I sentieri di Cimbricus / Rimuovere in fretta, prego
Giovedì 18 Marzo 2021
La spada di Damocle di audience, share e del diretto derivato, il profitto, impedisce l’analisi preventiva e quella finale. E gli interessi e le alleanze fanno il resto.
Giorgio Cimbrico
Fatale è la rada
a Pirelli fratto Prada
Partita con gran possa
tramontata è Luna Rossa
La rimozione immediata è il meccanismo che governa quella cosa che ci ostiniamo a chiamare sport. La Juventus esce ancora agli ottavi contro un’avversaria comoda, costata un quarto di quanto è stato investito per Artur? Bene, sbrighiamo rapidamente la faccenda, non approfondiamo troppo. Non è il caso.
Abbandonata una Champions si va alla conquista di un’altra e uno slogan deve essere impresso a fuoco sulle anime, nelle menti o in quel poco che ne rimane: TUTTO È POSSIBILE. Che assomiglia dannatamente a quel che era stato imposto un anno fa: ANDRà TUTTO BENE. E tutti si commuovevano davanti a quello che suonava la tromba o la chitarra sul terrazzo o al balcone.
Tutto è possibile, è necessaria un’impresa, bisogna fare i supereroi, tifiamo orgogliosamente Italia così come mangiamo yogurt italiano, pasta italiana, carne italiana, sottoscriviamo assicurazioni italiane, il paese più bello che c’è. In compenso nessuno si è ricordato del 125° anniversario caduto una ventina giorni fa: Adua, la più grande catastrofe di una potenza occidentale contro un esercito indigeno. Little Big Horn? Una scaramuccia. Isandlwana? Uno scontro di una certa entità , ma nulla di paragonabile alla Caporetto dell’Africa Orientale. Meglio non parlarne.
Rientrare negli argini necesse est. La spada di Damocle di audience, share e del diretto derivato, il profitto, impedisce l’analisi preventiva e quella finale. E gli interessi e le alleanze fanno il resto. La Ferrari 2021 sarà meglio di quella del 2020: cii vuole poco ma intanto è obbligatorio dirlo. Così come sino un pugno di ore fa era patriottico eccitarsi davanti a una faccenda da miliardari che con la vela non ha niente a che fare. Se i 100 si corressero su un cuscino d’aria in otto secondi o giù di lì, vi appassionereste?
Tutto viene proposto e rimosso a una velocità da fotogrammi accelerati, nel segno di un’ars mnemonica fatta a pezzi. Tutto è ridotto a brandelli, a rapide clip come le chiamano ora. Chi comanda dice che tutto annoia in fretta e così via, formiamo profili, fidelizziamo, diamo quel che può piacere a questa massa che forse è un masso erratico e domani o tra qualche ora potrà essere interessato a qualcos’altro. Intercettare subito e soddisfare. Tutti abbiamo un talento da far sbocciare, tutti, obbedendo servili a un severo chef, possiamo cucinare come Escoffier.
Per età , per sedimenti di memoria che sono andati a stratificarsi, per abitudini, devo constatare di esser cresciuto in un’altra dimensione, quella che lasciava un commosso spazio ai perdenti che quelli come me e della mia generazione non hanno messo da parte: la Nazionale di rugby della Mala Pasqua di Grenoble ’63 o Jazy schiantato nel finale dei 5000 di Tokyo o il sorriso triste di Bikila sulla sedia a rotelle sono solo alcuni degli spettri che mi visitano e mi invitano a rileggere ancora una volta “L’invitto†di Hemingway.
Chi perde oggi non ha spazio o può guadagnarlo solo se è stato beffato, se è stato vittima di un complotto, se le Parche, in combutta con le streghe che appaiono a Macbeth, hanno ordito la tela della macchinazione o distillato il filtro fatale.
E così spesso, sempre più spesso, mi domando come sarebbe piacevole assistere, prender nota, raccontare quel che è avvenuto, esporre le proprie opinioni. Una volta capitava.
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