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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / Il Paese dove niente e' come appare

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Martedì 2 Marzo 2021

 

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Storie minime ed improbabili in una settimana di contagi in attesa dei vaccini che scarseggiano, e dove tutto accade come se ci trovassimo su un palcoscenico. Intanto nel Governo ... 

Andrea Bosco

Non sono mai stato a San Francisco. Credo che difficilmente colmerò la lacuna. Ho rimandato per troppo tempo. Mi dicevo: quando ci andrò devo assolutamente conoscere Lawrance Ferlinghetti. Lo leggevi e ti faceva venire la voglia di scrivere poesie. Io l’ho fatto. Un editore temerario mi pubblicò. Non ho mai trovato il coraggio di mandare una copia alla City Lights. Ora a 102 anni LF se n’è andato. L’ho pure “sfiorato”, Ferlinghetti. Una sera a New York per lavoro, al tavolo di un ristoratore toscano che nella Mela aveva aperto un ristorante mi fu detto che una prenotazione era stata fatta a nome di Ferlinghetti. Era di martedì e il tavolo era stato fermato per il giovedì: io avevo il volo di rientro in Italia per il mercoledì.

Non dirò per quale testata, all’epoca, lavoravo. Telefonai ma il direttore non c’era: parlai con uno dei vicedirettori. E spiegai che c’era la possibilità, non la certezza, solo la possibilità, di intervistare Ferlinghetti. Mi gelò: “Quello finito in galera per aver pubblicato le oscenità di Ginsberg? Torna a casa”. Non so se quel giovedì LF, effettivamente, finì in quel ristorante. Ho deliberatamente evitato, successivamente, di appurarlo. Il rammarico era forte. Come capita, quando hai la percezione di aver perduto, forse, una irripetibile occasione.

REVISIONISMO – Il suv più conosciuto della Jeep, gruppo Stellantis, è la Cherokee. Che è il nome di una tribù nordamericana. Da 45 anni quel nome è presente su una delle automobili più conosciute del mondo. Ma in tempi di revisionismo il capo della comunità, Chuck Hoskins Jr, ha chiesto che quel nome non venga più usato sul fuoristrada. “Non deve essere utilizzato come strumento di marketing” ha precisato Hoskins. Squadre di football e baseball note come “Redskins” e “Indians” da tempo hanno cancellato la denominazione. Giusto? Sbagliato? Nessuna delle due: solo eccessivo. I nativi americani sono stati massacrati e vessati (e ancora lo sono) per secoli. Da bambino “tifavo” per loro, non per le “giacche blu”. La storia cambierà quando le discriminazioni cesseranno. Non perché un nome viene rimosso da un’auto.

Una rivalutazione del termine ha invece chiesto alla Accademia della Crusca (e mi pare anche i danni) un signore che di cognome fa: Terrone. Lamentando che il significato attribuito genericamente al termine gli abbia portato grave nocumento. I poveri accademici hanno replicato di essere esperti di lingua e non di giurisprudenza. Non oso pensare i danni che potrebbe oggi chiedere un mio compagno di liceo. Che chiamavamo “Tripoli” per il fatto di essere nato, da genitori italiani, in Libia. Era un fantastico rimbalzista sul campo di basket. E un incredibile giocatore di poker. Vinceva sempre. E se gli chiedevi quale fosse il suo segreto, spudoratamente rispondeva: “baro”. Non era vero. Ma gli piaceva farlo credere.  

Cencellilandia ha un governo: 23 ministri, 39 sottosegretari. Draghi ha mantenuto la delega allo Sport. Altrimenti sarebbero stati 40. Rispettate le quote rosa: tra i sottosegretari 19 sono donne. I migliori? Le migliori? Giriamo pagina. Ma allego l’ultima perla. È del sottosegretario all’Istruzione, il leghista Sasso, che ha confuso (con immancabile patetica citazione) l’Inferno di Topolino con quello più conosciuto dell’Alighieri. Mai vista una ammucchiata di queste proporzioni. Si auspicava che Draghi, pronubo Mattarella, dicesse: “La minestra è questa, prendere o lasciare”. E non che si mettesse a fare il sensale come Giuseppi. È l’Italia: dove niente è come appare. Al massimo “riappare”. Come Giuseppe Conte. All’Università di Firenze la sua lectio si è sintetizzata in un unico pensiero: sono io il più bravo. Proprio come canta Bennato. Conte non tornerà a praticare l’insegnamento come aveva promesso. Il Guitto gli ha offerto un seggiolone per far transitare nel deserto del dissenso il Popolo delle Stelle. E lui ha accettato: a patto di avere “pieni poteri”.

Il Covid incalza, i vaccini scarseggiano. Non hanno mai smesso di litigare. Senza rendersi conto che hanno torto tutti. Perché il Covid è una jattura, ma il pateracchio lo hanno confezionato “loro”: da noi, purtroppo, votati. Notizia: l’Arcuri uno e trino è stato da Draghi congedato. Al suo posto un generale. Auspicabilmente con un deodorante, considerato che dalle parti della “trinità” l’aria era diventata mefitica. Roccobello: la sua autobiografia di “tormenti” ha scalato le classifiche delle vendite. Le vittime piacciono: e Roccobello, questo ha scritto. E questo sta raccontando nelle millanta chiese televisive dove (da quando è uscito il libro) sta bivaccando. Ha venduto più copie di quante non ne abbia vendute (in Italia) Obama. Inevitabilmente: visto che l’ex presidente USA al Grande Fratello non ha mai partecipato. Riassumendo: l’Italia ha un problema serio. Non grave: serio.

COVID – Oltre 20.000 persone a Milano sui Navigli, hanno calpestato il buon senso. Nei prossimi giorni la conta dei contagiati. Solite lamentazioni del sindaco Sala. Colpevoli i cittadini, ma colpevoli anche i gestori dei locali: aperti ben oltre gli orari di imposta chiusura. I Navigli e non solo. Mezza Milano è stata nel fine settimana “violata”. Nessuno pretende cariche di polizia nei confronti di chi non rispetta le norme. Ma prevenzione sì: era scontato che senza una “cintura” preventiva sarebbe accaduto. Era già accaduto. Il sindaco lo sapeva. Una città non può essere governata con il manganello. Ma neppure si deve concedere a chi non ha senso di responsabilità e che pretende di imporre il proprio egoismo di restare impunito. Questo tipo di comportamento si chiama fascismo.

Una preghiera. L’amore è il sentimento più bello. A volte è doloroso. Gli adolescenti sovente scambiano per amore le proprie tempeste ormonali. Stante la propria ampia previsione di vita si sentono immortali rispetto agli adulti e agli anziani. Ma non è così. La terza “ondata” di Covid certifica che aggrediti sono sempre più i giovani e i giovanissimi. E allora visto che non c’è sindaco che provi a far rispettare le norme anticovid nei luoghi pubblici, visto che i gestori dei locali sforano gli orari di chiusura dopo aver piazzato tavoli e sedie sui marciapiedi e persino in strada, allora tocca ai ragazzi essere ragionevoli. Evitando di limonare in pubblico, ammassati tavolino su tavolino. Ho visto però nelle vicinanze dell’Università Cattolica un tenero incontro: due ventenni che si sono “baciati” mantenendo le mascherine e intrecciando le mani. Passando mi è scappato un: “siete belli”. Lui ha alzato il pollice della destra, lei mi ha soffiato un simbolico bacio. Allontanandomi mi sono detto: “C’è speranza, allora”.

Una scoperta: ho 75 anni, mia moglie ne ha 71. Viviamo a Milano. E il commissario all’emergenza Bertolaso ci ha comunicato che per noi niente vaccini: per ora. Prima gli ottantenni, poi chi lavora. A dire il vero io, pur pensionato, continuo a produrre pensieri. Ma come noto: carmina non dant panem. Mia moglie lavora (molto) più di me: ma il suo ultimo contratto è stato da funzionaria di banca. Prima di avere la sciagurata idea di sposarsi con un giornalista. In farmacia dove dicono si dovrebbe poter prenotare il vaccino mi hanno risposto: “Neppure noi li abbiamo ancora fatti”. Loro dovrebbero averli già fatti. Per primi e per legge. Già: le leggi. Troppe in Italia. La burocrazia nell’ultimo anno ha prodotto oltre 32.000 pagine. Un pacco di una ottantina di chili. Per leggere tutto ci vorrebbe un anno. Gli italiani vivono con una montagna sulle spalle: di cartaccia.  

Alex Schwazer è stato invitato a Sanremo, assieme ad Ibra, Mihajlovic, Tomba, Federica Pellegrini. Ha spiegato Amadeus: “Ho invitato Alex per ridare dignità a un grande sportivo che per cinque anni è stato allontanato dai campi di gara per colpa di un’accusa di doping rivelatasi infondata”. Non ho competenza sul tema: evito qualsiasi commento. Ma Sanremo è un palcoscenico mondiale. E se del “marcio” esiste in Danimarca, la partecipazione di Schwazer sarà un detonatore. A Sanremo ci saranno anche due popolari giornaliste: Barbara Palombelli e Giovanna Botteri. Televisione privata e televisione pubblica: per par condicio. Chissà come l’avrà presa Lilli Gruber. Modesta riflessione: anche Sky ha un paio di (colleghe) fuoriclasse. Almeno una di loro avrebbe meritato l’Ariston.

A Milano c’è un giudice che ha tutta la mia ammirazione: si chiama Greco e ha imposto a chi ha sfruttato (e ancora sfrutta) in modo disgustoso i rider, di assumerli e di risarcirli. Ponendo fine ad una situazione di schiavitù che dovrebbe fare arrossire (sine die) la classe politica.

TORELLI – Segnalo la bella intervista che Luigi Mascheroni ha fatto a Giorgio Torelli ultranovantenne (auguri) tema (quasi) unico Indro Montanelli. Molti (alcuni conosciuti) aneddoti di quella stagione in via Gaetano Negri. Racconta Torelli: “C’era il merlo indiano (regalo a Indro di Angelo Rizzoli), che insultava i suoi ospiti: aveva imparato le parolacce dai fattorini. Fu trasferito d’ufficio. “È vero: la gracula era sboccata e Indro la rifilò a Giovanni Arpino, anche perché il grande scrittore, facendo su è giù tra Torino e Milano non era presente in redazione per tutta la settimana. Giovanni era divertito dallo sboccato volatile. Entravi e il merlo ti diceva: “Come stai?” Se tu rispondevi “bene”, immancabilmente ti arrivava il “va-cag ...” della gracula. Se osavi replicare, quella ti rifilava un “piciu”: visto che Giovanni aveva aggiornato il vocabolario della bestiaccia anche in piemontese.

Torelli, nell’intervista, parla anche dei due quadri che Indro teneva dietro alla sua scrivania: il carboncino che Beppe Novello aveva fatto a Guareschi durante la prigionia nel Lager. E un olio di Mino Maccari dono di Pietro Barilla. Che mi spiegò una volta Montanelli “era stato ritoccato da Longanesi”. Nel senso che Longanesi, pare ci avesse aggiunto una pennellata. Tra grandi “sfottitori” usava. Longanesi una sera a cena in non so più quale ristorante (con Indro e Ansaldo) inventò uno scherzo che in breve coinvolse tutta la clientela del locale: un mondo diviso in “leccobardi” e “nardones”. Longanesi fece alcuni storici (Eden leccobardo, Churchill nardones) esempi. Indro che a volte le lettere se le “scriveva” (pretesto per dialogare con i suoi lettori), un giorno ne produsse una di fantasia sulla genesi di “leccobardi” e “nardones”. Toccando “al fin della licenza” in modo mirabile. Questo: “Su Andreotti sono indeciso: a volte mi sembra un leccobardo travestito da nardones, altre un nardones travestito da leccobardo: comunque, un travestito”.

Le polemiche arbitrali non mi appassionano. Ma la direzione di un tedesco, sul campo di Bergamo per Atalanta-Real Madrid mi ha fatto rammentare orrori del passato ai danni del calcio italiano. Sudditanza psicologica? Come minimo.

Campionato di calcio italiano finito? La Juve detentrice appare pronta a scucirsi lo scudetto. L’Inter sta volando. Tiene botta il Milan dei 15 rigori concessi. Torneo se non finito, quanto meno “indirizzato”. Ha parlato Orsato, ammettendo di aver sbagliato in quell’Inter-Juventus a non espellere Pjanic. Ne eravamo convinti, in molti: fin da subito. Quelli perbene (non dico tifosi, solo perbene) anche del fatto Orsato (e i suoi assistenti) quella sera abbiano preso molte lucciole per lanterne. Tipo il solare intervento da rigore (ignorato) su Higuain. Ha vinto Federica Brignone: bella reazione dopo il flop ai Mondiali di Cortina.

Dieci triple su 12 tentativi sono una enormità. Ma Danilo Gallinari contro Boston lo ha fatto, mettendone una addirittura da centrocampo. I canestri nostrani sono la terra dell’Orso. Nessuno la percorre meglio di lui. Su una interessante testata che non conoscevo (complimenti per l’iniziativa) ha raccontato con passione 100 anni di basket. Solo una cosa, per il 3 in pagella rifilato all’ombroso Daye: mi dicono (da Venezia) che da tempo, più che problemi con gli arbitri o con l’arancia, abbia problemi con se stesso. Roba delicata.

 

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