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Giornale di attualita' storia e documentazione sullo Sport Olimpico in Italia

  Direttore: Gianfranco Colasante   

Gianfranco Colasante
BRUNO ZAULI
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MITI E STORIE DEL GIORNALISMO SPORTIVO
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Piste&Pedane / Quella passeggiata sul bagnasciuga di Pescara, ...

Sabato 14 Novembre 2020

 

frinolli-tokyo 


Tra i tanti traguardi della sua vita, Roberto Frinolli ha tagliato ieri anche quello (tra i più importanti) degli 80 anni. Per ricordarlo a dovere, SportOlimpico gli ha inviato queste “cartoline in bianco/nero” dai favolosi ed irripetibili Anni Sessanta.

Gianfranco Colasante

Sempre più attento di tutti, è stato Luciano Barra a ricordare per primo che il 13 novembre Roberto Frinolli avrebbe compiuto ottant’anni. Di festeggiamenti o di incontri veri e propri in tempi di pandemia, non era il caso di parlare. Ma neppure, come era stato proposto (fatto?), si poteva ridurre il tutto all’invio di una cassetta di vini. Roberto, per ciò che è stato e per quello che ci ha dato, avrebbe meritato e merita molto di più. Da qui, da parte mia, la stesura affrettata di queste brevi “cartoline” spedite da un passato lontano. Suo, certo, ma anche mio e soprattutto nostro.

Non so dire quando ho incontrato per la prima volta Roberto. Deve essere stato nell’inverno del 1963 quando – spinto da Alfredo Berra al quale avevo preso ad inviare brevi “fuori-sacco”– mi ero avvicinato al CUS Roma che allora aveva sede organizzativa alla Città Universitaria, in un angusto sottoscala, in gergo “le Casermette”, e spazi di allenamento e di gara all’Acquacetosa, allora il “nostro campo della via Paal”, e, più di rado alle Terme, alla Farnesina o al lontanissimo campo dell’Eur, proprio di fronte al Luna Park. Tramite iniziale di quel primo contatto fu proprio Luciano, anche allora troppo indaffarato per dar retta ad ognuno.

Del Frinolli “ostacolista” del CUS, ovvio, sapevo tutto e avrei potuto snocciolare a memoria e senza errori gare, avversari, tempi, risultati. Come del resto mi veniva abbastanza facile. Ma assolutamente niente di quel “personaggio” che cominciava a diventare proprio in quei mesi. Se devo dire, scavando nei ricordi un po’ offuscati dal tempo e dall’età, in una parola, mi intimidiva. Una impressione che mi ha accompagnato a lungo. Scoprii presto che non era facile entrarci in sintonia, come invece mi riuscì da subito con tutto l’ambiente della società, una chiassosa Armata Brancaleone, ma dove tutto aveva senso e procedeva per il suo verso.

Ma se guardo all’indietro, riesco ad isolare almeno due ricordi precisi, meglio due “cartoline”. La prima porta la data dell’agosto del 1966 – vigilia degli Europei di Budapest – mentre ero in vacanza dai miei, a Pescara. Sulla Gazzetta c’era l’annuncio di una riunione ad Ascoli Piceno, selezione per l’Esagonale: tra gli iscritti figurava Roberto. Dopo qualche ora ero ai margini della pista di Ascoli (dove per la prima volta incontrai Carlo Vittori), testimone di un solitario 50”4, tempo che per inciso quell’anno riuscì al mondo solo ad una decina di specialisti.

Era arrivato da solo nelle Marche e così a gara conclusa lo invitai a trascorrere una giornata con me al mare. Accettò dopo qualche resistenza. Tornammo assieme a Pescara e il giorno seguente, un venerdì, lo passammo in acqua e sotto l’ombrellone di famiglia. Il punto più a fuoco di quella “cartolina” resta una lunga passeggiata sul bagnasciuga a parlare dei suoi progetti immediati e futuri, della gara di Budapest e del suo annunciato matrimonio con Daniela Beneck, la quale, qualche mese più tardi, a dicembre – con una commossa intervista televisiva – avrebbe lasciato il nuoto tra le polemiche e i rimpianti del dopo Brema. Una giornata piacevole. Restò con noi fino al tardo pomeriggio, quando lo accompagnai in stazione. E per la prima volta, in quelle ore mi parve meno riservato, meno distante e più aperto, più disponibile. In qualche modo, potrei dire, appariva rilassato.

La seconda “cartolina” è certamente successiva, con il timbro postale scolorito e quasi illeggibile, ma di certo spedita nell’aprile del 1967. Era uno dei momenti peggiori per il CUS che minacciava il disfacimento e la chiusura di un’epoca che s’era aperta nel ’62 con la convergenza tra il CENTRALE di Berra e il CUS nostalgico d’epoche passate di Marcello Tarasconi, un matrimonio difficile – tra “il diavolo e l’acqua santa”, si disse – che avrebbe invece aperto un quinquennio di grandi successi. Era in arrivo in quei giorni di primavera, inattesa, una scissione voluta da Renato Biagioli, dirigente e allenatore del mezzofondo, teorico dell’apnea nella corsa, il quale – muovendo dal “Centro Studi Arcipelago”, una sua creatura – aveva in animo di costituire una nuova società dal nome biblico, l’ARCA, minacciando (come poi avvenne) di portare via molti dei ragazzi cresciuti nel CUS.

L’idea di reagire fu di Renato Funiciello che propose di correre una 100x1000 sulla pista dei Marmi. Un modo per contarsi e, soprattutto, per rassicurarsi sulle consistenze future. A me, chissà perché, affidarono la “gestione dei partenti”, selezionati alla buona: partiva chi arrivava (il solo che respinsi fu Mario Pescante, da poco assunto al CONI e presentatosi in giacca e cravatta, ma che non la prese bene, sbraitò a lungo e se la legò al dito: “te la farò pagare”, riuscendoci bene come avrei constatato in seguito). Erano novantanove ragazzi e una sola ragazza: neppure a dirlo, Nanda Ferrucci che, purtroppo, ci ha lasciati. Primo frazionista proprio Roberto che, appena concluso il suo 1000 intorno a 2’33” (vado a memoria e posso sbagliare), scappò di corsa perché in chiesa lo aspettava Daniela per sposarlo. Non aveva voluto mancare il suo contributo, neppure nel giorno del matrimonio.  

Qualche anno più tardi lasciai quel mondo, le nostre strade si divisero e ci perdemmo di vista, come a volte capita. Come concludere? Non so se, come ha scritto qualcuno, Frinolli sia stato o meno l’incompiuto e tormentato Amleto dell’atletica italiana, per di più non starebbe a me dirlo, ma se dovessi scegliere dal mazzo una sola “cartolina” come immagine simbolo di una “conoscenza” (anche se non fu mai una “frequentazione”) protrattasi per quasi sessant’anni, senza dubbio salverei quella che ritrae quella passeggiata tra sabbia e mare.

 

Auguri, Roberto! 

 

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