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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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I sentieri di Cimbricus / Nella terra dei record mostruosi

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Martedì 17 Agosto 2021

 

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Riducendo a un telegramma: record mostruosi, Karsten Warholm come Forrest Towns. Tema: i progressi che spediscono nel futuro e in un’altra dimensione, con un comune denominatore, gli ostacoli. Bassi o alti, fa poca differenza.

Giorgio Cimbrico

Se il 45”94 di Warholm ha stordito, ha obbligato a inevitabili accostamenti (un buon tempo sui 400, non c’è che dire), ha proposto interessanti domande (Warholm, Rai Benjamin e Alison dos Santos hanno prodotto la più grande gara della storia, e non solo sui 400H?), come venne accolto il 13”7 di Towns, detto Spec, che spazzava il quintuplo 14”1 del bel georgiano? Con una burla. “Gli telefonammo in camera: ehi Spec, il record non te lo riconoscono perché si sono accorti che c’erano solo nove ostacoli. Ci rimase male e solo il giorno dopo gli dicemmo che era tutto uno scherzo”, raccontava anni dopo Archie Williams, campione olimpico dei 400 a Berlino così come Towns nelle barriere alte: 14”2 in finale e 14”1 in semifinale, record mondiale uguagliato. Ancora.

Dopo i Giochi, americani in giro per l’Europa: il 27 agosto, il meeting del Bislett, che era già un classico 85 anni fa. Val la pena leggere la testimonianza di un cronista di Sportsmanden: “Towns uscì velocissimo dai blocchi, corse una gara perfetta dall’inizio alla fine e quando tagliò il traguardo era così veloce che riuscì a fermarsi solo a curva inoltrata”. Meglio ascoltare anche Towns: “Una partenza così mi riusciva di rado. Quando sono arrivato sul filo, ho dato un’occhiata all’indietro e ho visto che il mio avversario più vicino stava scendendo dall’ultimo ostacolo. Un altro, non ricordo chi, mi ha battuto sulla spalla e mi ha detto che avevo fatto il record del mondo. Ho fatto 14 netti? Gli ho domandato. No, hai fatto 13”7. Diavolo, mi sono detto”.

Nel rapporto ufficiale è scritto che non c’era una bava di vento, che i tre cronometri ufficiali registrarono 13”7, 13”7 e 13”8 e due supplementari 13”6 e 13”7. La misurazione del rettilineo diede una lunghezza di 110 metri e 3 centimetri. E gli ostacoli erano dieci. Towns aveva trovato il suo giorno dei giorni sulla pista dove 85 anni dopo Warholm avrebbe fatto esalare l’ultimo respiro al record di Kevin Young, prima del prodigio di Tokyo che ha fatto retrocedere il campione di Barcellona al quarto posto All time.

Il record, complice anche la guerra, tenne duro a lungo, sino all’aprile del ’48 quando Harrison Dillard, detto Bones, Ossa, fece meglio di un decimo. Sulla durata del record di Warholm è difficile fare previsioni o accettare quote.

Towns aveva alle spalle una storia che merita esser raccontata, e se anche è leggenda, è bella lo stesso. Suo padre faceva il fabbro della ferrovia Atlanta-Augusta e di soldi in casa ne giravano pochi. Forrest aveva giocato a football al liceo ma all’atletica non pensava anche perché ci volevano le scarpette e lui non aveva i dollari per comprarle. Un giorno un vicino dei Towns lo vede che salta come un grillo sopra un manico da scopa retto dal padre e dal fratello. Ne parla con un amico giornalista che scrive un pezzo, letto da Weems Baskin, coach di atletica alla Georgia University. Una borsa di stadio e tre stagioni di allenamenti lo trasformano, a 22 anni, nel primo georgiano campione olimpico e gli tracciano il futuro: sino al 1975 il capo allenatore è lui, l’uomo del miracolo di Oslo.

PS – Il 26, a Losanna, stadio della Pontaise, Warholm attaccherà il record europeo dei 400 che il DDR Thomas Schönlebe tiene in pugno da 34 anni con il 44”33 che a Roma gli diede il titolo mondiale. Chi ne capisce dice che il norvegese che urla e si prende a schiaffi, ha forti chance di diventare il primo europeo a scendere sotto i 44 colmando almeno una parte del fossato che divide il vecchio continente dagli altri. Prime prove tecniche per un’accoppiata memorabile a Eugene?

 

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