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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / “Signore maschere, cosa volete? ...

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Domenica 25 Luglio 2021

 

aussie 


… al ballo, se vi piace, vi invita il mio signor”. [Mozart/Da Ponte, Don Giovanni, Atto I]. Tutto il resto è reale: anche i media hanno calzato la mascherina, per un cocktail di nazionalismo e di storie che presto non interesseranno più.

Giorgio Cimbrico

Come Leporello, servo del Grande Seduttore, il CIO mostra estrema attenzione a chi, finito nel ricevimento imperiale del Palazzo Silenzioso, fa o non fa uso della pezzuola che nasconde una parte del viso, e, al tempo stesso, non può negare opportunità fotografiche – trenta secondi di volti in chiaro – a chi, non ho mai capito il perché, si ostina a scattare immagini ai medagliati sul podio, chiedendo spesso che arrotino i denti sul metallo che hanno conquistato. Di un atleta ho sempre preferito foto in azione ma come sottolineo spesso appartengo alla vecchia scuola. Sorpassato.

Dopo le censure piovute su kirghisi, tajiki e pakistani per la disinvoltura usata durante la cerimonia d’apertura, un portavoce del consiglio d’amministrazione con sede a Losanna è intervenuto sconsigliando caldamente l’abbraccio che segue la consegna – in realtà, un’autoconsegna – delle medaglie. La causa scatenante è stato l’assembramento, contrario al distanziamento, sul podio della 4x100 SL vinta dalle australiane, con record del mondo, su canadesi e americane. “Such is life”, così va la vita, avrebbero potuto replicare le “aussies”, citando un loro controverso connazionale, Ned Kelly (bandito? eroe?) che pronunciò queste brevi parole prima di essere impiccato di fronte al carcere di Melbourne.

Chi comanda si è messo la maschera da tempo e l’ha imposta a tutti: ipocrisia, buoni sentimenti a tutti i costi, sogni, speranze, messaggi, pace, fraternità, uguaglianza degli uomini, delle donne, dei diversi, degli esclusi, dei rifugiati. E’ il camuffamento adottato dal regno dello sport, retto da chi porta un nome tremendamente illustre, nel senso di creazione di canoni, di invenzioni a due e a tre voci, di fughe, anche.

Celebrazione, un termine che è stato proibito, perché il mondo sta vivendo la lunghissima notte di un difficile giorno (vedi opere dei Beatles), ma che in realtà è lì, appiccicata attimo per attimo a questi Giochi con poco senso, posticci, imposti a un paese, portati avanti in qualche modo tra rinunce, quarantene, isolamenti e un deserto che si è improvvisamente popolato per le due prove su strada. Non erano i due milioni di Londra 2012 ma qualche bandierina sventolava, qualche sorriso è balenato sulle balze nei pressi del monte Fuji, così amato e così dipinto da Hiroshige, così presente in tanti aiku.

Fedeli e fermi nella filosofia dell’informazione matrioska (è la bambolina più piccola la più preziosa), i media orali, scritti e in rete hanno calzato la loro maschera, obbligando all’innamoramento forzato e superficiale di sport e di medaglie che presto verranno dimenticati e dimenticate.

E’ un’operazione che è cocktail di nazionalismo, di ricerca del compiacimento, di pigrizia (in queste ore lo spazio dovrebbe essere dedicato all’austriaca Anna Kiesenhofer, alla sua irrazionale impresa, al suo sfinimento), di superficialità. Sono gli scampoli di stoffa che formano, in un patchwork, la maschera di un mondo in cui le storie, le storie vere, non interessano più a nessuno. O continuano a interessare ai soliti felici pochi di cui parlava un re che stava rischiando tutto. Senza maschera.    

 

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