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Duribanchi / Franco Casalini ovvero la misura e il garbo

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Sabato 30 Luglio 2022

 

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“Era uno che ‘c’era’. Che avevi visto allenare, che avevi intervistato, che occasionalmente avevi frequentato, che con piacere ascoltavi durante le telecronache. Franco ‘c’era’. Con il suo garbo, la sua ironia, le sue illuminazioni”.

Andrea Bosco

Gli uomini educati, lo sono anche al commiato: se ne vanno in punta di piedi. Lasciando un vuoto in chi li ha apprezzati. Franco Casalini, bandiera dell’Olimpia e di un basket che non esiste più, se n’è andato così: a 70 anni, da solo nella sua casa eremo, per un infarto. Ci sono persone che la vita ti fa incrociare, magari per poche stagioni, ma che restano per sempre nel tuo cuore. Ho conosciuto Franco. Non siamo mai stati amici, ma la sua morte mi ha addolorato.

Era uno che “c’era”. Che avevi visto allenare, che avevi intervistato, che occasionalmente avevi frequentato, che con piacere ascoltavi durante le telecronache. Franco “c’era”. Con il suo garbo e la sua ironia. I suoi “non detto”, le sue illuminazioni: “sapeva” cosa avrebbe fatto quel tal giocatore, che tu avresti magari “tolto” dopo una serie di errori, o non avresti mai fatto sedere in panchina dopo una “striscia” di realizzazioni.

Era un uomo di riflessioni. Leggeva: libri veri non i contenuti di uno smartphone. Era un uomo discreto. Uno che non avrebbe mai messo sul web le immagini del trasloco di casa sua. Era il compagno che ti avrebbe passato il compito di trigonometria. E in difesa del quale avresti, senza remore, fatto a cazzotti con il bullo della classe. Aveva “misura” Franco Casalini.

Delle sue vittorie hanno scritto in tanti in queste ore. Con affetto anche Oscar Eleni, che lo aveva conosciuto fin da quando Casalini tirava a canestro allenato dall’Orso. Era un fine stratega. Forse troppo educato per il basket dei suoi tempi. Uno che aveva la stima di Cappellari, Meneghin, D’Antoni e McAdoo e che con loro vinse trofei, “dopo” Dan Peterson. Ho appena letto che Paolo Rossi porterà in scena l’”Ode sul vino” di Orazio. Il poeta studiato al liceo al quale si deve “Est modus in rebus”. Ecco, Franco Casalini aveva una “misura nelle cose”.

E certamente qualche cosa di speciale se, appena ventenne, Cesare Rubini lo scelse per il suo staff. Cosa avesse visto in quel ragazzo dai tratti rinascimentali nessuno potrà mai veramente dirlo. Rubini non lo ha mai rivelato. Almeno: io non rammento lo abbia mai fatto. Ma certamente aveva intuito “la grana” di Casalini. Del quale ricordo un cammeo un tardo pomeriggio davanti ad un caffè e a un succo di frutta. “I gemelli Boselli, piacciono. Anchisi ha l’ambizione di piacere. Fabbricatore si piace”. Quattro giocatori di talento definiti con garbo ed ironia.

La morte è un mistero. Che quasi mai sappiamo accettare.

“Bisogna veramente che l’uomo muoia, perché altri possa appurare il di lui giusto valore” ha scritto Vittorio Alfieri. Accadrà anche con Franco Casalini. Ci mancherà: e non solo a noi vecchi viziosi del parquet. Siamo circondati dalla morte. Ogni giorno decine di persone muoiono in Ucraina per una guerra scellerata. Ogni giorno il bollettino aggiorna le cento vite che il Covid sta mietendo. Ma sono “numeri”: Franco era uno che conoscevi. E come sempre accade quando se ne va uno con il quale hai fatto un pezzetto di strada, il dolore si mescola allo stupore. “Unanime cordoglio – ha scritto Daniele Dallera sul Corriere della Sera – nel riconoscere le qualità umane e professionali di questo intellettuale dei canestri”.

Ultimamente, Franco era affaticato. Forse il cuore gli stava mandando qualche segnale. Mi piace pensare che al “matto” impostogli dalla Giocatrice, Franco abbia fatto cadere la sua Regina sulla scacchiera, e alzandosi abbia detto : “ Bella mossa “ . Signorilmente : come sapeva fare lui .

 

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