non ne riceve neppure uno da fondi pubblici –, non dovrebbe essere una eresia. Anzi, un obbligo, considerate le attuali condizioni economiche e, maggiormente, quelle che ci aspettano a breve, con il PIL previsto su un drammatico -0,2 per lo 2023. Anche perché andrebbe valutato nel novero il costo richiesto dal funzionamento di questi affollati apparati, impegnati sovente a svolgere compiti sovrapponibili quando non proprio simili.
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