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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
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Piste&Pedane / Professionalita', professionalita' ... vo' cercando

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Martedì 9 Agosto 2022


atl-partenza 

 

“Tramontata definitivamente la figura dell’appassionato, presente giorno e notte sul campo a seguire giovanissimi e vecchi atleti. Un occhio alla pedana, l’altro alla pista, il terzo a quel genitore che 'rompe' l’equilibrio del gruppo. E quindi?”

Daniele Perboni

Tutti a fregarsi le mani, in “Casa Italia”, giustamente, per il buon andamento dei Campionati Mondiali Under 20 di Calì, in Colombia. E per dirla con le parole del sito di mamma FIDAL: “Si chiude un’edizione tra le migliori di sempre”. Il bilancio, infatti, annovera “due medaglie, l’oro di Rachele Mori nel martello e il bronzo di Marta Amani nel lungo, e il team può contare in tutto 12 piazzamenti tra i primi otto. Tra i numeri della spedizione, da sottolineare anche il 12º posto nella placing table, come soltanto nel 1994 (nono invece l’anno scorso), e il 18º nel medagliere”. Bene, ed ora passiamo all’incasso.

“Cioè?” Mormora la solita insistente vocina.

“Abbiamo un futuro assicurato?” Continua il grillo parlante.

Certo che no vien da rispondergli. I talenti ci sono, pare che i giovincelli italici e rispettive famiglie abbian riscoperto l’atletica, la voglia di sport all’aria aperta e, perché no, anche il desiderio di emulare le gesta delle cinque medaglie d’oro della scorsa estate. Gimbo e Marcell in testa.

Che fare dunque? Diamoci sotto e vediamo di continuare ad innaffiare questi giovani virgulti. Corroboriamo quella voglia con l’aiuto delle società e della Federazione: dal vertice romano e giù giù sino ai suoi vari organi periferici. Terra terra: diamogli del “pane e non brioches”. Intenti espressi migliaia di volte, ascoltati, avvallati, condivisi, da almeno una trentina d’anni. Sempre con la determinazione di arrivare al sodo e sempre, purtroppo, ritrovandosi alla fine con un pugno, o poco più, di mosche in mano.

“Che differenza c’è. I talenti, bene o male, ogni tanto sbocciano comunque e salvano capra, cavoli e la “faccia” di qualcuno che usa solo parole, parole, parole”.

Zitta tu che non fai altro che rovinare pensieri, proponimenti, progetti, fatti e misfatti. Presidente stia tranquillo. Non stiamo alludendo a lei o alla sua squadra, perlomeno non solo a lei, anche se non è che si discosti molto dai sentieri tracciati dai suoi predecessori. Per ora. Ma c’è chi dice “diamogli tempo” e chi, invece, “sono degli incapaci”.

Per alleviare tutto ciò, i punti cardine, a parere di uno che sta nell’ambiente da quando aveva poco più di 16 anni – prima come atleta (scarso), poi come dirigente di periferia, organizzatore, giornalista –, non sono poi molti. Innanzitutto servono soldi, soldi, ma guarda quanti soldi … E, soprattutto, spesi bene. Che dalle nostre parti, intenso come Stivale, non è che brilliamo in quest’arte.

“Bella scoperta. Arrivi buon ultimo …”. Ancora parli? Lasciami finire rompiballe …

Finanziamenti sì, ma non per grandiosi progetti. No. Andate sui campi spelacchiati, sulle piste usurate, nelle nebbie della Padania o sui rilievi dell’Appennino (è lunga quella catena montuosa sapete? Wikipedia recita 1200 chilometri), nelle periferie, da Nord a Sud, nei piccoli centri a un’ora e più dalla pista più vicina, è lì che serve investire. Mega strutture? Impianti faraonici?

“Cala trinchetto. I marenghi non basteranno mai…”. Ehi, vocina del menga, ora ti ammutolisco con una pernacchia.

Dove eravamo rimasti? Già, i soldi e come e dove spenderli. Intanto servirebbe togliere dai pensieri di molti, anche di tantissimi addetti ai lavori, che per fare atletica servono pochi mezzi. L’è minga vera direbbe un vecchio milanese che conosciamo bene. E ci scusi per il vecchio, ma è nato pochi mesi dopo l’8 settembre del 1943. Servono sì, perché le società non vivono né di pane né di croissant. Affitti per la struttura, anche se comunale e gli Enti sono sempre più esosi, trasferte, attrezzi e abbigliamento le voci più pesanti.

“Già, e il personale non lo pagate? Oppure fate leva sul volontariato?” E questa volta l’impertinente vocina ha fatto centro.

Certo che andrebbe pagato, ma … Il ma è d’obbligo in quanto in tanti, troppi, casi i tecnici che giornalmente presenziano sul campo non ricevono nulla. Al massimo un “rimborso spese”. E così ecco la migrazione verso altri lidi più remunerativi. Giovani capaci e magari anche appassionati oltre misura son costretti a lasciare piste e pedane per lanciarsi alla ricerca di una qualche forma di emolumento. E non è detto che riescano sempre a trovarne. Tramontata definitivamente la figura dell’appassionato, presente giorno e notte sul campo a seguire giovanissimi, e vecchi atleti ed attenti a ogni nuovo venuto. Un occhio alla pedana, l’altro alla pista, il terzo a quel genitore che “rompe” l’equilibrio del gruppo. In una parola: professionalità. 

“Facile scrivere queste cose. Mi sembra tu abbia scoperto l’acqua calda?”

Certo che è facile parlarne e scriverne. Più difficile renderle concrete. Ma con qualche dané in più magari si riuscirebbe a realizzare qualcosa di più consistente e tangibile. 

Non abbiamo la presunzione di aver trovato l’unguento magico, buono per ogni male. Intanto si potrebbe iniziare con il far pagare qualcosina a chi vuol fare atletica. In alcune realtà succede, ma nel “profondo del paese” sembra ancora un’eresia. Pagare? E perché mai? Si è sempre fatto tutto gratis, quindi … Intanto se tuo figlio vuol giocare a tennis paghi. Gli piace nuotare? Paghi! Danza? Apri il portafogli. Poco o tanto non ha importanza. Per talune attività è normale contribuire alla vita societaria.

Dunque perché anche per chi fa atletica non si dovrebbe fare altrettanto? Naturalmente non si risolverebbero tutti i problemi ma in cassa entrerebbe qualcosina di più oltre al semplice ringraziamento o stretta di mano. “I temp de Carlo Cudega” son finiti da … tempo. Romanticismo, questo sconosciuto. È un bene, un male? È così, punto e basta. Inutile piangere. Allo sport per sopravvivere servono finanziamenti e per primeggiare una squadra e condizioni ambientali di prim’ordine. 

UN PO’ DI NUMERI – Per ribadire ulteriormente l’universalità dell’atletica. ecco un po’ di numeri usciti dai Mondiali giovanili. In sei giorni di competizione sono stati ottenuti due record mondiali, o migliori prestazioni chiamateli come volete, la sostanza non muta; 14 record dei Campionati; nove record Continentali; 10 record nazionali seniores; 97 record nazionali giovanili e 518 record personali; 41 nazioni hanno riportato medaglie e 70 hanno piazzato almeno un atleta in finale

Gli Stati Uniti hanno primeggiato nel medagliere, con sette ori, quattro argenti e quattro bronzi, davanti a Giamaica (6/7/3), Etiopia (6/5/1), Kenya (3/3/ 4) e Sudafrica (2/1/2). L'Uruguay ha vinto la sua prima medaglia in assoluto, mentre Dominica, Malesia e Saint Vincent per la prima volta hanno piazzato un atleta nei primi otto. Sono stati 1387 gli atleti partecipanti, provenienti da 126 paesi. In totale oltre 20.000 sono gli atleti che hanno partecipato ai Mondiali giovanili dalla prima edizione del 1986. 

 

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