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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
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Osservatorio / Una estate da non dimenticare

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Lunedì 26 Luglio 2022

 

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Con i cambiamenti politici in arrivo, sarebbe opportuno guardare avanti con programmi e sostegni, piuttosto – come fa Malagò – allarmare sulla tenuta dello sport nazionale causa il presunto calo dei tesserati. Una strategia o cos’altro?

Luciano Barra

Che estate? Difficile da dimenticare. C’è stato di tutto. Dal caldo torrido, alle 9 ore di differenza con Eugene. Ma ci sono stati altri fatti che meritano essere ricordati. Il primo sicuramente è stato la scomparsa di un maestro per molti di noi: Vanni Loriga. Ci ha accompagnato per oltre 50 anni con la sua arguzia, la sua conoscenza della materia e merita rileggere quanto ha scritto Augusto Frasca, uno che lo conosceva bene, su sportolimpico.it. Meriterebbe che lo stesso Augusto raccogliesse scritti ed episodi della vita di Vanni perché è assolutamente necessario tramandare a chi non lo ha conosciuto i suoi insegnamenti.

Bene ha detto Paolo Bellino quando mi ha scritto: “un altro pezzo di atletica che se ne va”. Uno dei miei primi ricordi fu la sua difesa a spada tratta di due atleti del CUS Roma, Beppe Gentile ed Umberto Risi, a Sarajevo durante una epica semifinale di Coppa Europa, dalle offese di Bruno Bonomelli, solo perché romani.

CINQUANTA – Il giorno prima se ne era andato un altro pezzo di storia dello Sport Italiano: Ottavio Cinquanta. Un monumento per gli sport invernali per quanto da lui fatto per lo sport del ghiaccio. A lungo membro del CIO e soprattutto membro dell’Esecutivo dello stesso organismo in rappresentanza degli Sport Invernali. Non molti sanno che era un grande appassionato di atletica e gli piaceva non solo ricordare tempi passati (come la Gallaratese di Ezio Bresciani) ma anche quella attuale. Mi incontrava in tribuna durante i Giochi Olimpici e mi sfidava nel pronosticare chi avesse vinto una gara. E non sbagliava mai. Con lui finisce una genia di dirigenti sportivi italiani che, mi spiace dire, ora non ci sono più. Da Rodoni, a Nostini, a Croce, a Franchi, a Nebiolo ed a tanti altri che hanno segnato i momenti d’oro della dirigenza internazionale italiana.

Prima che iniziasse il caldo torrido e i mondiali d’atletica, ho letto una “uscita” di Giovanni Malagò che pronosticava tempi grami per lo sport nazionale dopo Parigi 2024 causa una diminuzione di tesserati (a suo dire circa 1 milione e 800.mila) causa il periodo della pandemia. Non ho capito se era un allarme del tipo “apres moi le deluge” – ovvero “dopo di me il diluvio” – o se fosse una cosa seria. Ho scritto spesso su sportolimpico.it che non esiste rapporto fra qualità e quantità. E lo ribadisco. Non so a quale fascia di età i tesserati “diminuiti” appartenessero. Dubito che tocchino le cifre degli agonisti, forse più le fasce giovanili e quelle amatoriali.

TESSERATI – Ma anche se così fosse, come si fa a pensare che per un paese di 60 milioni di abitanti questo possa influire, soprattutto a così breve distanza, sui nostri risultati di alto livello. Dimentichiamo che stiamo assistendo in vari sport a larghi successi di paesi, leggi Slovenia o Norvegia, con rispettivamente 2 e 5 milioni di abitanti. Io credo che ci siano altri motivi per cui Malagò debba essere preoccupato. Sicuramente il posizionamento del CONI nell’ambito del momento politico italiano e soprattutto il fatto che ormai non si parla più continuativamente, ma solo in grandi occasioni, sui giornali degli sport che portano medaglie o comunque di quegli sport che non sono il calcio, i motori e qualche altro sport professionistica.

Basta vedere come sono ghettizzati gli sport olimpici sulla Gazzetta dello Sport. Come ha ben scritto Oscar Eleni su sportolimpico.it non si riesce a distinguere la differenza fra una medaglia olimpica/mondiale di Stano alla vittoria in un ATP 250 di un promettentissimo tennista come Musetti. Ma perché un giovane dovrebbe fare dello sport se la sua disciplina è ignorata dai media? Questa dovrebbe essere la preoccupazione primaria del CONI perché la motivazione rimane la molla principale per raggiungere i risultati di vertice. Intanto l’attuale classifica delle Federazioni di successo vede prima la Federnuoto, poi la Scherma e a seguire la Pallavolo.

In molti mi hanno chiesto di fare dei commenti sulla performance dell’atletica italiana a Eugene. Credo che si giudichi da sola: siamo partiti dal 5 a 0 di Tokyo, siamo all’ 1 a 4 di Eugene. Avevo scritto di una diaspora tecnica e di una tendenza in questo ultimo anno per cui ognuno fa quel che gli pare. Non ritengo giusto fare un commento sulle prestazioni dei vari atleti. Si, però, sulla gestione dirigenziale del nostro patrimonio. Lascio solo agli affezionati lettori di fare un paragone fra la gestione Giomi/La Torre e quella Mei/La Torre. Cambiando i fattori i risultati cambiano?

Sorrido quando leggo dichiarazioni federali, purtroppo riprese pedissequamente da taluni, con paragoni a precedenti campionati. Come per gli atleti è impossibile fare paragoni. Coppi è stato meglio di Anquetil, Merckx o Indurain? Bisogna aver l’intelligenza di contestualizzare ogni cosa nel tempo. Dire che siamo stati meglio di Parigi 2003 cosa significa? E perché allora non fare un paragone con Atene 1997 o Göteborg 1995 o Roma 1987, edizioni in cui i finalisti sono stati ben superiori, oltre che le medaglie?

A Eugene la FIDAL ha fatto una brutta figura di cui nessuno ha parlato. Ha candidato Alessia Trost per essere eletta nella Commissione Atleti della World Athletics. Ovviamente non è stata eletta (seconda delle escluse) e nessuno ce lo ha detto. Ma che significato aveva candidare un’atleta che ha smesso, che vive all’estero e che aveva poche possibilità di essere eletta. Volevamo avere un atleta in questa commissione? Uno solo poteva farcela: “Gimbo” Tamberi.

MONACO – Ora tutto è rimandato a settembre, anzi prima, agli Europei di Monaco. Sicuramente saranno utili per ridare fiducia ad alcuni, leccarsi le ferite e gli infortuni, per ricaricare le pile in vista dei due prossimi anni che hanno ancora Mondiali e soprattutto, in mezzo, i Giochi Olimpici di Parigi. Ma anche qui con moderazione e saggezza. Sentire Mei che ipotizza un miglioramento del medagliere di Spalato 1990 (5/2/5) mi fa sorridere. Stefano a quel Campionato c’era e vinse un bronzo nei 10.000 di un immenso Totò Antibo. Anche io c’ero come Delegato Tecnico della EA.

Ma proprio lui dovrebbe ricordare che a Spalato 1990 c’erano ancora Unione Sovietica e Germania dell’Est (allora chiamata Democratica) che portarono a casa 55 medaglie, 18 delle quali d’oro. Si può fare un paragone con Spalato 1990? Non dimenticando che l’Europa a Eugene ha toccato il fondo con il minor numero di medaglie di sempre (42) la metà di quelle che vinceva negli anni ottanta ed un terzo in meno di quelle della fine degli anni Novanta.

A Monaco la FIDAL dovrà prendere appunti su come vanno organizzati i Campionati Europei del 2024. Non le gare, di quelle se ne fanno tutti i giorni. Ma come sfruttare da un punto di vista promozionale gli stessi campionati per la crescita del nostro movimento. Le notizie che arrivano da Roma non sono delle migliori. Pare che Diego Nepi lascerà e che dovrà essere trovato un altro DG. Si è provveduto a fare delle nomine per soddisfare le scadenze della EA. Ma si tratta di nomine – come detto – per organizzare le gare. Il progetto dei Campionati era ben altro.

Peccato che Mei non abbia letto il libro di Antonio Matarrese. Lì lui ricorda come appena eletto nel 1987, di fronte alle spontanee dimissioni di Carraro e Montezemolo, non ci pensò due volte a riconfermarli a capo del Comitato Organizzatore dei Mondiali Italia ‘90 e grazie a ciò trovare un equilibrio federale ed organizzativo. Questo atteggiamento di distruggere quanto c’era prima lo trovo vergognoso e degno solo di uno sfasciacarrozze.

                              

 

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