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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Piste&Pedane / La complicata sfida dell'eretico

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Giovedì 20 Gennaio 2022

 

latorre-tokyo 


Intendiamoci, noi abbiamo molta fiducia, tanto più dopo lo Stellone che ha brillato a Tokyo, ma non sarà proprio un compito facile quello di chi dovrà risolvere l’equazione mezzofondo=risultati. A cominciare dagli 800.


Daniele Perboni


Influenzati da una recente lettura (“Eretici” di Tomaso Montanari, PaperFIRST) abbiamo provato a cimentarci sulla difficile arte di spiegare perché riteniamo un eretico una vecchia e cara conoscenza. Ma andiamo con ordine. Enciclopedia Treccani: Erètico (dal tardo latino haereticus: che sceglie). […] Chi, in politica o in altro, nel modo di pensare e di giudicare, diverge dalle opinioni e dalle ideologie comuni o da quelle accolte dal gruppo di cui fa parte […] o che si allontana radicalmente da ideologie ufficiali o da idee comunemente accettate.

Più terra terra chi cerca di levare la voce contro il sistema, la “dittatura” della maggioranza; chi dissente dal pensiero comune e sa proporre un’alternativa magari non proprio ortodossa; chi va contro corrente, sempre e comunque; chi produce “controcultura e controinformazione”, come s’usava dire negli anni Settanta del secolo scorso; chi ha il coraggio di divergere.

Non è facile incontrare, conoscere, frequentare personaggi di tal fatta, troppo spesso innalzatisi su piedistalli a dimostrazione dell’essere diversi. Per nostra fortuna e senza nessun merito particolare ne conosciamo almeno uno: Antonio La Torre. Frequentazione, la nostra, non certo assidua, specialmente prima dell’incarico a Direttore Tecnico e Scientifico delle squadre nazionali della FIDAL. Ogni tanto ci si incontrava su qualche campo, a gare di marcia. Nel lontano 2001, sicuramente Antonio non lo ricorderà, rimanemmo per ben cinque ore ad attendere l’aereo che da Toronto ci avrebbe riportato a Malpensa. Scambio d’informazioni, solite chiacchiere tecniche, metodologiche, opinioni sulla conclusione, in chiave azzurra, dei Mondiali di Edmonton appena conclusi.

Poi, complice il nostro “allontanamento” da questo piccolo universo atletico, ci siamo un po’ persi per strada. È bastato però il suo nuovo incarico e il ritorno al vecchio amore (per quanto ci riguarda) per rincontrarci e ritrovare l’antica armonizzazione su temi comuni.

La Torre eretico? Cos’avrebbe mai combinato di tanto eclatante per finire sul rogo virtuale? Sono tre, a parer nostro, i momenti che lo collocano sulla pira fatale.

UNO – Sesto S. Giovanni, allora ancora “Stalingrado d’Italia”. Il giovane Antonio da Manfredonia lavora alla Breda/Ansaldo come disegnatore meccanico. Siamo ancora a metà dei caldi e rivoluzionari (mancati) anni ’70. Non veste la tuta blu, sta in ufficio con camice bianco, ma è sempre vicino, culturalmente, alle radici del movimento sindacale. È il rappresentante di fabbrica anche di quegli uomini che passano otto ore giornaliere davanti a torni, frese, rettifiche, pialle. Conflitti duri, aspri, forse esasperati, ma è il momento delle grandi rivendicazioni salariali. L’Antonio (detto alla lombarda) siede al tavolo delle trattative, anche a livello nazionale, è fra quelli che scrivono le piattaforme di rivendicazione. Non ha timori a scontrarsi con i leader sindacali carismatici …

Grazie al suo impegno gli vien chiesto di entrare attivamente nel sindacato. Rifiuta. «Non mi andava di diventare un politico di professione». Eccolo il primo episodio, a nostra conoscenza, di eresia nella sua vita. Sindacalista a tempo pieno. Chi non avrebbe accettato? Da sindacalista di base lotti, ti sbatti, contratti per condizioni migliori sottraendo tempo ai tuoi interessi, alla famiglia, agli amici e quando ti offrono di diventare “rivoluzionario” a tempo pieno rifiuti? Certo, accettando avresti dovuto sottostare a politiche che forse non condividevi, a percorsi che deviavano, poco, tanto?, dai tuoi principi e così ecco il gran rifiuto. «Non faceva per me». Nel frattempo studia e nel 1983 si laurea in scienze motorie. Lascerà la fabbrica nel gennaio 1987. Nel 1993/1994 arrivano altre specializzazioni. «In Francia – precisa – non ho avuto paura di tentare nuove strade».

DUE – Olimpiadi di Sydney, alba del nuovo millennio. Complici i Giochi ne approfitta per conoscere meglio il Paese. Ha ottimi rapporti con i tecnici australiani. Dopo Londra 2012, grazie anche all’intenso lavoro svolto con la preparazione olimpica, i vertici tecnici del continente australe ritornano all’attacco. Gentilmente rifiuta un’importante proposta. «Non ho più l’età», si scusa, parafrasando Gigliola Cinguetti. Ancora una volta declina. «Ci sarei andato più che volentieri fossi stato più giovane».

Ecco la seconda eresia del tecnico lombardo. O pugliese? Hai l’opportunità di vivere a 360 gradi la vita per cui hai studiato, hai fatto grandi rinunce e alla fine che fai declini l’allettante offerta? «Ho scelto di stare in mezzo ai giovani. Ai miei allievi all’Università, e ai ragazzi che ogni giorno calpestano il prato e la malmessa pista del campo di Sesto». 

TRE – Autunno 2018. Reduce da un non eclatante, per molti deludente, Campionato Europeo, il Consiglio Federale decide di affidare la direzione tecnica a La Torre, che subentra ad Elio Locatelli. Sorpresa unanime. La Torre? Un allenatore di marcia? Sì, di marcia, ma solo per chi lo conosce poco e come tecnico di quell’Ivano Brugnetti iridato a Siviglia ’99 nella 50 chilometri e oro olimpico ad Atene 2004 nella 20. Ma della sua guida hanno usufruito anche altri grandi del tacco e punta: Raffaello Ducceschi e Alessandro Gandellini, tanto per citare i più conosciuti.

Già dai primi incontri pubblici Antonio mette in mostra tutta la sua eresia: «È un momento difficile, non lo nascondo, ma ho accettato perché questa è una sfida importante. Arriverò sino a Tokyo e poi lascerò la guida, tornerò ai miei studenti. Dobbiamo avere coraggio e trasformare la mentalità degli atleti percorrendo nuove strade: passare dall’io al noi. Ho posto un’unica condizione: essere completamente libero da condizionamenti politici. Il compito di formare la squadra azzurra sarà solo mio e dei miei collaboratori. Nessuno ci metterà mano. Neppure il presidente. Già altre volte (almeno quattro) mi avevano offerto la carica di Direttore Tecnico. Ho sempre rifiutato perché non mi garantivano piena libertà. Ora le mie condizioni sono state accettate ed eccomi qua». Come è andata a finire la “storia” è ormai acclarato, con l’Antonio applaudito e portato su un palmo di mano da tutto il mondo sportivo.

E lui che fa? Lancia l’ennesima eresia. Dichiarando, questa volta a proposito del settore mezzofondo, sempre più in crisi nera: «Serve un nuovo corso, coraggio metodologico. Dobbiamo contaminarci. Provare a percorrere nuove strade, capire e anche copiare, intelligentemente però, diciamo con umiltà, da chi ha fatto grandi passi in avanti. Proviamo a guardare a britannici, francesi, anche agli spagnoli … Vi do un compito. Andate a vedere quando è stata l’ultima volta che un atleta azzurro ha corso in meno di 1’45” gli 800».

Compito eseguito. Si tratta di Giordano Benedetti, 1’44”67 a Roma il 6 giugno 2013. Nel 2021 sotto quella soglia troviamo 8 britannici, 5 spagnoli e altrettanti polacchi, 2 francesi e 1 a testa per Irlanda, Germania, Belgio, e Romania (Catalin Tecuceanu prima di acquisire la nazionalità italiana). Azzurri? il primo è Joao Bussotti Neves (1’46”11 a Lignano Sabbiadoro il 3-7), 117º al mondo e 52º in Europa. Un punto di partenza?

 

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