- reset +

Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
“Il più colto uomo di sport”




Gianfranco Colasante
MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
La stampa sportiva italiana
dall’ Ottocento al Fascismo
(le oltre 400 testate dimenticate)





I sentieri di Cimbricus / Quei temerari che fecero il rugby

Martedì 26 Gennaio 2021


rugby-old-u 


Cade oggi il 150° anniversario della fondazione della Rugby Football Union avvenuta in un ristorante londinese. Alle radici una lettera pubblicata sul Times qualche settimana prima.

Giorgio Cimbrico        

La riunione viene organizzata al Pall Mall Restaurant il 26 gennaio 1871: il nome del locale di Regent Street può rievocare la Pall Mall Gazette per cui, giusto qualche mese prima, Friedrich Engels scrisse lucide analisi, e altrettanto specchiati scenari strategici, sulla guerra franco-prussiana: sono presenti i rappresentanti di 21 club, manca quello degli Wasps. Dicono che gli avessero dato appuntamento all’ora sbagliata nel luogo sbagliato nel giorno sbagliato, ma dicono anche che le indicazioni fossero giuste ma che il prescelto abbia perso tempo e lucidità nei pub e fosse troppo ubriaco per prendere parte ai lavori e alla nascita della Rugby Football Union.

Un progetto era nell’aria e la lettera al Times, pubblicata il 4 dicembre 1870 a firma di Edwin Ash del Richmond e di Benjamin Burns del Blackheath, era il primo segno, il materializzarsi del progetto per la scrittura e la definizione di leggi comuni. “Altrimenti – scrissero Ash e Burns – il gioco va incontro a una certa difficoltà nell’interpretazione”. Detto in poche parole: il rugby era un magma, un labirinto, un sentiero con troppe biforcazioni e ognuno sosteneva di avere il verbo. Al Pall Mall Restaurant più che una riunione si tiene un concilio da cui esce il primo pontefice, Algernon Rutter, e un primo camerlengo con funzioni di tesoriere, Ash. I legislatori che affiancano Rutter sono F. C. Holmes e L J Maton con il compito di rendere “meno caotico l’affare”.

Il diritto di primogenitura stabilito dalla storia e scandito dalla paternità fa sì che la sigla RFU mai sia accompagnata da England. Esisteva solo quella e non era il caso di rimarcare fosse inglese. Trent’anni prima, stesso comportamento per un’altra invenzione (di Rowland Hill), il francobollo: postage and revenue, per uso postale e come marca da bollo può essere la traduzione. Mai stampato o emesso uno con la scritta Great Britain o Royal Mail. Idem le monete. Cambiano i profili delle regine e dei monarchi, può anche cambiare il sistema, da imperiale a decimale, ma non è il caso di precisare: uno scellino, una sterlina sono inglesi e altro non potrebbero essere. Come il rugby.

Come in tutte le vicende che si rispettano, c’è di mezzo anche uno scisma che va in scena quasi un quarto di secolo dopo, 29 agosto 1895, al George Hotel di Huddersfield, quando viene fondata la Northern Rugby Football Union che, dietro insistenti pressioni degli unionisti, diventerà la League: tredici contro tredici e, abominio, pagati per scendere in campo.

Al concilio londinese è presente Frederick Stokes del Blackheath: toccherà a lui capitanare l’Inghilterra nel primo incontro internazionale della storia, giocato il 27 marzo 1871 a Raeburn Place, Edimburgo, contro la Scozia. Per il match, che avrà un pubblico di 4000 spettatori, Stokes pesca in abbondanza tra vecchi allievi della Rugby School: dieci su venti, secondo il formato numerico accettato. L’esordio coincide con una sconfitta. I testi riportano 1-0 per gli scozzesi che in realtà segnano un drop e una meta contro una meta degli ospiti. Si scatenano accese discussioni: gli inglesi sostengono che la mischia non deve spingere, gli scozzesi replicano che allora non ha senso che esista. Un anno dopo, al Kennington Oval, vincono gli inglesi e dopo la terza partita da capitano Stokes a 22 anni dà l’addio e a 23 diventerà presidente della RFU il record di precocità non gli verrà mai più insidiato. Molti di questi eminenti vittoriani, autori di piccole imprese ingigantite dall’epos ovale (e, in genere, dall’abilità britannica), possono esser visitati, previo pagamento del biglietto, al Museo della RFU a Twickenham.

In una delle vetrine è esposta, in un argenteo sfoggio di orientalismo anglosassone, la Calcutta Cup, inaugurata con il primo faccia a faccia del 1879, ancora a Raeburn Place: un drop gli scozzesi, un piazzato gli inglesi, 3-3 finale e trofeo non assegnato. Un anno dopo, a Manchester, gli inglesi possono sollevarla per il primo di 71 successi.

Dopo il parto delle Union gallese, irlandese e scozzese, nel 1883 nasce l’Home Championship ed è il primo titolo per la Rosa. L’anno dopo arriverà anche la prima Triplice Corona. Nel 1888 e nel 1889 l’Inghilterra, sdegnata, non partecipa: Cardo, Trifoglio e Tre Piume si erano messi d’accordo e fondato l’International Rugby Board. È il periodo della Grande Disputa, risolta con la ripartizione dei posti nel Council: sei agli inglesi, due alle altre Union.

Mentre ferve la polemica l’Inghilterra affronta i New Zealand Natives e li batte 7-0. Per misurarsi con il resto degli antipodi dovranno passare anni: nel 1905 arrivano per la prima volta gli All Blacks (15-0 per i Neri e lunga attesa per la rivincita, 21 anni, sino alla gloriosa giornata del principe Aleksandr Obolesnky); nel 1906 primo contatto con i sudafricani (3-3, dopo che James Peters, di pelle scura, venne escluso dalla squadra dopo vergognose insistenze dei boeri), affrontati pochi anni prima nel veld trasformato in campo di battaglia; nel 1909 esordio contro gli australiani che, come i loro connazionali del cricket, lasciano un amarissimo segno. Il 1909 è anche l’anno dell’apertura di Twickenham, opportunamente celebrata di lì a qualche mese con una vittoria nel Torneo che mancava dal 1892 e con il primo di un serie infinita di ricchi incassi.

 

 

Cerca