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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
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Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Osservatorio / Mondiali della neve, figli di un dio minore

Martedì 23 Febbraio 2021

 

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Ignorate le gare iridate di Biathlon, a Cortina lo Sci alpino ha riscosso meno delle attese. Mentre si avvicinano i Giochi di Pechino. Ma, se permettete, c’è altro ancora su cui riflettere.

Luciano Barra

Devo confessare che mi aspettavo molto di più, per l’Italia, dai Campionati Mondiali di Biathlon e di Sci Alpino appena conclusi. È vero che questa è stata una stagione strana e difficile, ma rimane una stagione che precede quella olimpica prevista a Pechino dal 4 al 20 febbraio dell’anno prossimo. Nel Biathlon non abbiamo vinto una medaglia e non accadeva (fra Mondiali e Giochi) da 10 anni. Il Biathlon è una bellissima disciplina dominata dalla Norvegia e da qualche altro Paese. Noi grazie a due grandi campioni come Dorothea Wierer e Lukas Hofer potevamo fare meglio ma siamo stati sfortunati.

C’è da domandarsi se questa disciplina non merita una diversa cittadinanza. Mi riferisco al riconoscimento di Federazione a sé e non figlia minore e spuria della FIS, con la conseguenza di restare schiacciata dallo Sci Alpino e di non vedersi pubblicati nemmeno i risultati dei Campionati del Mondo.

Nei Mondiali di Sci a sorpresa gli uomini hanno fatto meglio delle donne, grazie alla medaglia di Luca De Aliprandini, mentre ci attendevamo di più dalla meravigliosa squadra femminile, privata inopinatamente della sua migliore freccia, quella di Sofia Goggia. Scusate se non tengo in considerazione la pur bella medaglia d’oro ex-aequo di Marta Bassino, ma si tratta di una prova non olimpica e per questo, a Cortina, è stata snobbata da molte delle migliori. La mia sensazione è che gareggiare in casa ha creato troppa pressione e non ha permesso inoltre di sfruttare il sostegno del pubblico, purtroppo assente per i noti motivi pandemici.

Nulla è compromesso in vista di Pechino. Non va dimenticato che ai Mondiali ed ai Giochi contano solo i primi tre posti anche perché vi è un’importante limitazione nella partecipazione da parte di ogni Paese e quindi i risultati non sono paragonabili alle varie Coppe del Mondo. Vedremo cosa accadrà nei prossimi mondiali ribadendo che le nostre frecce migliori sono quelle della Moioli, di Pellegrino, della Fontana e di Fischnaller. Alla fine della stagione tireremo le somme, ricordando che ai Giochi del 2018 abbiamo vinto 10 medaglie. Non vorrei, e ciò vale anche per gli sport estivi, che, fra la pandemia e la bagarre politica in cui si è trovata la nostra organizzazione sportiva, si sia in questo periodo, da parte di tutti, media compresi, persa la concentrazione sull’attività agonistica di alto livello in vista dei Giochi. Avete mai letto qualcosa su due delle discipline sportive che hanno portato più medaglie all’Italia? Mi riferisco a Scherma e Tiro a Volo?

STEFANO MEI – Nel mezzo di questo festival della neve ho seguito anche il post-elezioni della FIDAL. Forse proprio perché ero distratto dalle gare di sci non ho potuto consigliare a Stefano Mei, il nuovo presidente eletto, di leggersi la biografia di Barak Obama. Ottocento pagine molto intense da cui ho appreso molto ed ho avuto anche il rimpianto, chiaramente impossibile, di non averlo letto prima di iniziare la mia carriera di dirigente sportivo! Avrei appreso almeno tre lezioni: la necessità, prima di affrontare qualsiasi argomento, di mettere attorno a un tavolo tutti quelli con competenza nella materia e solo dopo averli ascoltate tutti, soprattutto i più critici, decidere sul da farsi. Obama ha usato questo sistema sempre con pazienza e spesso anche con lentezza, persino in occasione del raid per catturare Osama Bin Laden. La seconda, quella di mettersi intorno solo persone competenti e non yes men e la terza, quella di sapere intelligentemente negoziare con la parte avversa nel Senato, con i Repubblicani, le importanti riforme che ha portato a termine.

Io penso che se Mei avesse letto quel libro non avrebbe affrettato la nomina del segretario, complice il CONI e il suo presidente. In materia mi sono già espresso e quindi non aggiungo altro. Mi si dice che la nomina è per ora temporanea, fino alla fine del 2021, ma i danni che si possono fare in pochi mesi sono tanti.

Alla stessa maniera credo che dopo attenta riflessione Stefano Mei non avrebbe partorito una lenzuolata di “deleghe” (ma chi è il genio che l’ha partorita?) con una differenziazione fra “funzione” e “mandato” che devo ancora approfondire. Forse Mei ha consultato Adam Smith (il primo ad aver sviluppato una teoria per spiegare come il lavoro, se sistematicamente organizzato, può rendere più efficiente l’organizzazione) o Karl Marx o Emile Durkheim?

Più semplicemente sarebbe stato sufficiente chiedere a Gianni Gola, come nel suo Gola-1, sia finita la distribuzione delle deleghe, dove nella maggioranza dei casi, ad eccezione di qualche caso illuminato, ha visto trasformato il consiglio federale in una struttura operativa. Col risultato di esautorare completamente la vera struttura federale, cosa che causò la conseguente fuoriuscita di moltissimi dirigenti e dipendenti. Carenza che ancora oggi si paga.

Sfido chiunque a disegnare un organigramma delle deleghe assegnate, con la dovuta differenziazione fra “funzione” e “mandato” e come lo stessa si sposa con la struttura operativa federale. Neanche il “Manuale Cencelli” mi pare sia stato rispettato. E poi senza leggere Obama sarebbe stato necessario scorrere il libro di Rocco Casalino quando – alle pagine 197/198 – spiega l’attenzione che Giuseppe Conte, il nostro ex Presidente del Consiglio, aveva usato nello scegliere i propri collaboratori. Curriculum impeccabili ed informazioni maniacali. Ha atteso mesi prima di scegliere il suo Capo di Gabinetto. Anche lui “no yes men”. Mi pare che Draghi stia seguendo la medesima filosofia, quella della meritocrazia.

SCHWAZER – A peggiorare la situazione è intervenuta la terza puntata della telenovela Schwarzer. Lasciando da parte i pregiudizi che spesso erroneamente influenzano, ho provato a confrontare le tesi della sentenza con le risposte – mai così dure e decise – di WADA e WA/Iaaf. Spiace dover constatare che ci sia un “cerchio magico” che non sente ragioni e che influenza l’opinione pubblica italiana, giornalisti in primis, sul complotto e la manipolazione.

La WADA - notoriamente silenziosa – parla, riferendosi alle soggettive conclusioni della sentenza, di “accuse spericolate e prive di fondamento. Valuteremo ogni opzione anche giudiziaria”. La WA/Iaaf colpevole di aver ignorato il problema – anche quando ha permesso al marciatore al limite della scadenza della prima squalifica di gareggiare a Roma nella Coppa del Mondo – ora fa la voce grossa concludendo in un suo comunicato molto articolato – e non pubblicato da molti nel rispetto dell’obiettività dell’informazione –: “Il Signor Schwazer non potrà partecipare alle competizioni internazionali fino al 2024”. Dimostrando di non aver alcuna paura dell’alleanza Malagò/Mei e i loro ricorsi a tutti gli organismi possibili, forse anche alle Nazioni Unite, per mettersi contro WA/Iaaf, WADA, CIO e quanti altri.

Qualcuno, senza conoscere la materia, ha anche confuso l’attuale gestione della WA (Seb Coe è stato eletto nel 2015, dopo la precedente malfamata di Diack). In materia ho ricevuto una telefonata da una persona che mi ha detto: “mi pare impossibile che organizzazioni diverse, a migliaia di chilometri di distanza ed in diversi momenti, abbiano potuto concepire una macchinazione difficile da architettare, su un atleta per loro quasi sconosciuto”. Ma non è che il “tampering” è avvenuto all’origine da parte dell’utente stesso? Ai posteri l’ardua sentenza.

Sarebbe da ricordare il detto attribuito da Vincenzo Mollica a Federico Fellini: “mai sbagliare il tempo di un addio e di un vaffanculo”. Poi vedi i recenti risultati dei nostri atleti, grazie anche al lavoro compiuto in questi ultimi anni, e ti riconsoli con l’atletica vera.

               

 

 

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