- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





O sentieri di Cimbricus / Quella meraviglia dei Commonwealth-G

PDFPrintE-mail

Lunedì 8 Agosto 2022

 

hoare 

Nella loro storia, che ha superato i novant’anni e cha ha visto una serie di cambiamenti nella denominazione, i Giochi sono stati ospitati in posti molto belli o storicamente affascinanti: ma hanno anche scritto grandi pagine di sport.

Giorgio Cimbrico 

Cosa possiamo aspettarci da un paese dove ottant’anni fa si cantava “la fine dell’Inghilterra incomincia a Giarabub”? Come minimo che non si parli dei Giochi del Commonwealth. Peccato, perché sono un appuntamento globale e singolare, aperto, come dicono loro, a 72 paesi e territori. Tanto per fare un esempio, terzo nei 400H è stato Alastair Chalmers di Guerney, una delle isole del Canale o Normanne, unici lembi di terra britannica conquistati dall’esercito tedesco. 

Per i Giochi la Gran Bretagna si scinde in Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda del Nord, Jersey, Guernsey, Man. Il resto è fornito dal vecchio Impero: India, Kenya, Uganda, Australia, Canada, Sudafrica, Giamaica e a seguire, una miriade di isole e isolette (qualche volta anche Tristan da Cunha ha inviato qualche suo rappresentante), vecchie piazzeforti, protettorati, sultanati che prevedevano la presenza di un “consigliere” della Corona, etc etc. In breve, quella immensa coperta patchwork che era l’Impero di rosa colorato sui vecchi atlanti, sino all’inizio della decolonizzazione che partì nel ’57 con l’indipendenza concessa alla Gold Coast, che divenne Ghana. 

Il programma dei Giochi riflette la storia dello sport e dei passatempi amati dai britannici e dai coloniali: atletica, nuoto, ciclismo, ma anche bocce sull’erba e netball, quella specie di basket giocato dalle ragazze che indossano gonne plissettate. E, ovviamene, cricket nel formato veloce del Twenty e, da un po’ di tempo, anche il rugby a sette. Nella loro storia, che ha superato i novant’anni e cha ha visto una serie di cambiamenti nella denominazione, sono stati ospitati in posti molto belli o storicamente affascinanti: Vancouver, Brisbane, l’isola di Victoria, Delhi, Kuala Lumpur, Hamilton. Edimburgo, Perth. 

Il magnifico 1500 di un paio di giorni fa, a Birmingham (Alexander Stadium sempre tutto esaurito perché ai britannici piace presenziare di persona) ha permesso un viaggio nel tempo: Oliver Hoare si è scrollato di dosso la delusione di Eugene (era uno dei favoriti ed è uscito in semifinale) vincendo in 3’30”12, nove centesimi davanti al kenyano Timothy Cheruiyot. Il fresco campione del mondo, lo scozzese Jake Wightman, giustiziere dell’arrogante Jakob Ingebrigtsen, ha chiuso terzo in 3’30”53. A seguire, 3’30”62 l’altro kenyano Abel Kipsang, 3’31”08 il gallese Jake Heyward, 3’31”34 il neozelandese Samuel Tanner. Hoare, 25 anni è nato nei dintorni di Sydney, Nuovo Galles del Sud: l’ultimo australiano a vincere i 1500 – al tempo si correva il Miglio – era stato Herb Elliott, nel 1958 a Cardiff. 

Ma è soprattutto il tempo di Hoare, nuovo record dei Giochi, che invita a precipitarsi indietro nella storia. Da quasi mezzo secolo quel primato era nelle mani di Filbert Bayi che, in quella grande saga del mezzofondo andata in scena ai Commonwealth Games del ’74, a Christchurch, fornì il momento più alto e drammatico. 

In inglese esiste un efficace modo di dire: from gun to tape, dalla pistola al traguardo. Il tanzaniano leggero come una piuma amava quel tipo di sfide: corse il primo giro in 54”9, il secondo in 57”3 e, dopo un leggero e comprensibile rallentamento, alla campana radunò le ultime energie per chiudere in 55”4. John Walker, capelli al vento, divorò quell’ultimo “quarto” un secondo più veloce, 54”4, e Bayi riuscì a mantenere un vantaggio di poco più di tre decimi. 

Cadeva, dopo sei anni e mezzo, il 3’33”1 di un Jim Ryun poco più che adolescente, e sotto quel tempo andarono sia Bayi (3’32”1, poi tramutato in 3’32”16) sia Walker, 3’32”5/3’32”52. Quel buonanima di Ben Jipcho lo pareggiò, Rod Dixon scese di un decimo sotto i 3’34” e Graham Crouch 3’34”2, strappò il record australiano a Herb Elliott: era fermo al 3’35”6 con cui il campione della Western Australia aveva regalmente vinto ii Giochi di Roma. Nel 1960. 

 

Cerca