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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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(le oltre 400 testate dimenticate)





Duribanchi / L'eterno ritorno dell'eguale. Si potra' cambiare?

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Mercoledì 16 Dicembre 2020

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“Basta mance a pioggia, basta redditi assurdi, basta navigator, banchi a rotelle, monopattini elettrici: basta sostegno alle aziende decotte, destinate comunque a fallire.”

Andrea Bosco

In un paese dove abbondano gli “indispensabili” (ridimensionati dalla cronaca), l'ambizione di lor-signori di passare alla storia sta assumendo connotati patetici. Vera patologia: condensato di arroganza, avidità, interessi, presunzione, spocchia. Un delirio di onnipotenza che ha invaso il ponte della beccheggiante nave Italia. Tutti convinti di essere “unti del Signore”. Prescelti ed unici. Prescelti da chi? Da qualche porporato? Da qualche sondaggista? Da qualche direttore di quotidiano? Da qualche oscuro finanziatore? Dedicato agli oscuri finanziatori: che poi così “oscuri” non sono mai.

Indispensabile (per definizione) Bepi Tintura pretende “cabine di regia” con regista unico: lui. Schiere di tecnici (ancora?). E “pieni poteri” per gestire i quattrini europei.

Chi ha eletto Tintura? Nessuno. L'uomo al secondo mandato (con vista su un indigeribile possibile “ter”) non ha mai preso un voto dagli elettori. Ma ne ha presi molti di “fiducia” in quel sinedrio che temerariamente continuano a definire Parlamento. Neanche un voto elettorale: neppure di quelli che in Calabria un candidato del Pd (beccato) alle ultime elezioni si faceva dare (nell'urna) dai defunti. Miracolo? Più prosaicamente: broglio.

Per quanto “blandisce”, “lenisce”, “sopisce” solo un pisquano può pensare che un oscuro “avvocato del popolo” improvvisato premier, abbia imparato il mestiere del politico, strada facendo. Le impronte digitali sono evidenti e portano dritte ad una filosofia. Ad una scuola che l'Italia per decenni ha già conosciuto. L'arte di rinviare sine die. Interpretando un'idea niciana del tempo: l'eterno ritorno dell'eguale.

Chi lo dice che il partito del Comandante (altro che ambiva ai pieni poteri) sia il primo in Italia? Non le urne. Lo affermano i sondaggi. E come vengono fatti i sondaggi? Su un campione di quante persone? E dove, in quali zone della città, i sondaggi vengono rilevati? È lecito o non è lecito dubitare di rilevazioni che, ogni settimana, spostano per questo o quel partito lo zero virgola? Ma i domini dei sondaggi (oltre che affidarsi ai galoppini che “rilevano” telefonicamente), per la strada ci vanno mai? Che so, dal benzinaio, all'edicola, al supermercato, dal tabaccaio? Se ti capita di sentire gentili signore (di diverse età) esternare coloriti vaffa a Stellati, a Comandanti, a Zingarelli e Cavalieri, a Italie Morte e a Liberi e Disuguali, significa che la misura è colma.

Ora: se Tintura chiude il paese per eccesso di contagi è un “dittatore” Se lo fa la Merkel è “una statista”. Questa è una delle paranoie del paese. E va detta. Ma il problema è un altro: il problema è che “prima”, Tintura aveva ammorbato con millanta dcpm: uno in contrasto con l'altro. Da un anno si naviga senza bussola. Con pomposi Stati Generali, con Battaglioni di Tecnici remuneratissimi (e rapidamente decollati verso la City londinese), con un oscuro (e dagli!) manager diventato uno e trino. Depositario di così larghi poteri da far sembrare quelli di Trump (bye, bye: lo show del grande imbonitore che giocava a golf – e vinceva – contro se stesso è terminato) pinzellacchere. Con i proclami notturni e le invenzioni di un portavoce in modalità Grande Fratello.

Spendi popolo bue. E spendi usando la carta di credito: ti premieremo. E contemporaneamente, caro italico beota, ci impadroniremo dei tuoi dati sensibili. Tutti: nessuno escluso. Spiegava il Cardinale di Retz: “Nulla convince le persone di poca intelligenza, meglio di quello che non capiscono”.

Dice che al Tintura non c' è alternativa. Che tornare a votare sarebbe una follia. Perché una crisi di governo a Natale non s'è mai vista. Perché c'è la pandemia. Perché il vaccino è di là da venire. E quando ci sarà, il pericolo non sarà il Covid: saranno i no vax. Che rifuggono il vaccino come Dracula l'aglio. La “loro” libertà di non farsi vaccinare (e magari di contagiare) contro la nostra libertà di cercare di restare vivi. Perché un governo diverso da quello che sta governando – spiegano – sarebbe un dito “nell'occhio dell'Europa”. Perché per l'Italia ha garantito, all'Europa, il presidente della Repubblica. E poi “perché no”. No: neppure al rimpasto. No ad un governo allargato. Ma a parole sì: a parole, tutto. Il Principe (non di Salina) Tintura ha da tempo compreso il “giro del fumo”. Assicurare di cambiare per non cambiare. Gattopardescamente. Ho scritto “gattopardo”: i ghepardi sono di un'altra (nobile questa) famiglia.

Si staglia, in questa Palude Sigia, l'uomo di Arcore. Che nonostante i gravi problemi cardiaci, dal buen retiro transalpino, ogni settimana sforna, sul principale quotidiano nazionale, suggerimenti di buon senso. A favore di quanti sono stati dal governo dimenticati. Per la ripresa del paese nel segno di una solida visione liberale. Magari, prossimamente (chissà), anche a tutela di quelle migliaia di esseri umani che affamati ogni giorno fanno la fila a Milano, in viale Toscana alla onlus Pane Quotidiano. So che il cavaliere, senza squilli di tromba, si spende in beneficenza. Non è il solo. Ma il suo portafoglio, ovviamente, è più fornito di quello di altri. Si offre il cav, non come “stampella”, ma come supporto “per il bene del paese” ad un governo traballante. Preso a sassate dagli “amici”. Incapaci, i “nemici”, ormai persino di protestare.

Atteggiamento “responsabile” (questa però archiviatela perché immediatamente si concretizza il fantasma di Fattilicazzituarazzi) e condivisibile. Responsabile: non fosse per l'esproprio proletario che tre esponenti del Pd hanno proposto, con tanto di firma, in una iniziativa parlamentare. Si chiamano Nicola Pellicani (veneto, già giornalista di La Repubblica), Stefania Pezzopane (abruzzese, già presidente della Provincia dell'Aquila) e Chiara Braga (lombarda, già renziana, oggi Pd). Il trio ha proposto il taglio forzoso degli affitti e la proroga degli sfratti. E visto che l'importante è esagerare, l'emendamento (alla Legge di Bilancio) prevede il diritto (di-rit-to) dell'inquilino alla rinegoziazione del canone. Se tu inquilino hai subito un calo del reddito di almeno il 50%. O se il tuo canone d'affitto pesa per oltre il 30% sul tuo stipendio mensile.

Ma visto che pur sempre di ex (?) comunisti si tratta, ecco la meravigliosa semplificazione: all'inquilino basterà una semplice autocertificazione. Senza controllo alcuno. L'emendamento prevede la necessità di una “procedura” di negoziazione. Ma qualora il proprietario non si presenti, “l'affittuario potrà rivolgersi al giudice per ottenere un provvedimento cogente di rinegoziazione del canone”. Vantaggi al proprietario? Un taglio del 5% della cedolare secca e un alleggerimento dell'Imu. Qualora il proprietario non si presenti, nisba sconti.

Ora: ho già provveduto da solo a ridurre il canone d'affitto di un inquilino in difficoltà. Siamo persone, non bestie. Ma mi fa incazzare che qualcuno per “legge” imponga a me privato che vivo della mia pensione, delle mie collaborazioni e degli affitti ad “equo canone”, un “welfare” che il governo non è in grado di garantire. Senza contare le tasse che io, proprietario, pago sull'immobile. Senza contare le spese di manutenzione. Senza contare le innumerevoli annuali rotture di palle che una proprietà comporta. Non avessi promesso a mio papà in punto di morte di non vendere “i mattoni” (se proprio non fossi ridotto all'indigenza) mi sarei già liberato della storia della mia famiglia.

Ora, caro Cav: è per mantenere la poltrona a questi qua che lei si è reso disponibile a sostenere il governo? Cosa c'è di “liberale” nell'emendamento firmato da Pellicani-Braga-Pezzopane?

Vado oltre: è per mantenere sulla poltrona un ministro della giustizia che non ha fatto un plisset dopo che la Cassazione (30 anni dopo, cazzo!!!) ha dichiarato Calogero Mannino “non colluso con la mafia”? O è per mantenere in vita (parlamentare, s'intende) un ministro degli esteri che non ha le palle per pretendere (da uno stato con il quale l'Italia fa affari) giustizia per un suo cittadino barbaramente ucciso? Lo stesso ministro che non riesce ad uscire dal cul de sac rappresentato dalla vicenda dei pescatori siciliani pretestuosamente trattenuti da un tirannello libico? Guardi, cavaliere: per questa storia sono girati gli zebedei persino al vescovo di Mazara del Vallo. Che dall'altare, ha invocato l'invio in Libia dei corpi speciali. Consiglio al vescovo: faccia un bonifico al Mossad. Quelli sono come il signor Wolf di “Pulp Fiction”: risolvono problemi.

Cavaliere: vuole continuare a tenere sulla poltrona il ministro dell'istruzione? O quello dei trasporti? O quello dello sport?

È conosciuta la sua considerazione per Tintura. Le male lingue dicono per una “questione di hennè”. Ma io so che quella grisaglia da banchiere, quella cravatta di Marinella le hanno toccato il cuore. E poi, anche Tintura si è adoperato per una legge “ad personam”: ad suocerum. Drammaticamente smentito Ennio Flaiano: la situazione non è “seria”. È grave.

Indispensabile: come reputa essere l'ex-boyscout di Florentia. Che minaccia di imbracciare il bazooka, salvo limitarsi ai soliti sassi lanciati da una fionda. Va beh: con una fionda, Davide ebbe ragione del gigante Golia: è noto. Ma qui non si vedono David. E men che meno “giganti”. Del resto come fidarsi dei boyscout? Spiegava Bernard Shaw: “Un gruppo di bambini vestiti da cretini. Con a capo un cretino vestito da bambino”.

Indispensabile: come reputa essere anche il sindaco (uscente) di Milano, Beppe Sala. Non voglio infierire: viviamo una situazione complicata. A Milano più che in altre città del paese. In Lombardia più che in altre regioni del Paese. Ma se la qualità della vita (come ha rilevato Il sole 24 Ore) della metropoli meneghina è precipitata al 12° posto nella classifica delle città italiane, la ragione non è solo l'emergenza Covid. Sono le priorità che il sindaco non ha avuto la sensibilità di percepire. Schierandosi politicamente come mai un primo cittadino di Milano aveva fatto prima di lui. Pessima scelta: Milano è trasversale. Non è di destra e neppure di sinistra. È milanese. E lo scrive un immigrato veneziano che a Milano, orgogliosamente, abita del 1971. Milano è democratica, è antifascista: tollerante e multietnica.

Il sindaco di Milano può avere la coccarda di chi lo ha fatto eleggere. Ma non può dimenticare che Milano è di tanti: non di una sola fazione. Se Sala ha qualche dubbio, ripassi la storia del patrono: quell'immigrato tedesco eletto vescovo a furor di popolo. Che (avendo un pessimo carattere) cacciò dal Duomo persino l'imperatore. Perché Milano gli aveva dato una missione. Non la Chiesa, non l'Imperatore: il popolo di Milano. Si affranchi, signor sindaco, dai cacicchi capitolini. Che a Milano chiedono: senza mai dare.

Mentre la pandemia ci rammenta che nessuno è indispensabile, portandosi via anche chi lo sarebbe ancora stato come Pinin Brambilla Barcilon, la restauratrice che salvò il Cenacolo dalla consunzione. O come John Le Carrè che attraverso le sue spy stories ci ha raccontato un mondo opaco fatto di intrighi e male persone.

Li piangiamo: fette della nostra vita, conosciute o semplicemente accostate attraverso la lettura. Li piangiamo come piangiamo Paolo Rossi, il Pablito nazionale che ci fece sognare nel 1982, rendendoci orgogliosi di quella bandiera tricolore sulla quale una ideologia malata era solita sputare. In un periodo nel quale pronunciare la parola “patria” era una bestemmia. I ricordi di quel collettivo momento di gioia, assieme a quelli privati. Dove eravamo quel giorno? Eravamo a San Babila, stipata all'inverosimile, assieme alla fanciulla che ci faceva battere il cuore. A testimonianza di quanto il paese sia ormai degradato, privo di etica e di pietas, nel giorno dei funerali di Paolo Rossi a Vicenza, nella sua casa in Toscana, sono entrati i ladri, saccheggiandola. Sarà meglio per loro restituire il grisbi: con un biglietto di scuse. Perché, prima o dopo li prenderanno. E quando li prenderanno finiranno al gabbio. Dove sono numerosi anche i tifosi di Paolo Rossi. E dove vige un “codice”. Che ha poco a che fare con le leggi dello Stato.

E quindi? E quindi se il signor presidente della Repubblica, Sergio Mattarella non vorrà passare per il presidente che ha assistito al naufragio dell'Italia, chiami urgentemente l'uomo che Tintura vede come il fumo negli occhi: Mario Draghi. Tempus fugit: ora, non domani. Draghi non ha bacchette magiche, ma sa come si può fare per salvare il salvabile. Basta mance a pioggia, basta redditi assurdi, basta navigator, banchi a rotelle, monopattini elettrici: basta sostegno alle aziende decotte, destinate comunque a fallire. Leggere la storia, benedetti ignoranti. Leggere come è implosa economicamente l'URSS. L'Unione Sovietica, con le sue sterminate materie prime, il suo petrolio, le sue miniere. Ma anche la sua burocrazia, il suo pensiero unico, il suo partito unico. La ricetta di Draghi? Spendere bene i soldi dell'Europa. I progetti devono avere un rendimento elevato. Bisogna valutare se un progetto è utile o no: se supera certi test che riguardano il suo tasso di rendimento sociale, come (anche) nell'istruzione o nel cambiamento climatico.

Andrà fatto qualche cosa per il patrimonio delle banche. Che siano bad bank, o aumenti di capitale o altri interventi, ci si dovrà occupare della questione. Noi non stiamo vedendo le insolvenze del mondo. I sussidi e i crediti garantiti stanno coprendo una realtà molto più preoccupante di quanto non si possa ora stimare. I progetti pubblici vanno disegnati bene e saranno di aiuto. Se non lo saranno non contribuiranno alla crescita. La ripresa non può dipendere solo dalla benevolenza dei cinesi nel comprare auto tedesche che montano freni italiani o moda italiana esportata da multinazionali francesi. Dipenderà da come i Paesi, tutti, sapranno trasformare il Recovery Fund nei fattori produttivi di domani.

Così parlò Mario Draghi. Tintura (perché per scollarlo dalla poltrona ci vorrebbe la dinamite) almeno si ritagli la pagina del Corriere della Sera, la faccia incorniciare e la appenda. Non alle sue spalle: sul muro di fronte alla sua scrivania. In modo da vederla (e ripassarla) ogni giorno. Draghi parla di “progetti da ridisegnare”. Lei onestamente – scavi nel suo animo – signor presidente Mattarella: pensa davvero che gente incapace di reggere una matita, possa produrre un affresco? Ad occhio e croce a Draghi non servirebbero i 300 esperti invocati da Tintura.

Ma se Draghi proprio non lo vuole, signor presidente, confidi in ET. Perché ha rivelato il generale in pensione Haim Eshed, per trent'anni a capo della sicurezza spaziale israeliana, che gli alieni “ci sono”. Ci sono e gestiscono, secondo il Jerusalem Post, una base sotterranea (assieme agli umani) su Marte. La letteratura, sulla materia, è sterminata. E la storia è piena di presidenti USA che hanno, parlando di alieni, gettato becchime alla pubblica opinione. Visto che non è estate e il celebre “mostro”, almeno fino al luglio prossimo, con comparirà sulle acque del lago scozzese, quella di mister Eshed non sembra, per quanto inverosimile, una burla. Tra l'altro anche Carnevale è assai lontano.

Il problema con gli alieni e che nessuno (tranne forse gli umani che con loro lavorano su Marte) sa quali intenzioni abbiano. Che esistano è possibile: la galassia è immensa. Improbabile che l'unico luogo con forme di vita sia la Terra. Ma come saranno questi alieni? Come ET o come quelli della “Guerra dei Mondi”? Dovessero essere come il mostruoso Alien, sarebbero azzi acidi (chissà mai perché “acidi”: ma questo la vulgata impone) senza neppure poter disporre di una comandante Ripley in grado di salvarci. Ve la vedete la Azzolina ad “espellere” la bestiaccia dal vascello spaziale Nostromo?



 

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